Sono già
trascorsi due anni dalle elezioni delle RSU in tutti i luoghi di lavoro
pubblici (18 - 26 novembre '98), siamo ad un anno dal loro rinnovo (novembre
2001) e ci sembra opportuno provare a fare un bilancio di questa esperienza.
Il primo
test elettorale nel pubblico impiego ha segnato una tenuta del sindacato
confederale storico, un calo consistente della presenza del sindacato autonomo
tradizionale, una rilevante crescita del sindacalismo di base, in particolare
dell'RdB.
La tenuta del sindacato confederale è
avvenuta grazie ai poco democratici meccanismi elettorali che favorivano
oggettivamente quelle organizzazioni con un più forte apparato burocratico sul
territorio, con maggiore strutturazione e con più risorse, soprattutto
economiche, a disposizione.
Probabilmente
se si fosse "combattuto ad armi pari", avendo cioè la possibilità di
votare non solo per le RSU aziendali ma anche per liste nazionali di
organizzazione, visto che i voti ottenuti nei vari luoghi di lavoro, sommati,
vengono poi utilizzati per definire la rappresentatività nazionale, il
risultato sarebbe stato sicuramente diverso.
Noi abbiamo sempre distinto, nell'analisi, tra lo
strumento RSU e il ruolo dei singoli delegati RSU.
Sul
primo abbiamo evidenziato come l'istituzione delle Rappresentanze Sindacali
Unitarie, senza dare ad esse un vero ed effettivo "potere", non solo
nella definizione a livello aziendale di quanto attribuito loro dai livelli di
trattativa superiore - poco o niente -, ma nella definizione delle politiche
generali di categoria, rappresentava un atto demagogico a cui si ricorreva in
una fase di crisi profonda della rappresentanza delle organizzazioni
concertative, con il solo scopo di "contare" le tessere, e non per
riaprire una fase democratica dal basso.
Sul ruolo
invece dei singoli delegati RSU la RdB ha invece sempre posto grande
attenzione, anche se ancora con risultati non proprio confortanti.
Oggi, se bilancio bisogna fare, esso è da
considerarsi sicuramente negativo:
Le RSU
hanno dimostrato di essere un'istituzione decisamente ininfluente per quanto
attiene il proprio peso nelle dinamiche contrattuali generali (Accordi quadro,
CCNL, Integrativi aziendali nazionali) e di scarso rilievo nelle dinamiche
contrattuali aziendali in cui sono spesso subordinate alle posizioni dei
"territoriali".
A
dimostrazione di quanto affermato vogliamo rilevare che, nel corso dei due anni
trascorsi, laddove a causa del decentramento amministrativo, e quindi dello
spostamento di migliaia di lavoratori - ivi compresi molti delegati RSU -, le
stesse sono decadute, nessuno si è preoccupato di rieleggerle, consentendo alle
Amministrazioni e a Cgil, Cisl e Uil di proseguire le trattative unicamente con
i "territoriali", senza quindi la partecipazione diretta dei
lavoratori di quegli uffici, attraverso i propri delegati eletti.
Gli eletti RSU, tranne che in alcuni casi, non
hanno rivendicato appieno il proprio ruolo che gli discende dall'essere gli
unici delegati espressi direttamente dai lavoratori.
Siamo
arrivati al punto che l'ARAN e CGIL, CISL, UIL e Autonomi hanno inserito nella
preintesa sulle code contrattuali del Comparto Ministeri una forte limitazione
all'esercizio dei diritti sindacali per i singoli delegati eletti, prevedendo
ad esempio che l'Assemblea dei lavoratori sia legittima solo se convocata da
tutta la RSU e non dal singolo delegato come avvenuto fino ad oggi. A questa
vera e propria provocazione non è seguita, come ci si sarebbe potuto aspettare,
una sollevazione dei delegati RSU.
Questa
nostra lettura della realtà, lungi dal voler proporre un disinteressamento
dalle dinamiche RSU, vuole invece contribuire alla ridefinizione di una nuova
fase di intervento che restituisca ai delegati RSU piena consapevolezza delle
potenzialità del proprio ruolo.
Non è
più accettabile che i contratti, i rinnovi biennali, le trasformazioni in
essere in tutte le pubbliche amministrazioni, avvengano senza il determinante
contributo delle migliaia di delegati eletti dai lavoratori. Non ci riferiamo
solo ai delegati eletti nelle liste RdB, che pure auspichiamo diventino il
motore della ripresa dell'iniziativa, ma a tutti delegati eletti in qualsiasi
lista.
Ridursi
ad essere unicamente lo strumento attraverso cui vengono realizzate, in sede
aziendale, le scelte operate da altri senza mandato diretto da parte dei
lavoratori ma unicamente in virtù della rappresentatività della propria sigla
sindacale, vuol dire abdicare ad un compito affidatogli direttamente dal
proprio referente sociale e contribuire a frustrare quelle aspettative che i
lavoratori avevano riposto nelle RSU e che si è chiaramente manifestato con la
fortissima partecipazione al voto.
E' quindi
necessaria una forte inversione di tendenza che rompa con l'attuale stato
delle cose e riprenda l'iniziativa per: Ø Modificare subito l'accordo quadro per la costituzione
delle RSU e il regolamento attuativo dello stesso, nel senso di garantire
una maggiore autonomia alle RSU sul piano aziendale e perché sia prevista
la possibilità di intervenire, attraverso una propria struttura nazionale,
sui temi generali e sulla definizione delle piattaforme rivendicative, dei
contratti quadro e di quelli di categoria; Ø Rilanciare, nei luoghi di lavoro, il ruolo autonomo dei
delegati RSU, senza lasciarsi imbrigliare da "regolamenti
interni" tesi a vanificare ogni protagonismo dei lavoratori e dei
delegati non subordinati alle scelte delle proprie organizzazioni di
provenienza; Ø Riprendere la riflessione e l'intervento sulla
definizione di una legge generale veramente democratica sulla
rappresentanza e rappresentatività sindacale, anche alla luce
dell'esperienza sul campo effettuata finora.
Novembre
2000 La Direzione
Nazionale
RdB Pubblico Impiego