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L'università che cambia. La riforma delle lauree sarà positiva se avvicinerà davvero i giovani al lavoro. Ma è necessario aprirsi alle imprese. L'ateneo diventa Fondazione. Un'opportunità essenziale per razionalizzare la gestione e coinvolgere le forze economiche locali (13/1/01)

 




Le università italiane si trasformeranno in fondazioni? Certamente non tutte, e non per tutti i loro compiti. Ma il rettore del Politecnico di Milano, Adriano De Maio, è convinto dell'importanza fondamentale dell'articolo della legge finanziaria - del quale è stato il promotore - che consente agli atenei di istituire fondazioni, in collaborazione con gli enti locali e le aziende private, per gestire beni e attività strumentali alle funzioni essenziali dell'università, che devono restare la formazione e la ricerca.

Entro qualche settimana il Politecnico di Milano metterà a punto una proposta di Statuto e regolamento della Fondazione, che sottoporrà agli enti e alle società interessate. E altrettanto, probabilmente, farà quello di Torino. Ma per quali ragioni la nuova opportunità è cosė importante?

"Per tre considerazioni - risponde De Maio. - In primo luogo, per un criterio di efficienza: scorporare molte funzioni amministrative e strumentali significa potersi concentrare sul "core business" dell'università, cioè la didattica e la ricerca. Oggi infatti il rettore di un grande ateneo è anche un manager, che deve prendere decisioni d'investimento, e amministrare un patrimonio, per centinaia di miliardi".

"In secondo luogo - continua De Maio - le norme amministrative vigenti per l'assunzione di personale tecnico, anche di altissimo livello, costituiscono una camicia di forza per lo sviluppo di molte iniziative. Non solo le assunzioni devono avvenire per concorso, ma gli stipendi sono spesso inadeguati. Cosė itecnici migliori, dopo un periodo di attività nei nostri laboratori, fondamentale per la loro crescita professionale, spesso ci abbandonano, allettati da aziende che li pagano tre volte tanto, o dall'attività in proprio. Una fondazione potrebbe assumerli a condizioni di mercato, e competere ad armi pari con le imprese".

La terza ragione è il coinvolgimento della società civile e della struttura produttiva locale. "Pensiamo alla storia del nostro Politecnico - ricorda De Maio, - nato nel 1863 da una decisione illuminata della borghesia lombarda, che coinvolse il Comune, la Provincia, la Camera di commercio, la Cariplo. La fondazione potrà coinvolgerle di nuovo, insieme alle imprese, e far sė che la comunità locale si senta partecipe, e responsabile, di scelte importanti per il suo sviluppo".

La creazione di fondazioni da parte dei maggiori atenei può cosė essere una risposta alla cronica carenza di risorse. L'Italia investe nell'istruzione scolastica una percentuale del Pil analoga agli altri Paesi, ma assai meno nell'istruzione superiore. Senza contare la ricaduta benefica di una maggiore efficienza nella gestione. Mentre di interesse particolare per le facoltà scientifiche, che hanno i loro punti di forza nei laboratori di ricerca, sarebbe la creazione di uno staff permanente di tecnici di alto livello.

De Maio fa l'esempio degli istituti del Poli all'avanguardia nel campo delle telecomunicazioni. "Molti tecnici si sono formati da noi e poi si sono licenziati. E in qualche caso sono stati "riassunti" come consulenti, a costi ben maggiori. La fondazione, assumendo con contratti di diritto privato e a prezzi di mercato, potrà sviluppare progetti di lungo periodo, contando su collaboratori fedeli".

Andrea Casalegno