Roma, 15 gennaio 2001

                                                                                                                              Ai Colleghi del

                                                                                                                              Senato Accademico

                                                                                                                              SEDE

Cari Colleghi,

L’intento di questa mia nota è quello di dare un contributo personale (che risente, peraltro, della discussione che si è svolta di recente nella nostra Facoltà), dell’ipotesi di Statuto  di una FONDAZIONE “TOR VERGATA” all’esame in corso nel nostro Senato. Sono convinto che lo strumento delle Fondazioni può essere di grande utilità e importanza per il supporto alle attività di ricerca, formazione e didattica, ma, anche, che occorra, prima, chiarirne  il “progetto”, per renderlo funzionale alla valorizzazione del patrimonio di “conoscenza” dell’Ateneo.

Nel tentativo di mettere ordine alle idee che ho già espresso, ho raccolto un insieme di aspetti che vi sottopongo, per poi prospettare una serie di questioni, che dovrebbero essere affrontate, a mio giudizio, prima di prendere una decisione così importante per il nostro Ateneo.

A.      L’IPOTESI DI STATUTO PROPOSTO PER LA FONDAZIONE

E’ l’unico documento di cui disponiamo. Il “progetto” cui esso si ispira lo conosciamo essenzialmente per l’illustrazione verbale che ne è stata fatta: ad essa farò, di necessità, riferimento. L’ipotesi che ci è stata presentata, negli aspetti che ho percepito, prevede una Fondazione unica per tutto l’Ateneo il cui scopo è di promuovere e sostenere le attività di ricerca, didattiche e di formazione nonché quella dell’assistenza socio-sanitaria. La sua gestione è assicurata da un Consiglio di Amministrazione fatto di sette membri, tre dei quali sono nominati dal nostro Senato presieduto dal Rettore pro tempore, membro di diritto. E’ previsto un comitato scientifico con funzioni consultive. La Fondazione può costituire e/o partecipare società di capitali nell’ambito degli scopi statutari. Nell’illustrazione verbale dell’organizzazione operativa della Fondazione, si è  evidenziato che le società di capitali, attraverso cui essa opererebbe, sarebbero quella per la gestione del Policlinico, quella per la gestione dei relativi parcheggi e quella per la gestione di una struttura alberghiera per l’accoglienza dei parenti dei degenti, società queste possedute in tutto o in parte dalla Fondazione medesima. La titolarità/utilizzo del nostro Policlinico verrebbe conferita dall’Università alla Fondazione, la quale ultima potrebbe perciò disporne in toto.

 

 

Il fondamento di legge dell’ipotesi di Statuto della Fondazione e dei suoi meccanismi operativi è stato indicato nella legge finanziaria, appena approvata.

B. Alcune questioni ed osservazioni

La prima questione riguarda le indicazioni di legge che, anche dopo l’approvazione della “Finanziaria”, non sono soltanto incomplete, ma anche incapaci di fornire un supporto certo alle ipotesi prospettate.

In particolare gli artt. 59 e 90 della recente legge Finanziaria1 disciplinano, il primo, Fondazioni promosse e partecipate dall’Università per il supporto alla didattica e alla ricerca (rinviando tra l’altro ad un regolamento circa modalità e contenuti ancora da emanare), il secondo (art. 90), la detassazione dei trasferimenti di beni, immobili e aziende verso Enti Pubblici e Fondazioni, nell’ambito della sperimentazione gestionale in Sanità, regolata dalla Conferenza Stato-Regione.

Le Fondazioni prese in considerazione dall’art. 5  non sono necessariamente le stesse previste  dall’art. 90, tanto più se si considera che le Fondazioni sono individuate astrattamente rispetto il loro scopo.

L’Università può, ai sensi dell’art. 59, costituire fondazioni nel solo settore della didattica e della ricerca (rispettando, peraltro, criteri e modalità, ancora sconosciuti, perché oggetto di un regolamento ancora da emanare).

D’altra parte, se così non fosse nascerebbero problemi di coordinamento se non di conflitto fra le diverse autorità di vigilanza legate alla differenza tra le aree e gli scopi delle attività previste (deve vigilare il Ministero della Ricerca o quello della Sanità?).

La seconda questione riguarda la scelta degli interlocutori esterni che, nella prassi dell’Università è da sempre improntata a principi  di trasparenza e di parità di trattamento che, talvolta, impongono addirittura la gara. In mancanza di un “progetto” manca l’indicazione degli interlocutori, e mancano addirittura i criteri per selezionarli nelle diverse categorie (fondatori, partecipanti) o per definire l’impegno economico e l’interesse della loro partecipazione all’iniziativa; tutte  questioni che andrebbero valutate dal Senato, preliminarmente.

Già da questi rilievi emerge la necessità, come d’altra parte accade nella prassi dell’Ateneo anche per

 

iniziative di minor portata, di un documento che consenta di valutare le intese programmatiche e il

funzionamento operativo della Fondazione.

In mancanza di esso non sono, tra l’altro, prospettate le modificazioni che nascerebbero, dall’Istituzione della Fondazione in poi, nei rapporti giuridici con le Amministrazioni che interagiscono con l’Università: MURST (forse uno degli organi vigilanti), Ministero della Sanità (probabilmente organo vigilante), Regione e altri  Enti locali e non.

C. IL POLICLINICO E LA FONDAZIONE

L’esame delle norme della “Finanziaria” ha già evidenziato che, sul piano formale, le Università possono costiture Fondazioni in due soli settori, quello della ricerca e quello della didattica.

L’ipotesi di mettere insieme attività di ricerca e di didattica e quello relativo all’assistenza socio-sanitaria pone, oltre quella formale, anche la questione della sua opportunità sostanziale.

Ritengo sia di grande importanza per le sorti dell’Ateneo di realizzare un Policlinico  di grande efficienza operativa, oltre che di standard elevati nei servizi resi.

Proprio per questo occorre riflettere con grande attenzione sull’idea di spostarsi dalla scelta di un azienda mista (Stato-regione) all’ipotesi di una Fondazione, che gestirebbe solo indirettamente il

Policlinico, attraverso un meccanismo a due livelli.

Ricordo che il primo livello sarebbe quello della Fondazione a cui verrebbe conferito l’uso del Policlinico. La Fondazione a sua volta sarebbe proprietaria di una società di capitali (probabilmente una società per azioni), che gestirebbe il Policlinico assieme a terzi. Osservo che il doppio livello rende indeterminate le responsabilità e le competenze di ciascuno di essi e, tende a creare un sistema di difficile e inefficiente “governo”.

Sottolineo che la natura delle Fondazioni quali istituzioni con un capitale conferito per uno scopo  (anche se l’ipotesi a noi proposta assomiglia più ad un’associazione che ad una fondazione), dovrebbe sconsigliare di utilizzare le fondazioni per attività di impresa, sia pure gestite indirettamente, come nel nostro caso (tant’è che per le Fondazioni bancarie si prevede con legge l’uscita delle attività d’impresa - banche dalle Fondazioni). Al di là di queste osservazioni,  mi chiedo:

1.       Come è  noto le sperimentazioni gestionali in sanità rispetto alle quali è consentita la trasferibilità anche di aziende ospedaliere verso “Fondazioni” (art.90), è prevista nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni. Quali saranno i contenuti di questi accordi e quale la posizione della regione Lazio?

2.       Siamo convinti di volerci assumere i rischi del detentore di un pacchetto di maggioranza in una società gestita con terzi, che ancora non sappiamo chi siano?

3.       Siamo sicuri di voler rispondere, in quanto tali, degli eventuali deficit che si producessero nella gestione del Policlinico, posto che essi andrebbero ad incidere su un’istituzione di diritto privato della quale saremo comproprietari ?

4.       E’ conveniente cedere il Policlinico, di cui oggi abbiamo l’esclusiva, ad un’istituzione, la Fondazione, di cui saremo solo una parte?

5.       E se domani i privati a cui ci assoceremmo volessero acquisire il controllo saremmo in grado di resistere?

6.       Che si prevede per il mutuo acceso per la parte che riguarda il Policlinico? Il servizio del debito andrebbe a carico della Fondazione o resterebbe a carico dell’Università?

D. UN’UNICA FONDAZIONE CONVIENE?

Ci sono ragioni per credere che un’unica Fondazione produca le sinergie tra settori che sono state prospettate o non è vero il contrario?

Alcuni dei potenziali interlocutori/sponsor hanno intese e collaborazioni da tempo operanti con la nostra Università e potrebbero non gradire la sostituzione dell’Università con una Fondazione partecipata da privati, in ipotesi persino concorrenti.

Gli esempi potrebbero essere numerosi. Ne faccio solo due: una istituzione finanziaria o una impresa che oggi sponsorizza un’iniziativa dell’Università potrebbe incontrare remore a sostenere iniziative in cui è presente un operatore del suo stesso settore; lo stesso potrebbe dirsi per gli Enti pubblici e privati, che partecipano o sono interessati alla vicenda del parco scientifico, in quanto iniziativa della sola Università.

 

Questo sarebbe tanto più vero se, come è possibile, venisse costituita sotto il controllo della Fondazione, una società di capitali  per il Parco Scientifico, alla quale le altre Università, CNR, Enti pubblici diversi e/o  dei privati potrebbero avere  difficoltà a partecipare.

Conviene dunque un’unica Fondazione o non, piuttosto, Fondazioni di scopo destinate cioè ad oggetti specifici?

In ogni caso:

1.       Quali sarebbero i regimi di rapporto di lavoro con la Fondazione e con le Società partecipate che, in ipotesi, svolgerebbero attività molto diverse tra loro? Tra l’altro va detto che queste attività non appaiono, in principio, direttamente riconducibili all’oggetto Statutario della Fondazione;

2.       Quale l’ammontare del patrimonio della Fondazione, quali i beni conferibili dall’Università e a quale titolo? (Villa Mondragone, con i suoi costi di ristrutturazione e manutenzione, sarebbe tra questi?);

3.        Quali i rapporti della Fondazione con i Dipartimenti, e le altre strutture dell’Università e del Policlinico?;

4.       Quali i termini dell’eventuale coinvolgimento della componente studentesca nell’azione e nell’organizzazione della Fondazione?

5.       Sarebbero previste fin dall’inizio delle società di capitale per la gestione dell’attività di ricerca e della didattica, o l’attivazione di tali società sarebbe limitata alle attività collegate all’assistenza socio-sanitaria?

6.       Che tipo di governo avrebbe l’Ateneo, una volta che in esso fosse presente la Fondazione?

7.       Che influenza avrebbero sul territorio del nostro Campus, iniziative condotte con partners privati come quella della struttura alberghiera e/o di parcheggi? Siamo certi che potremo continuare a governare il nostro territorio attraverso il Senato e il Consiglio di Amministrazione, e che ne saremo capaci, in una condizione di crescente urbanizzazione?

8.       Siamo sicuri di aver pensato a organi di governo, capaci di gestire (sia pure indirettamente) impegnative attività di impresa quali albergo, parcheggi, eccetera?

 

 

 

 

 

Nel ribadire, a mo’ di conclusione:

a)       la mia affermazione iniziale di favore circa il ricorso a strumenti quali le Fondazioni, se volti a promuovere lo sviluppo delle attività istituzionali dell’Università;

b)      la mia convinzione della grande importanza di assicurare le condizioni migliori per l’affermazione del nostro Policlinico e l’equilibrio del suo bilancio,

esprimo l’opinione che le questioni fin qui evidenziate richiedono uno sforzo di approfondimento ed auspico che il Senato Accademico faccia propri i seguenti punti:

¨       l’invito all’Amministrazione a produrre un “progetto” di Fondazione  che includa i dati finanziari e, non, del “progetto” nonché il business-plan del Policlinico,

¨       la richiesta di promuovere uno o più gruppi di lavoro, con le necessarie rappresentanze  per esplorare i percorsi, anche alternativi,  per utilizzare e dar spazio, in tempi brevi alle opportunità offerte dall’art. 59 della Legge Finanziaria sulle Fondazioni. Raggiungeremo il risultato di valorizzare il patrimonio di risorse intellettuali dell’Università, se nel “progetto” si terrà conto dell’esigenza di creare, fin da subito, strutture operative (società / fondazioni), per le attività di ricerca, per le attività didattiche e di formazione, per il parco scientifico, e si troverà modo di assicurare una partecipazione istituzionale di Dipartimenti e Facoltà all’attività di indirizzo delle attività di ricerca, didattica e formazione della Fondazione.

Chiudo, sottolineando che l’urgenza con cui trasmetto il documento nasce dalla preoccupazione dei rischi legati ad una decisione non meditata (a) per coloro che la devono assumere senza averne valutato tutti i risvolti  e gli effetti; (b) per coloro che dovrebbero attuarla senza avere indicazioni inequivoche di azione, ed infine; (c) per quanti, operando nell’Università, ne subirebbero gli effetti senza averne neppure conosciuto il “progetto”.

                Cordialmente,

                                                                                                                                                            

 

 

               (Luigi Paganetto)



1 La “Finanziaria” all’art. 59 3° comma prevede che le Università “per lo svolgimento delle attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca possono costituire Fondazioni di diritto privato con la partecipazione di Enti e Amministrazioni Pubbliche e soggetti privati”. L’art. 90 1° comma prevede che “i trasferimenti” sino al 31.12.2001 di beni, mobili e aziende a favore di fondazioni di diritto privato e Enti Pubblici …. nell’ambito delle sperimentazioni gestionali previste da …. D.L. n.502 (art.9 bis) non è soggetto ad alcuna imposta ….”