COMUNICATO STAMPA
NO
ALLA TRUFFA DEL TFR
Piergiorgio Tiboni, coordinatore nazionale CUB: “Ancora una volta, a
pochi giorni dall’incontro che definirà i particolari di questa ingiusta e assurda riforma parlano tutti
tranne i diretti interessati, i lavoratori, che vengono ingannati e defraudati. Noi ribadiamo che è
necessario ritirare il decreto governativo di previdenza integrativa e dare
avvio a un percorso legislativo e di confronto con le parti sociali per il
rilancio della previdenza pubblica
Ritirare il Decreto legislativo 522
No allo scippo del tfr
mediante il silenzio assenso
Noi pensiamo – sottolinea
ancora Tiboni - che la previdenza integrativa sia iniqua,
costosa e rischiosa e che perciò ad essa non possa essere assegnata la funzione di
garantire il diritto per tutti ad una pensione dignitosa. Inoltre diciamo no
allo scippo del tfr perché il tfr
è salario differito del lavoratore e deve rimanere nella sua piena
disponibilità: non può essere scippato con il meccanismo del silenzio assenso
per operazioni di carattere politico finanziario che nulla hanno
a che fare con l’esigenza di garantire la pensione”.
Piergiorgio
Tiboni, coordinatore nazionale CUB interviene dopo
l’Alt di Confindustria sui fondi pensione: “Ancora
una volta, a pochi giorni dall’incontro che definirà i particolari di questa ingiusta e assurda riforma parlano tutti tranne i
diretti interessati,
i lavoratori, che vengono ingannati e defraudati. Noi ribadiamo
che è necessario ritirare il decreto governativo di previdenza integrativa e
dare avvio a un percorso legislativo e di confronto con le parti sociali per il
rilancio della previdenza pubblica. La
previdenza integrativa- sottolinea Tiboni- è iniqua, costosa e rischiosa e non si può assegnarle la funzione di garantire il
diritto per tutti ad una pensione
dignitosa.
-Iniqua perché
la pensione integrativa è fuori dalla logica di un
sistema universalistico della previdenza. Alcuni se la potranno permettere, altri, la stragrande maggioranza dei lavoratori dovranno
accontentarsi solo di quella pubblica fortemente ridimensionata.
-Costosa per i lavoratori e la collettività perché con i fondi
pensione cambia radicalmente il rapporto tra contributi previdenziali attualmente a carico delle imprese 73,0% e dei lavoratori
27,0%. Con i fondi pensione il contributo a carico del lavoratore sale intorno
al 87% e si riduce al 13% la parte a carico dell’impresa. Mette
a carico della collettività il costo della compensazione alle aziende per
lo smobilizzo del tfr e il costo delle facilitazioni
fiscali.
-Rischiosa perché si trasferirà sui redditi da pensione l’instabilità
dei sistemi finanziari mondiali con il riproporsi del rischio di fallimento in
cui sono storicamente incorsi i fondi pensione di
natura privata o semiprivata in occasione di crisi inflattive
o crolli borsistici o di guerre.
Essendo legata agli
andamenti imprevedibili del mercato finanziario, la pensione integrativa
sposta tutto il rischio sul lavoratore: solo lui ci rimette, mentre gestori
dei fondi, banche ed assicurazioni non corrono nessun rischio
ma guadagnano con la gestione delle risorse.
No allo scippo del tfr
“Il tfr –
continua Tiboni- è salario differito del lavoratore e
deve rimanere nella sua piena disponibilità. Non può venire
‘scippato’ con il meccanismo del silenzio assenso per operazioni di carattere
politico finanziario che nulla hanno a che fare con l’esigenza di garantire la
pensione.
L’
eventuale adesione a forme di previdenza integrativa deve avvenire con una formale
decisione da parte del lavoratore.
Piergiorgio Tiboni precisa per
esteso la posizione della CUB: “Noi pensiamo che nell’ultimo decennio si sono
affermate idee e proposte assurde sul sistema pensionistico pubblico
e si sono attuati tagli che non solo non sarebbero stati necessari, ma che
contrastano con il mantenimento del livello di vita dei
pensionati. Queste idee hanno portato non solo ad un crescente
impoverimento dei pensionati, ma anche a un
impoverimento che ci coinvolge tutti. Ogni taglio imposto ai pensionati non
fa altro che ridurre il lavoro necessario. E’ infatti
evidente che se il reddito degli stessi lavoratori dipende in parte dalla spesa
degli anziani, con la cancellazione di questa spesa si cancella quel reddito e
ciò vale ancor di più per i redditi futuri. Un fenomeno sul quale vale la
pena riflettere per le implicazioni riguardanti il modello di società che
produce e la sua sostenibilità sul piano delle caratteristiche che imprime allo
sviluppo economico oltre che dei valori di civiltà ad esso
intrinseco.
E’ già sotto gli occhi di tutti coloro
che vogliono vedere la realtà delle cose e non mistificarla che la pensione
pubblica di un numero crescente di lavoratori è largamente inadeguata e che il
sistema che sta andando a regime è sia economicamente che socialmente
insostenibile: per questo
Infatti gli interventi già messi in atto,
da Amato a Prodi, senza ancora gli effetti del calcolo contributivo, hanno
fortemente penalizzato i lavoratori: hanno consentito di risparmiare centinaia
di miliardi sottraendoli a chi ne aveva diritto (addirittura superando di
undici miliardi il preventivato), hanno spostato in avanti l’età della
pensione, hanno ridotto le dinamiche delle pensioni in essere.
Le pensioni future saranno inadeguate perché si è allungato
il periodo di riferimento per il calcolo retributivo e successivamente
con il passaggio al sistema contributivo la situazione peggiorerà in modo
impressionante.
Nel 2020, quando inizieranno a ritirarsi coloro
che avevano meno di 18 anni di contributi nel 1995, i lavoratori si
troveranno con pensioni da fame e la situazione sarà sempre più insostenibile
man mano che il nuovo sistema di calcolo agirà su tutta la vita contributiva.
Le
pensioni future e quelle in essere sono e saranno sempre più
basse anche perché rivalutate solo sulla base all’inflazione non reale
ma di fonte Istat e non più legate alla dinamica dei salari”.
Per imporre la riduzione dei trattamenti previdenziali
pubblici si è “barato” sulla situazione dei costi
della previdenza pubblica pur sapendo che:
Bisogna
restituire al sistema pensionistico pubblico le sue funzioni: quella di
assicurare a ciascun lavoratore il mantenimento dello stesso tenore di vita
anche dopo il pensionamento e quella assistenziale,
volta ad assicurare a tutti gli anziani un reddito minimo.
Perciò
1. Il ripristino del calcolo retributivo per tutti per garantire continuità dei trattamenti salariali in godimento all’atto del pensionamento e ripristinare la solidarietà intergenerazionale.
2. L’aumento delle pensioni in essere per garantire il diritto ad una vita dignitosa a tutti, (4 milioni di pensionati e invalidi percepiscono 402 euro mensili e 7.254.366 non raggiungono i 516 euro)
3. L’aggancio
delle pensioni all’andamento reale dei prezzi e alla dinamica
salariale
4. Il
mantenimento delle pensioni di anzianità e il
rafforzamento delle misure a sostegno dei lavoratori precoci, dei lavori
usuranti e dei lavoratori esposti all’amianto.
5. Aumento e graduale parificazione dei contributi
previdenziali per i lavoratori a progetto, soci lavoratori, artigiani e
autonomi a quelli del lavoro dipendente. Copertura
contributiva adeguata per tutti, anche nei periodi di precariato.
6. Esentare
le pensioni dalle trattenute fiscali a partire dalle
fasce di reddito meno elevate
7. Rendere effettiva la separazione tra
assistenza e previdenza ponendo fine ad un uso improprio dei contributi
previdenziali versati dai lavoratori dipendenti.
8. Attuare
concretamente la lotta all’elusione e all’evasione
contributiva (30 mdi annui di euro)
rafforzando gli organici dei ruoli ispettivi.
9. Un nuovo modello di finanziamento del sistema previdenziale
pubblico basato anche sulla ricchezza che l’intero sistema crea.
Milano 6-9-05
Confederazione Unitaria di Base