Audizione Commissione Lavoro
Camera dei Deputati
Martedì 18 Ottobre 2005-
Decreto legislativo n.522
Rilanciare la previdenza
pubblica- No allo scippo del tfr mediante il silenzio assenso- Ritirare il
Decreto legislativo
n. 522. Obiettivi questi che
sono al centro dello sciopero generale del 21/10/05 indetto dal sindacalismo di
base
Ringraziamo il presidente Domenico Benedetti Valentini per l’audizione che ci consente di esprimere in una qualificata sede istituzionale il parere della Cub sul decreto legislativo 522.
Sino ad oggi infatti
La previdenza integrativa è iniqua,
costosa e rischiosa e perciò ad essa non può essere assegnata la funzione di
garantire il diritto per tutti ad una
pensione dignitosa.
Iniqua perché la
pensione integrativa è fuori dalla logica di un sistema universalistico della
previdenza. Alcuni se la potranno permettere, altri, la stragrande maggioranza
dei lavoratori dovranno accontentarsi solo di quella pubblica fortemente
ridimensionata.
Costosa per i
lavoratori e la collettività perché con i fondi pensione cambia radicalmente il
rapporto tra contributi previdenziali attualmente a carico delle imprese 73,0%
e dei lavoratori 27,0%.
Con i fondi pensione e lo scippo del
tfr il contributo a carico del lavoratore sale intorno al 87% e si riduce al
13% la parte a carico dell’impresa.
Mette a carico della collettività il costo della
compensazione alle aziende per lo smobilizzo del tfr ed il costo delle
facilitazioni fiscali.
E’ rischiosa perché si
trasferirà sui redditi da pensione l’instabilità dei sistemi finanziari
mondiali con il riproporsi del rischio di fallimento in cui sono storicamente
incorsi i fondi pensione di natura privata o semiprivata in occasione di crisi
inflattive o crolli borsistici o di guerre.
Essendo legata agli andamenti imprevedibili del mercato
finanziario, la pensione integrativa sposta tutto il rischio sul lavoratore:
solo lui ci rimette, mentre gestori dei fondi, banche ed assicurazioni non
corrono nessun rischio ma guadagnano con la gestione delle risorse.
Il tfr è salario differito del lavoratore e deve rimanere
nella sua piena disponibilità.
Il tfr non può essere scippato con il
meccanismo del silenzio assenso per operazioni di carattere politico
finanziario che nulla hanno a che fare con l’esigenza di garantire la pensione.
L’eventuale adesione a forme di previdenza integrativa deve
avvenire con una formale decisione da parte del lavoratore, anche perché Il
meccanismo del silenzio assenso può determinare adesioni inconsapevoli e
produce sicuramente una forte repulsione da parte della stragrande maggioranza
dei lavoratori che avverte il rischio di un raggiro.
La tassazione del tfr deve essere uguale indipendentemente
dal suo utilizzo.
Con una aliquota del 12,50% si equiparerebbe la tassazione
del tfr ad altre forme di risparmio.
Cub
in sostanza ritiene che l’unica scelta ragionevole da fare passi per il ritiro
del decreto governativo di previdenza integrativa e l’avvio di un percorso
legislativo e di confronto con le parti sociali per il rilancio della
previdenza pubblica.
Rilanciare
la previdenza pubblica per il suo carattere di universalità
Nell’ultimo decennio si sono affermate
idee e proposte assurde sul sistema pensionistico pubblico e si sono attuati
tagli che non solo non sarebbero stati necessari, ma che contrastano con il
mantenimento del livello di vita dei pensionati.
Con queste idee non solo si è
determinato un impoverimento dei pensionati, ma un impoverimento nel quale
siamo coinvolti tutti. Ogni taglio imposto ai pensionati non fa altro che
ridurre il lavoro necessario.
E’ infatti evidente che se il reddito
degli stessi lavoratori dipende in parte dalla spesa degli anziani, con la
cancellazione di questa spesa si cancella quel reddito e ciò vale ancor di più
per i redditi futuri.
Un fenomeno sul quale vale la pena riflettere per le
implicazioni riguardanti il modello di società che produce e la sua
sostenibilità sul piano delle caratteristiche che imprime allo sviluppo
economico oltre che dei valori di civiltà ad esso intrinseco.
Non condivide pertanto gli interventi legislativi che hanno fortemente stravolto la previdenza pubblica con il risultato di costringere milioni di pensionati in essere e futuri a condizioni di vita sotto la soglia della povertà.
Gli interventi già messi in atto, da Amato a Prodi, senza ancora gli effetti del calcolo contributivo, hanno consentito di risparmiare centinaia di miliardi ed addirittura superano di undici miliardi il preventivato, hanno spostato in avanti l’età della pensione, hanno ridotto le dinamiche delle pensioni in essere.
Le pensioni future saranno inadeguate
perché si è allungato il periodo di riferimento per il calcolo retributivo e
successivamente con il passaggio al sistema contributivo.
Nel 2020, quando inizieranno a
ritirarsi coloro che avevano meno di 18 anni di contributi nel 1995, i
lavoratori si troveranno con pensioni da fame e la situazione peggiorerà man
mano che il nuovo sistema di calcolo agirà su tutta la vita contributiva.
Le pensioni future e quelle in essere
sono e saranno sempre più basse anche perché rivalutate solo sulla base
all’inflazione non reale ma di fonte Istat e non più legate alla dinamica dei
salari.
Per imporre la riduzione dei trattamenti
previdenziali pubblici si è “barato” sulla situazione dei costi della
previdenza pubblica pur sapendo che:
Perciò rivendica il rilancio della previdenza pubblica,
mediante:
· L’aumento delle pensioni in essere per garantire il diritto ad una vita dignitosa a tutti, (4 milioni di pensionati e invalidi percepiscono 402 euro mensili e 7.254.366 non raggiungono i 516 euro)
·
L’aggancio delle pensioni all’andamento reale dei prezzi e
alla dinamica salariale
·
Il ripristino del calcolo retributivo per tutti per
garantire continuità dei trattamenti salariali in godimento all’atto del
pensionamento e ripristinare la solidarietà intergenerazionale.
·
Mantenimento delle pensioni di anzianità e rafforzamento
delle misure a sostegno dei lavoratori precoci, dei lavori usuranti e dei
lavoratori esposti all’amianto.
·
Un nuovo modello di finanziamento del sistema previdenziale
pubblico basato anche sulla ricchezza che l’intero sistema crea.
·
Aumento e graduale parificazione dei contributi previdenziali
per i lavoratori a progetto, soci lavoratori, artigiani e autonomi a quelli del
lavoro dipendente. Copertura contributiva adeguata per tutti, anche nei periodi
di precariato.
·
Esentare le pensioni dalle trattenute fiscali a partire
dalle fasce di reddito meno elevate
·
Rendere effettiva la separazione tra assistenza e previdenza
ponendo fine ad un uso improprio dei contributi previdenziali versati dai
lavoratori dipendenti.
·
Attuare concretamente la lotta all’elusione e all’evasione
contributiva (30 mld annui di euro) rafforzando gli organici dei ruoli
ispettivi.
Roma, 18-10-05 p/
Confederazione Unitaria di Base
Pierpaolo Leonardi
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