RIQUALIFICARE    LA RICERCA E L’UNIVERSITA’ PUBBLICA!

 

Il processo di "adeguamento" dello Stato e segnatamente della Pubblica Amministrazione al mercato della competizione globale ha comportato un processo sempre più accelerato di dismissione e liberalizzazione dei servizi pubblici e di esternalizzazione e privatizzazione delle funzioni pubbliche a danno dei lavoratori pubblici per un decennio fatto segno di una feroce campagna di criminalizzazione e che oggi vedono ridursi stipendi, posti di lavoro e diritti e a danno dei cittadini che hanno dovuto sopportare un aumento dei costi e una riduzione della qualità dei servizi a tutela dei diritti fondamentali e collettivi (salute, istruzione, casa, pensione, ecc.).

 

L'Università non è estranea a questo processo, anzi ne è stata all'avanguardia nell'avviare già nel 1989 le cosiddette "riforme" che hanno portato l'istruzione universitaria fuori dal sistema della pubblica istruzione (cancellando così ogni garanzia a tutela del diritto allo studio per le classi meno abbienti) e che hanno trasformato l’ Università Pubblica in azienda appaltata alla baronia e in una struttura formativa al servizio dell'impresa e non degli interessi generali del paese.

 

Le politiche di smantellamento dell’università pubblica dei precedenti governi sono riprese e portate avanti con maggiore determinazione dall’attuale Governo che procede  nel suo obiettivo di destrutturazione dell’Università e della Ricerca, attraverso la duplice spinta alla privatizzazione (con la costituzione di Fondazioni negli atenei costretti a pareggiare i tagli ai bilanci) e alla regionalizzazione, confermandone il valore di attacco alla democrazia e proponendo una vera e propria dittatura del mercato.

Competizione, crediti, fondi per la ricerca dati ai settori trainanti (vedi quello militare) stanno trasformando sempre di più l’istruzione in merce.

La nuova Riforma, infatti, funzionalizza il sapere e il diritto allo studio alla logica della globalizzazione liberista, che impone sempre più forme di lavoro flessibili e precarie.

 

La fuoriuscita dei lavoratori dal sistema pubblico ed il contemporaneo blocco dei rinnovi contrattuali costituiscono   l'altra faccia di questa "riforma", che sta portando  i lavoratori universitari e degli enti di ricerca ad un progressiva erosione dei diritti:

- È stato appena sottoscritto per il settore Università, quindi per ultimo nel Pubblico Impiego,  il II biennio economico (2000-2001) e nei trenta mesi di ritardo gli aumenti contrattati dai sindacati concertativi hanno perso il loro valore d’acquisto ancor prima di essere applicati. Del rinnovo contrattuale 2002 – 2005 non c’è assolutamente traccia. Sembra rinviato sine die dal Governo per "mancanza di fondi"(spesi per finanziare le avventure militari in Afghanistan, Iraq, ecc.). 

- Il nuovo ordinamento professionale ha introdotto maggiore flessibilità nelle prestazioni, annullando la possibilità di  riconoscimenti delle mansioni, a fronte del blocco delle carriere, subordinate alle compatibilità di bilancio dei singoli enti.

- nuove piante organiche: la Finanziaria  prevede la riduzione degli organici ed il blocco delle assunzioni. Questa politica incentiva l’esternalizzazione dei servizi e la precarizzazione del personale, oltre a non valorizzare le professionalità presenti, in un’ottica di contenimento della spesa.

Più in generale, in linea con l’attacco della Confindustria ai due livelli di contrattazione nel privato ed in attesa della devolution,  si sta assistendo al fenomeno di svuotamento del contratto nazionale, con lo slittamento di materia contrattuale dal livello nazionale al livello locale, cioè un aumento degli oggetti economici e normativi consegnati alle autonomie degli enti.

Siamo qui per rivendicare dignità, ruolo e diritti dei lavoratori dell’Università e della Ricerca, e come tutti quelli del Pubblico Impiego,  che non possono più sopportare di essere considerati un problema e un costo invece che una risorsa e un investimento per la funzionalità dell'Università e Ricerca Pubblica. Siamo qui per chiedere:

·         l’apertura delle trattative per il contratto 2002-2005;

·         aumenti economici sostanziosi che avvicinino i nostri stipendi alla media europea e recuperino il potere di acquisto perso in questi ultimi anni;

·         lo sblocco delle assunzioni a tempo indeterminato e la stabilizzazione dei lavoratori precari.

 

Vogliamo tutele nazionali vere!       Vogliamo aumenti salariali reali!

Interventi per adeguare gli organici alle esigenze della ricerca e di una università che deve restare pubblica  e aperta a tutti i ceti sociali.

                                                                                                                            Luglio 2003