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RAPPRESENTANZE
SINDACALI DI BASE CONFEDERAZIONE
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Settore Università
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In un paese NORMALE, sarebbe
naturale che, in una fase economica come quella che stiamo attraversando,
caratterizzata dalla stagnazione e dalla
recessione, fossero accantonati progetti di privatizzazione della
previdenza; per dissuadere da tale improvvida operazione è sufficiente dare uno
sguardo all’andamento dei mercati finanziari e speculativi, per capire come il
margine di rischio per chi scegliesse di affidare ad essi la propria pensione
sia tale da scoraggiare anche il più spericolato degli investitori.
E se ciò non fosse sufficiente basterebbe seguire le vicende
che periodicamente riferiscono di Fondi pensione istituiti presso grandi ed
affidabili aziende statunitensi, nella Patria del libero mercato, che
falliscono miseramente, regalando ai propri sfortunati iscritti un pugno di
mosche dopo anni di lavoro e versamenti (si ricordino il caso Enron ed il
recentissimo fallimento del fondo pensione della United Airlines)
Invece
il Governo italiano insiste e si danno per imminenti quei decreti attuativi per
la “riforma” del TFR, che renderebbero operative le norme emanate mesi fa
proprio in tema di creazione e
finanziamento dei Fondi Integrativi.
Anche da parte di quelle organizzazioni che dovrebbero
fornire strumenti decisionali più
oggettivi e meno strumentali, si lavora ad orientare l’opinione pubblica
verso la “inevitabilità” dell’istituzione di questi Fondi, tattica che serve
solo a nascondere gli interessi precisi che tali organizzazioni hanno nella
fruizione dei finanziamenti destinati ai fondi stessi.
I fondi rappresentano una torta potenziale di 15 miliardi
di euro da spartirsi tra San Paolo Imi, Unicredito, Intesa, Arca,
Generali,… o potenti assicurazioni come Mediolanum (di Berlusconi), Unipol
(legata alla CGIL), Cattolica assicurazione (legata alla CISL)…che gia
attualmente sono in pool position e che hanno i loro sponsor in tutto l’arco
politico e sindacale.
I
Fondi vengono dipinti, infatti, come l’unica strada da percorrere per evitare
lo “sfacelo” del sistema previdenziale; ricordiamo come questo argomento venga
usato ogni volta che si debba mettere mano al sistema per foraggiare altri
settori e che in questi decenni le riforme pensionistiche non hanno certo
prodotto risparmi marginali: sono tutti andati persi, questi benefici ? E per
colpa di chi ?
Peraltro, riguardo all’utilizzo delle risorse pubbliche,
perché la stessa sollecitudine e lo stesso moralismo parsimonioso, non vengono
adottati quando si aumentano (TRIPLICANDOLI) gli emolumenti a favore dei
dirigenti, dei Consigli di
Amministrazione dei vari organi di “indirizzo” e “vigilanza" degli enti
pubblici, quando a fronte di un generale ridimensionamento del bilancio, si
innalzano i finanziamenti delle missioni di “pace” e delle spese militari,
quando le aziende usufruiscono a mani basse degli “ammortizzatori sociali” per
far entrare migliaia di operai nel corto circuito della cassa integrazione –
licenziamento?
I
lavoratori devono essere messi in condizione di decidere e scegliere
liberamente e consapevolmente sulla destinazione del loro TFR: per rompere il
muro di disinformazione che tende a far trascorre invano il periodo a
disposizione per l’espressione di volontà, chiediamo che nei decreti attuativi venga imposto ai datori di lavoro “ALLEGATO ALLA
BUSTA PAGA” l’invio di un modello di comunicazione, che il lavoratore possa
inviare nel caso in cui decida di NON ADERIRE ai Fondi, e che solo in assenza
di questa comunicazione, possa funzionare il meccanismo del silenzio – assenso,
impropriamente messo in piedi dal Governo.
Roma,
24.05.05 RdB/CUB Università