RAPPRESENTANZE SINDACALI DI BASE

CONFEDERAZIONE UNITARIA DI BASE RdB/CUB     www.rdbcub.it

RdB-CUB PUBBLICO IMPIEGO

Settore Università

 

Pamphlet.

Riflessioni critiche sul CCNL Università 2002-2005

 

Nella notte del 27 luglio Cgil-Cisl-Uil e Snals hanno sottoscritto un accordo per il rinnovo del Contratto Nazionale scaduto il 31 dicembre 2001.

Dichiarati 103,80 euro di aumento a regime medio lordo mensile, effettive 81,03 euro di aumento a regime medio procapite lordo.        I 21,77 euro  che mancano ci saranno, ma non per tutti.

 

Procediamo con ordine nella disamina e diamo innanzitutto un’occhiata d’insieme al corpo contrattuale per come appare a prima vista.

 

Il risultato di una contrattazione clandestina.

La bozza di CCNL 2002-2005 per il comparto Università (reperibile sul sito RdB www.universita.rdbcub.it) si compone di 25 pagine così suddivise:
·                           13 pagine di inutile – quando non peggiorativa… - riscrittura delle norme disciplinari, sull’istituzione del comitato paritetico sul fenomeno del mobbing e, in allegato, lo schema di codice di condotta da adottare nella lotta contro le molestie sessuali;
·                           3 pagine dedicate al personale di categoria EP;
·                           3 pagine dedicate al personale delle strutture sanitarie;
·                           6 pagine dedicate a tutte le problematiche relative agli aspetti economici e normativi, di cui 2 (bontà loro…) di tabelle per gli “adeguamenti economici” dei nostri stipendi.
E’ possibile risolvere tutti i problemi del personale tecnico amministrativo in 6 (diconsi sei) pagine di contratto?               Noi pensiamo di no! 
E’ bastata una prima e veloce lettura di tale bozza per confermare il nostro pensiero.
Quanto scritto in quelle sei pagine è quanto di peggio ci potevamo aspettare.
Dal punto di vista economico ci vengono riconosciuti 50 euro netti (sic!) medi per gli anni 2002-2003; non è prevista nessuna garanzia di stabilizzazione del salario di produttività d'ateneo; non vengono sbloccati i passaggi di categoria (dal 2002 fermi a causa del blocco delle assunzioni) e infine introduce ulteriori livelli salariali nelle categorie, invece di ripensare e rottamare un ordinamento professionale che non può funzionare!
Per quanto riguarda la parte di regolamentazione non economica  si è pensato bene di ridurre e peggiorare anche quei pochi  diritti che ancora ci restano. Un esempio per tutti: senza titolo viene limitata la stessa possibilità di carriera. 
Questo contratto, inoltre, prevede, con deroghe “in pejus”, l’annullamento di alcune normative nazionali a difesa dei lavoratori.

 

Di seguito la tabella con i fondi contrattuali, in percentuale ed in termini assoluti:

 

Distribuzione fondi contrattuali

%

Lordo medio procapite mensile

Tabellare

4,22%

78,40 euro

Conglobamento I.I.S.

0,47%

8,77 euro

Incrementi produttività e progressioni economiche

0.51%

9,40 euro

Passaggi di categoria

0,20%

3,60 euro

Indennità d’ateneo

0,26%

3,63 euro

 

Le voci che arriveranno a tutti sono 78,40 + 3,63 euro = 81,03 euro lordi medi procapite e cioè inferiori del 20% all’inflazione 5,66% e ai 103,80 medi procapite che i sindacati firmatari vanno sbandierando come aumento contrattuale. Da notare inoltre che 8,77 euro, invece di finire tra gli aumenti, serviranno a pagare – al posto del datore di lavoro: le autonomie - l’aumento delle ritenute previdenziali in conseguenza del conglobamento dell’I.I.S. (art. 39 e 40 accordo 27 luglio).

 

Anche questo contratto arriva, come i precedenti, con uno scandaloso ritardo: ben 32 mesi!

Nel frattempo è già scaduto il biennio economico 2002-2003 (dicembre 2003) e non c'è nessuna indicazione per il biennio economico 2004-2005.

L'Indennità di Vacanza Contrattuale 2002-2003, nonostante l'opposizione dei rettori e l'inerzia confederale, è  stata strappata dall'iniziativa nazionale e locale RdB in svariati atenei.  

Gran parte degli atenei (quelli privi di rappresentanza RdB) non ha ancora visto nulla.

 

Di seguito gli incrementi tabellari (tab. A e B accordo 27 luglio):

 

Cat. B

01.01.02

01.01.03

Cat. C

01.01.02

01.01.03

Cat. D

01.01.02

01.01.03

Cat. EP

01.01.02

01.01.03

B1

29,80

32,80

C1

34,40

38,00

D1

40.30

44,40

EP1

45,40

50,00

B2

32,00

35,20

C2

35,20

38,80

D2

42,10

46,40

EP2

48,70

53,70

B3

33,60

37,00

C3

36,80

40,60

D3

44,20

48,70

EP3

51,90

57,10

B4

35,10

38,70

C4

38,60

42,60

D4

46,30

51,00

EP4

55,60

61,20

 

 

 

C5

40,10

44,10

D5

48,20

53,10

EP5

58,40

64,40

 

Come si vede si tratta di “aumenti”, oltre che tardivi, assolutamente insufficienti a fronteggiare il carovita e persino  a riallineare gli stipendi universitari a quelli medi del pubblico impiego. Questo è il risultato della scelta confederale di “accontentarsi” del 5,66% e di non rivendicare più, a differenza che nel recente passato,  fondi aggiuntivi dai bilanci d’ateneo e dal MIUR.

Prima di tutto la difesa delle “autonomie”, secondo i confederali, messe in crisi dai tagli governativi!

Ma non basta…     Come abbiamo in parte visto, e in parte vedremo più avanti, i confederali hanno accettato altri “risparmi” a favore dei bilanci degli atenei: sul conglobamento della contingenza nel tabellare, col prelievo dai fondi contrattuali dei finanziamenti necessari per i passaggi di categoria (fin qui pagati a spese dei bilanci d’ateneo sui fondi resi disponibili da dimissioni, pensionamenti, trasferimenti di “non docenti”), col blocco allo 0,3% del monte salari 2001 dei fondi per le progressioni economiche (e dunque alla copertura economica di progressioni per un massimo del 10% dell’organico), col ribadire una partecipazione pari a 1/3 del personale alle spese di mensa, col dimezzamento dell’adeguamento dell’Indennità d’Ateneo all’inflazione, con la rinuncia al differenziale di inflazione 2003. L’aumento del salario accessorio d’ateneo (art. 41 accordo 27 luglio) è ridicolo e del tutto insufficiente a coprire l’inflazione così come a compensare l’abolizione del Fondo Comune d’Ateneo e la drastica redistribuzione a favore di premi e incentivi personali dei fondi di produttività. L’aumento ammonta allo 0,51% del monte salari 2001, è tutto a carico dei fondi contrattuali nazionali ed è già vincolato: oltre la metà (0,3% monte salari 2001) va destinato per le progressioni economiche. Unica possibilità di incremento del salario accessorio nelle contrattazioni d’ateneo è il recupero della RIA di quanti si sono dimessi per pensionamento… sic !!

Il precedente contratto imponeva agli atenei di contribuire a incrementare il salario accessorio a carico dei propri bilanci e nella misura dell’1,55%.....!  

 

SALARIO (art. 39)

Aumenti medi di 78,40 euro lordi mensili procapite (50 euro netti), con un aumento minimo di 62,60 (B1) lordi (dunque 40 euro netti circa) cioè aumenti nell’ordine del 4,22% rispetto a un’inflazione calcolata al 5,66% !      Mancano all’appello circa 25,40 euro che verranno distribuiti, ma non a tutti, attraverso le mille voci del salario accessorio (come già indicato all’inizio). Chi prenderà e chi no, dunque…

Conglobamento della Contingenza nello stipendio tabellare: l’IIS viene conglobata ai soli fini della liquidazione, ma non ai fini previdenziali.       Tuttavia ai lavoratori tocca rinunciare a 8,77 euro medi procapite per pagare gli oneri previdenziali. Un passo a metà che sembra andare più nella direzione del rimpinguamento del TFR – lo stesso che i sindacati confederali si apprestano a rastrellare dalla tasche dei lavoratori per i Fondi Pensionistici Integrativi di categoria - che verso la totale pensionabilità dello stipendio dei lavoratori.

 

INDENNITA’ DI ATENEO (art. 40)

Aumenti dell’indennità nell’ordine del 2,60%, ovvero meno della metà degli “aumenti” riconosciuti in paga-base.   In tabella gli “aumenti”:

 

Categoria/posizione economica

Incremento da 01.01.2002 (euro lordi)

Nuovo valore Indennità (euro lordi)

EP5

73,80

3643,03

EP1-2-3

64,60

2,741,40

D

53,70

2.287,38

C

46,80

1.588,94

B

44,10

1.157,58

 

SALARIO ACCESSORIO (art. 41)

Produttività collettiva: non è prevista alcuna norma che imponga a tutti gli atenei il riconoscimento della produttività e cioè la distribuzione con regole nazionali chiare ed eque degli utili derivanti dalle sempre più numerose attività economiche degli atenei (dai tradizionali contratti in conto terzi, ai masters, alle convenzioni, ecc. ecc.) e nemmeno ambiti contrattuali d’ateneo certi per contrattare negli atenei. Queste attività continuano ad essere regolamentate unilateralmente dagli organi accademici.

Non viene nemmeno presa in considerazione la possibilità di incrementare con i risparmi derivanti dal blocco delle assunzioni l’integrazione salariale d’ateneo.

Il salario accessorio d’ateneo viene incrementato nella misura complessiva dello 0,51% del monte salari 2001 di cui oltre la metà (0,3% del monte salari) è destinato alle progressioni economiche. Ulteriore incremento è dato dal recupero della RIA sui fondi resi disponibili dai pensionamenti dei lavoratori tecnico-amministrativi.

E’ prevista invece la mensilizzazione del salario accessorio e cioè la stabilizzazione del salario di produttività collettiva. Ma ancora una volta qui si stabilizza….la miseria e si tenta di spacciare per conquiste una cosa che è poco più di una partita di giro!

 

PROGRESSIONI ECONOMICHE (art. 41 comma 2)

Viene confermata allo 0,3% del monte salari 2001 la quantità di fondi a disposizione delle progressioni economiche e confermate, senza alcuna variazione, le procedure selettive (le “pagelline”) che pure Rettori e OO.SS. trattanti avevano dichiarato di voler semplificare. Con questa conferma si dà in realtà uno stop a decine di vertenze aperte per la copertura economica di tutte le progressioni economiche e si sconfessano i tanti accordi d’ateneo che tendevano a garantire passaggi economici per tutti i lavoratori in possesso dei requisiti contrattuali.

Le progressioni economiche saranno dunque determinate in prima istanza dai fondi e la scelta di chi passerà sarà sempre sulla base di criteri discrezionali su “pagelline” stilate d’autorità.

 

ORDINAMENTO PROFESSIONALE (art. 13)

Vengono introdotti due ulteriori posizioni economiche in tutte le categorie ampliando così il numero di quanti potranno “concorrere” al gradino economico superiore, senza aggiungere una lira in più per renderle esigibili attraverso le progressioni economiche. E’ tuttavia in prospettiva che questa scelta è maggiormente preoccupante, in quanto modifica profondamente l’ordinamento professionale e delinea un contesto per carriere (cioè carriera dei bidelli, degli impiegati, dei “quadri”, dei “vicedirigenti”) e cioè diritti e norme diverse per ognuna delle categorie B, C, D, ecc…

Già oggi le norme introdotte per gli EP ne fanno una categoria a parte, in quanto soggetti a doveri, orari di lavoro ecc… diversi da quelli a cui sono soggetti gli altri lavoratori.  Manca qualsiasi intervento che faccia chiarezza, ponga limiti precisi alla “flessibilità” d’impiego del personale e che garantisca la parità di salario a parità di mansioni.      Infine, ancora una volta eluso il discorso del mansionario nazionale.

 

TITOLO DI STUDIO ED ESPERIENZA PROFESSIONALE AI FINI DICARRIERA (ART. 14)

Viene introdotta una norma che vieta un secondo passaggio alla categoria superiore a quanti non sono in possesso del titolo per l’accesso dall’esterno. Si tratta di una norma che pare dettata sia dalla necessità di blindare le categorie per trasformarle in “carriere” vere e proprie, (come era negli ordinamenti professionali precedenti l’inquadramento unico per mansioni), sia dalla necessità di ridurre al minimo la mobilità verticale del personale, ora che il processo di “verticalizzazione” del lavoro negli atenei è stato in gran parte completato con soddisfazione dei baroni come dei sindacati concertativi a favore soprattutto delle loro clientele.

 

PASSAGGI DI CATEGORIA (art. 13, 14 e 42)

Il riordino nazionale dei regolamenti locali per i passaggi di categoria resta disatteso, alimentando così la discrezionalità - quando non l’arbitrio - delle autonomie nel decidere i criteri per i passaggi di categoria e insieme l’abuso clientelare della mobilità verticale. Di sblocco non se ne parla.

I fondi resi disponibili da dimissioni, pensionamenti e trasferimenti dei “non docenti” sono congelati in attesa dei risultati del confronto tra Moratti e CRUI sul riordino della docenza che sembra essere destinato a concludersi con una maxi sanatoria per mettere in organico alcune migliaia di docenti … a spese dei fondi non docenti!

…ma i Rettori hanno acconsentito (quanta grazia…) ad anticipare, a spese dei fondi contrattuali dei lavoratori (a cui viene sottratto un ulteriore 0,2% del monte salari 2001), alcuni passaggi per completare l’opera di “verticalizzazione” delle autonomie o, per dirla in italiano, per sistemare clienti ed eletti che in questi anni non avevano ancora trovato posto nei concorsi svolti. La formulazione dell’articolo resta comunque di difficile interpretazione.

 

PRECARIATO (art. 6 e 5)

Ai precari non viene riconosciuto nessun diritto in più di quelli già previsti, anche se vengono aboliti i sei mesi di prova per coloro che vincono un posto a tempo indeterminato (come si faccia poi con le assunzioni bloccate è ancora tutto da scoprire…).

Resta un pio desiderio il riconoscimento del diritto di voto per l’eleggibilità delle RSU, nonostante questo diritto sia già riconosciuto nel comparto Scuola per coloro che possono vantare un contratto di lavoro a tempo determinato di almeno un anno.

Non è previsto nessun organo di rappresentanza diretta dei lavoratori precari.

Ci si deve accontentare dei “doveri” delle Amministrazioni che saranno tenute a garantire la massima informazione ai sindacati sul lavoro “flessibile” negli atenei con compiti di esclusivo monitoraggio.

Nessun potere d’intervento, neanche in capo ai sindacati firmatari del contratto!

Paradossalmente è tuttora più vincolante e forte l’intervento dei rappresentanti del personale Tecnico Amministrativo negli Organi Accademici (CdA e Senato…) che, oltre il mero monitoraggio, possono orientare e finanche (come in varie occasioni accaduto con i rappresentanti RdB negli organi…) condizionare o bloccare l’utilizzo smodato e/o selvaggio di lavoro precario.

La questione del “precariato” che aveva tanto infiammato i sindacati confederali fino allo sciopero (tre in tre mesi consecutivi, ma come era evidente fin da subito solo contro la precarietà docente…!) viene dunque seppellita in attesa di tempi migliori. A nulla è servito il rapporto dell’ARAN e le tante dichiarazioni, della stessa ARAN così come dei sindacati, sulla gravità del fenomeno e dell’abnorme estensione del precariato nelle Università.

Intanto, seppure con la promessa del contratto a tempo indeterminato – senza ripetizione di concorso -  quando le assunzioni saranno sbloccate e l’abolizione del periodo di prova (ma solo per quelli che avranno maturato almeno due anni di lavoro a tempo determinato), i confederali avallano la scelta degli atenei di bandire posti di lavoro a tempo indeterminato da ricoprirsi poi presumibilmente con contratti a tempo determinato.                     Chi vive sperando….

Si apre un terreno di pascolo per il peggiore clientelismo che oscura lo stesso nepotismo e arbitrio delle baronie che dominava gli atenei prima del ‘68.

 

CODICE DISCIPLINARE, CODICE DI COMPORTAMENTO,  CODICE DI CONDOTTA CONTRO LE MOLESTIE SESSUALI E LE NORME ANTI-MOBBING

Vengono notevolmente inasprite le norme del precedente codice disciplinare e vincolato anche al Codice di Comportamento in allegato. Viene introdotto un Codice di Condotta contro le molestie sessuali che, come il Codice di Comportamento e le norme anti-mobbing, è indirizzato più a far salva l’immagine   dell’Azienda (l’ateneo) che a porre fine ai sistematici comportamenti lesivi della persona da parte delle Autorità, degli apparati e anche di qualche lavoratore .

 

FONDI PENSIONE (art. 51)

Viene confermata l’intesa per dar vita a Fondi di Pensione Complementare di categoria. Un’operazione tutta da giocare sperando che i lavoratori non intendano la portata dell’imbroglio. Infatti i dipendenti pubblici più anziani che hanno maturato la liquidazione (TFS) dovranno optare per il TFR per poter aderire ai Fondi (per rimetterci anche la liquidazione). Mentre quelli assunti dal 2001 non hanno più la liquidazione ma il TFR, che confluirà nei Fondi Pensione; hanno la possibilità di non consentire all’uso del TFR, esprimendo il loro dissenso con una lettera, non appena i decreti attuativi saranno stati approvati. Pare evidente che la preoccupazione principale è data dal rimpinguare  il TFR per continuare il saccheggio dei fondi pensionistici pubblici, con il conseguente scippo a favore dei Fondi Pensione Integrativi.

 

AGIBILITA’ SINDACALI NEGLI ATENEI (art. 25)

Viene aumentato a 12 ore il numero di ore per assemblee retribuite. Fin qui il “dolce” della norma. L’amaro è che nel contempo si vincola l’iniziativa assembleare dei rappresentanti sindacali eletti dai lavoratori (RSU) alle scelte della maggioranza delle RSU.

Lo scopo è evidente: normalizzare e ricondurre sotto l’ala dei sindacati confederali tutta l’iniziativa sindacale d’ateneo, garantire ai sindacati confederali territoriali il pieno controllo dell’operato delle loro maggioranze elette nelle RSU.  Questo è quanto i Rettori avevano esplicitamente “richiesto” nella loro direttiva. Dare forza ai sindacati loro complici, tacitare le minoranze sindacali e imbavagliare le RSU.

Naturalmente, ma è quasi inutile scriverlo, il principale obiettivo di questo scippo dei pochi diritti sindacali rimasti è proprio RdB!

Le sole – ed efficaci – iniziative di ateneo e nazionali per la chiusura dello scorso biennio economico (2000-2001), per l’apertura del nuovo contratto nazionale, per il pagamento dell’Indennità di Vacanza Contrattuale, sono state infatti condotte unicamente dal nostro sindacato. Questa è la loro rabbiosa risposta.

Hanno paura che le assemblee indette da RdB possano rendere evidenti le tante pecche di questo contratto e tentano di imbavagliarci…!

 

ARBITRATO E CONCILIAZIONE  (art. 18)

Vengono aggiornati i riferimenti normativi per far decollare i collegi arbitrali. Ricordiamo che la normativa ha un unico scopo: impedire ai lavoratori di accedere al giudice del lavoro e ridurre le garanzie.

 

PERSONALE CHE OPERA PRESSO A.O.U. (artt.28-29-30)

Dopo un decennio si provvede ad aggiornare le tabelle di equiparazione per il personale universitario che svolge attività assistenziale.     Di fatto è tutto subordinato alle disponibilità e volontà di Regioni e Rettori.

Sulla carta sembra un grande passo in avanti ma, nella realtà è già chiaro che si apre una fase di vertenzialità in cui molto più dell’accordo conterà la capacità di far valere i diritti maturati a partire dal pregresso. Inoltre, last but not least, dove sono le A.O.U.? Sono forse dappertutto e coprono ogni realtà sanitaria convenzionata, o la norma lascia ancora scoperta una fetta di “sanitari” delle Università?

Che fine fa la L. 761 e i regolamenti interministeriali che avrebbero dovuto regolamentare le relazioni tra Sanità/Regione/Università per il SSN?   Probabilmente sono stati sostituiti (o lo saranno), dalle “Fondazioni universitarie”, la cui gestione privatistica non è soggetta a norme del CCNL, che appaiono pertanto già superate o inutilizzabili ancora  prima di entrare in vigore.

 

ENTE BILATERALE PER LA FORMAZIONE (art. 24)

Entra anche nel contratto uno strascico del famoso Patto per l’Italia: rettori e sindacati vogliono dar vita a un Ente Bilaterale (l’inizio della procedura è prevista entro 30 giorni dalla stipula definitiva del Contratto) che si dovrà occupare di garantire la formazione ai lavoratori universitari.

C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi…di antico:

la più spudorata cogestione con la controparte dei sindacati confederali!

Roma,  07.09.04                                                                                                                             RdB/CUB Università