Lo scippo del TFR
SCHEDA
DI CONFRONTO TFR – FONDI PENSIONE
a
cura delle RdB CUB Liguria
TFR
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FONDI
PENSIONE
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Il TFR è pari ad una cifra derivante dalla divisione per 13.5 dell’intera retribuzione annua, comprensiva di tutte le voci di salario, e accantonata ogni anno dall'azienda in cui si lavora. |
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Ogni anno il TFR maturato viene rivalutato del 1,5% + il 75% dell'andamento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, accertato dall'ISTAT (inflazione programmata). Il rendimento del TFR è garantito e la sua erogazione
è certa. |
Il
pagamento e l'entità della pensione integrativa non sono garantiti: dipendono
oltre che da quanto si è versato, da come
i versamenti sono stati giocati e se
e quanto hanno reso. I fondi che operano attualmente in Italia non
prevedono nessuna forma di garanzia di rendimento minimo. A
coloro che sono vittima del silenzio/assenso è garantita solo la restituzione
del capitale versato, ma non esiste la certezza di averlo almeno rivalutato
come il TFR. La legge si limita a dare un'indicazione generica, senza
prevedere alcuna sanzione se non si realizza questa possibilità. |
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Negli anni che vanno dal 1999
al 2004, i fondi pensione hanno fruttato circa il 14,2
mentre il TFR ha avuto una rivalutazione del 17,9 (dati
COVIP - Luigi Scimia, Corriere della Sera del 16/10/04) |
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Scheda 1: Cos'è UN FONDO
PENSIONE I fondi
pensione sono ascritti nella categoria "capitale di rischio" in quanto questi fondi, per
poter far rendere i soldi depositati presso di loro, devono essere
investiti in azioni o comunque in capitale finanziario che, come è ben
noto, sono per loro natura soggetti agli andamenti
borsistici che sono assolutamente imprevedibili e possono portare a
guadagni come a perdite. Basta aver sbagliato investimento, o l’avvento
di un crak borsistico per veder sfumare il
risparmio di anni di lavoro! Quindi a fronte di una contribuzione definita, cioè ciascuno conosce l'entità di
quanto versa al fondo pensione, non c'è una prestazione definita, cioè nessuno è in grado di sapere
quanto renderà il proprio investimento e, quindi, quanto produrrà in
termini di integrazione della propria pensione. È appena il caso di
sottolineare che i Fondi hanno un costo, molto alto nei primi anni, che di fatto decurta l'ammontare versato. Ovviamente
invece il TFR, che non ha costi aggiuntivi di gestione, dà una
prestazione definita ed è esigibile da ogni lavoratore al termine della
propria vita lavorativa o in caso di licenziamento o di passaggio da un
lavoro ad un altro. I fondi pensione hanno poca
trasparenza e forniscono poche informazioni. In particolare, i fondi
contrattuali non pubblicano il valore delle proprie quote sui principali
giornali finanziari. Il lavoratore, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, in caso di licenziamento, per mobilità o perché ha raggiunto l'età della pensione RIENTRA IN POSSESSO DEL 100% DEL TFR RIVALUTATO. In caso di licenziamento,
il lavoratore che ha tenuto il TFR in azienda, può disporre immediatamente
dell’intero ammontare del proprio TFR maturato. Si
pensi al caso dei precari, soggetti a frequenti cessazioni d'attività. Per questa categorie è impensabile conferire il TFR
ai fondi pensione. [Lo stesso “Sole 24 ore” lo
ammette] Nello
stesso modo, il lavoratore cambia lavoro, può ottenere immediatamente
l'intero TFR maturato. |
I fondi pensione, al compimento dell'età che dà diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia POSSONO restituire una cifra fino al 50% della cifra maturata più il resto in rendita mensile. L'entità
della rendita sarà determinata dai gestori del fondo sulla base dell'andamento
dei mercati finanziari e in relazione all'età del pensionato e dell'aspettativa
di vita statistica, che per le donne è più alta rispetto agli uomini; in
altre parole, le donne, a parità di cifra maturata e di età, prenderanno
di meno perché la loro aspettativa di vita è più lunga. Inoltre
la rivalutazione della rendita non avverrà in base all'inflazione, ma
in relazione all'andamento dei titoli di Stato e quindi dei mercati (che
possono scendere o salire). Coloro
che hanno versato il TFR nei fondi pensione di qualunque tipo in caso
di cessazione del rapporto di lavoro possono riavere il 50% dei propri soldi,
se restano disoccupati da Solo nei casi di disoccupazione per un periodo superiore ai 4 anni possono avere la totalità di quanto hanno maturato. Se
cambia lavoro e ha versato il TFR in un fondo, il lavoratore può solo portarlo
in un altro fondo, ma non può averlo. |
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TFR
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FONDI PENSIONE
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In
caso di crisi o di fallimento di un'azienda, se l'azienda non è in grado di
restituire il TFR maturato, la legge prevede che venga
corrisposto dall'INPS (art 2 legge 297/82). |
In
caso di crisi
o di crollo di borsa, anche in un solo giorno i soldi versati in un fondo
pensione possono sparire. Se
il fondo riguarda un fondo di tipo contrattuale esiste la possibilità (mai
la certezza) di recuperare, a rate, solo una parte.
La possibilità, l'entità e i tempi sono disciplinati dai contratti collettivi
e non garantiti per legge. Ricordiamo il caso del
fallimento della SICIL CASSE che ha cancellato il fondo pensione di migliaia
di bancari o la liquidazione del fondo pensione della COMIT (Banca
Commerciale Italiana) che ha coinvolto migliaia di lavoratori. |
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La
legge prevede che la scelta tra TFR e Fondi pensione avvenga nei 6 mesi dal 1
gennaio al 30 giugno 2007. Nel
caso in cui il lavoratore non scelga (perché
non si ricorda, perché non è informato, ecc…) la legge -fatta dal governo
Berlusconi e riproposta dal governo Prodi- SCEGLIE al suo posto e DESTINA il
suo TFR ad un fondo pensione contrattuale, gestito da CGIL, CISL ,UIL e UGL e
i datori di lavoro. È la truffa legalizzata
del SILENZIO-ASSENSO. |
E' un'evidente presa in
giro. Il
limite dei 6 mesi è stato inventato allo scopo di FORZARE i lavoratori a
scegliere i fondi pensione (scelta che stentava e stenta tuttora a
manifestarsi) e di INSERIRE la clausola, degna di Wanna Marchi, del
SILENZIO-ASSENSO che punta sulla
disinformazione e la distrazione dei lavoratori. |
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Se si sceglie di versare
il TFR nei fondi è per sempre. Se per qualunque motivo si volesse cambiare idea, non è possibile cessare di
versare il TFR al fondo. Il TFR continuerà ad
essere trasferito al fondo anche contro la tua volontà, fino al diritto alla
pensione si vecchiaia. Al contrario del TFR -dove non esistono costi aggiuntivi- dai redditi dei fondi pensione vanno decurtate tutte le commissioni a carico dei sottoscrittori, gli oneri vari, i caricamenti delle polizze assicurative che l’aderente al fondo è tenuto a pagare (per una cifra che attualmente va da un minimo del 2% al ad un massimo del 15%), e questo INDIPENDENTEMENTE dal RISULTATO CONSEGUITO, anche in caso di forte perdita. |
La
stessa legge prevede che, in ogni caso, IN
QUALUNQUE MOMENTO, e quindi anche dopo i 6 mesi, sia POSSIBILE VERSARE IL TFR NEI FONDI. Il
datore di lavoro può (non
esiste obbligo di legge) contribuire al finanziamento del fondo pensione. Normalmente
la quota prevista dai regolamenti dei fondi contrattuali è dell'1%. Il
contributo del datore di lavoro, vantato come una grande conquista da CGIL,
CISL, UIL e UGL, proviene dagli importi previsti per i rinnovi contrattuali. È
quindi sottratto a TUTTI I LAVORATORI, non solo ai non sottoscrittori
del fondo, ma intacca gli stessi aumenti contrattuali di coloro che destinano
il TFR ai fondi. |
Il
sistema previdenziale pubblico si basa su un patto sociale
intergenerazionale sorretto dalle istituzioni dell’intera collettività;
esso, proprio per la sua estensione all’intera collettività, riduce i costi
di gestione e non presenta i forti rischi d’instabilità dei mercati
finanziari, le cui decisioni – peraltro - non sono democratiche e trasparenti come quelle che regolano le
istituzioni. Una
seconda riflessione riguarda proprio gli effetti sulla previdenza
dell’instabilità dei mercati finanziari. Una
simulazione (di G.Burtless) sulle prestazioni
pensionistiche basate sui rendimenti della Borsa USA (la più dinamica) nel
periodo 1911-1999 mostra che, a parità di età e storia contributiva di una identica figura di lavoratore-pensionato, la
variabilità del tasso di sostituzione rispetto all’ultima retribuzione è
oscillata vistosamente tra il 18% e il 100% solo a causa del diverso
momento del pensionamento; un momento che è vincolato dall’età e non può
essere scelto in base alla convenienza speculativa suggerita dal mercato. Si
aggiunga che, a differenza dei sistemi pubblici a ripartizione, le
prestazioni dei fondi privati non riparano dall’inflazione; a tale
proposito lo stesso studio fa notare che ad un lavoratore andato in
pensione nel 1966, l’inflazione avrebbe tagliato in 18 anni il 70%
dell’iniziale potere d’acquisto, mentre andando in pensione nel 1921, dopo
13 anni, il potere d’acquisto sarebbe aumentato del 37%. Siamo dunque alla roulette, ben lontani dal concetto
di “previdenza” e di “sicurezza “ sociale.
Scheda 2:
Intervento del Prof. Felice Roberto Pizzuti ad un
seminario sulla previdenza pubblica