----- Original Message -----
From: "G. B.- >Università Ca’ Foscari di Venezia

To: <uniper@unimo.it>

Sent: Friday, May 17, 2002 2:43 PM

Subject: [UP] ateneo si trasforma in srl



All'inizio di quest'anno l'università Ca' Foscari di Venezia tentò di avviare la costituzione della Ca' Foscari spa, trovando la ferma opposizione del personale non docente. Il progetto pareva abbandonato, che a cose fatte il rettore ci comunica con il messaggio alla pagina <http://www.unive.it/!wda/ateneo/Pers_Univ/forum/unive/msg00339.cont>

che si è costituita la Ca' Foscari srl. Non sono un esperto di diritto societario né universitario, ma ci sono diverse cose che non mi tornano; peraltro non è chiaro se in futuro la società potrà inglobare competenze e personale dell'università.
Saluti a tutti

G.B.

 


Caro collega,

forse non c'è bisogno di essere esperti di diritto societario, né universitario per capire che, con  la costituzione della società srl "Ca' Foscari", l'Università di Venezia ha fatto la "grande" scelta di far  uscire dal sistema pubblico le attività istituzionali  che attengono alla ricerca scientifica e tecnologica, all'alta  formazione (masters) per metterle nelle mani del privato, assoggettato alle regole del mercato, che assumerà in sé sempre di più il controllo economico dell'università, ovvero del controllo della formazione, della ricerca, del diritto allo studio, delle risorse interne sia in termini strumentali, sia in termini di  professionalità
scientifiche e tecniche-amministrative.Un anno fa si parlava delle Fondazioni no profit come strumento di trasformazione delle Università  introdotte dalla Finanziaria 2001 e riprese in quella del 2002. Evidentemente anche la Fondazione non è più considerata uno strumento adeguato al grado di radicalizzazione del processo di privatizzazione che si vuole attuare.
La logica purtroppo è sempre la stessa: all'attuale sistema politico  non serve più (come al precedente) il "paracadute" per fare il "salto di qualità"  più dolcemente e arrivare a destinazione senza  pesanti danni. La loro strada è sgombra, non ci sono ostacoli da superare  e possono anche permettersi un'accelerata, affinché si arrivi prima al traguardo.
E si sono anche creati scientemente  i presupposti, le motivazioni  per agevolare o invogliare nella grande scelta le autorità accademiche: finanziaria che taglia  fondi alla ricerca, alla didattica, fondo di funzionamento ordinario congelato mentre gli stipendi (dei docenti ovviamente) aumentano progressivamente e la riforma didattica obbliga all'incremento dell'organico dei  docenti (così sostengono loro): in mancanza di finanziamenti pubblici c'è la necessità obbligata di trovare altrove risorse finanziarie aggiuntive.Questo è il fallimento dell'autonomia. Adesso si parla di società, di statuti societarie, assemblee di soci, attrazione di capitali, produzione di  utili  e  approvvigionamento di clienti.Entrando nel caso specifico di Venezia, ho avuto modo di leggere i (pochi) documenti prodotti nell'ambito della costituzione della società e quello che appare evidente già da una prima lettura è l'essenzialità dello Statuto, un minimo di esperienza ci fa intuire che quando le regole sono poche, c'è dietro una volontà di non regolamentare.Quello che non s’intuisce dallo Statuto, si legge nel documento informativo del progetto firmato dal Rettore, che va preso quindi come un documento di intenti. A questo punto ancora di più mi pare motivata l'osservazione del collega: "diverse cose non tornano". Nel documento si scrive che dal presupposto che l'organizzazione universitaria ed in particolare la disponibilità dei Dipartimenti non è in grado di dare risposte adeguate alla domanda che proviene dal "territorio" per soddisfare i fabbisogni dei "clienti", nasce l'idea all'Università di Venezia di dotarsi di una struttura di diritto privato che promuove e gestisce le attività non istituzionali, che producono "utili", di cui una parte ritornerà nelle casse dell'Università (??) per finanziare le attività propriamente istituzionali. Non sono messe in discussione, quindi,  le attività che l'ateneo svolge, né i posti di lavoro connessi, per poi leggere nel documento che la società offre ad enti pubblici, privati ed imprese l'impiego delle risorse cafoscarine (vale a dire dell'Università Ca' Foscari),  oltre che avvalersi di competenze esterne all'ateneo se ne ravviserà  la necessità.I docenti contribuiranno con la loro preparazione scientifica, ma senza interferire con il lavoro istituzionale, a progetti che coinvolgono gli ambiti della ricerca, formazione/consulenza. E' scritto che le modalità  saranno stabilite di volta in volta, nello Statuto (come ho detto essenziale) non c'è una parola al riguardo: posso pensare che, a parte per il Rettore ed il suo  entourage, per tutti gli altri si prospetta un salto nel buio?
E se  il personale tecnico amministrativo "sarà inglobato" nella società che stato giuridico avrà? Sarà precario, flessibile ma altamente remunerato secondo le professionalità individuali (come auspicano alcuni colleghi uniperisti).
C'è da chiedersi, infine,   quali strumenti di resistenza, d’opposizione abbiamo noi non docenti di fronte a trasformazioni di cui, peraltro, ci è data notizia a cose fatte.


A Roma negli ultimi mesi se ne sta parlando della privatizzazione delle Università, si è costituito un Comitato alla Sapienza (io ho aderito dopo la sua costituzione come struttura RdB Università Tor Vergata) è già uscito con un  primo documento (appello) che è stato  trasmesso in lista. Il Comitato, che secondo me a questo punto si dovrà aggiornare sugli strumenti e modalità di privatizzazione, cioè non dovrebbe parlare tanto di Fondazioni ma di società srl, spa e via dicendo, ha in programma una iniziativa in Parlamento con conferenza stampa ed assemblee varie.
E' questo un tentativo di dare voce a chi questi processi di "riforma",  "selvaggia" aggiungo io, non li condivide e cerca di ostacolarli, teniamo presente che la privatizzazione dell'Università investe tutta la componente Universitaria, e ruotano intorno ad essa iniziative varie, tra cui quelle legislative che modificano lo stato giuridico dei Ricercatori, dei futuri docenti, quello attuale no,  la loro stabilità non è toccata perché l'Accademia deve, oggi, contribuire ad approvare le "riforme" in Parlamento.
 Il percorso è appena iniziato, si spera che non ci siano dietro strumentalizzazioni politiche, poichè il problema c'è tutto; il percorso è iniziato con il precedente Governo e, come ho detto prima si sta accelerando con questo,  ma non è solo un problema socio-politico, ma anche sindacale per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo.

Scusate la lunghezza del messaggio, ma l'argomento merita e, secondo me, dovrebbe  essere approfondito.


Anna Maria Surdo

Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" -  Dip.to di Medicina Interna