Rappresentanze Sindacali di Base

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FONDAZIONI UNIVERSITARIE:

LO SMANTELLAMENTO DELL'UNIVERSITÀ PUBBLICA,

L’ATTACCO AI DIRITTI E ALLA SICUREZZA DEL LAVORO DEI “NON DOCENTI”,

LO SMEMBRAMENTO DELLA CATEGORIA

 

 

Con l’approvazione della Legge Finanziaria 2001 il processo di privatizzazione del sistema universitario italiano subisce una brusca e inaspettata accelerazione. Maturato in un clima di totale omertà politica e sindacale (se si fa salvo il grido d’allarme lanciato dalla RdB Università già a novembre 2000) l’emendamento alla Finanziaria diventato in sede di approvazione l’art. 59 prevede che le Università, da sole o associate, potranno costituire Fondazioni di diritto privatizzare per assolvervi i compiti di acquisto di beni e servizi nonché per lo svolgimento di “attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca” che restano attività istituzionali dell’Università (in parte come dirà poi il regolamento attuativo dell’art. 59). Le Fondazioni non potranno avere scopo di lucro (dovranno perciò reinvestire gli utili nelle proprie attività), le loro attività dovranno essere congrue con le linee guida definite dalle Università, il loro Presidente e la maggioranza del loro Cd’A saranno designati dall’Università che potrà anche rimuoverli, potranno regolare con convenzioni, contratti onerosi ecc. i rapporti anche con le Università.  

 

Il regolamento attuativo dell'art. 59 emanato con insolita sollecitudine dal Consiglio dei Ministri allarga anche alla CRUI la titolarità di soggetti promotori delle Fondazioni facendo intravedere la proposta delle Fondazione come strumento di riorganizzazione del sistema universitario e di privatizzazione dell’istruzione pubblica, definisce in dettaglio (art. 1) le attività e i servizi che potranno essere esternalizzati alle fondazioni  e sono praticamente tutte quelle attualmente svolte dalle Università: dall’acquisto di beni e servizi, agli uffici tecnici, centri di calcolo, centri informatici e altri servizi messi in campo in questi anni come incubatori e acceleratori d’impresa ecc. ecc., compresa l’attività formativa (master) e inoltre i servizi per il diritto allo studio fin qui gestiti dalle Regioni. Ciò comporterà il contemporaneo trasferimento alle Fondazioni del personale che vi è impiegato, la loro fuoriuscita dal sistema contrattuale pubblico e delle Università senza garanzie né certezze di stabilità di lavoro e un primo massiccio taglio agli organici degli atenei.

 

Le Fondazioni potranno inoltre svolgere attività per conto degli atenei (laboratori, stages, organizzazione convegni, seminari ecc.) anche qui mettendo in gioco altri lavoratori e relativi tagli agli organici d’ateneo.

 

Questa accelerazione che trasforma la già accesa competitività degli atenei, della loro didattica e della ricerca di base, già in difficoltà per il continuo taglio ai finanziamenti pubblici diventa, una vera e propria guerra per la sopravvivenza in cui le Università più grandi e ricche potranno sopravvivere rinunciando a gran parte delle loro funzioni e mettendo nelle mani dell’impresa il potere di orientare didattica e ricerca pubblica, mentre le piccole potranno solo tentare di associarsi in Fondazioni per non affondare nella palude del degrado e della dequalificazione.

 

PERSONALE: PRECARIZZAZIONI, ESTERNALIZZAZIONI, PRIVATIZZAZIONI E TAGLI OCCUPAZIONALI

 

Lo sviluppo sempre più caotico di servizi, strutture, “poli” e sedi universitarie e l’attivazione dei nuovi percorsi formativi dettati dall’autonomia didattica e dalla introduzione della laurea breve, hanno messo in luce la contraddittorietà (apparente) tra le necessità  di riorganizzazione degli atenei e le esigenze di assunzione di personale tecnico-amministrativo e il blocco della spesa per il personale al 90% dei finanziamenti ordinari del MURST. Già da qualche anno le Università non sono più in grado di garantire nemmeno la sostituzione integrale del turn over, da tempo negli atenei più “all’avanguardia” non si fanno più assunzioni di lavoratori a bassa qualificazione provvedendo con appalti a cooperative ecc.

 

 

 

 

 

La soluzione è stata quella finora quello del ricorso sempre più massiccio al cd. “outsourcing” (cioè al reperimento di professionalità fuori dalle Università attraverso consulenze, prestazioni professionali o di uso e abuso del lavoro degli studenti collaboratori, laureandi, volontari e addirittura degli obiettori di coscienza... in aggiunta a quel 20% degli organici (12.000 posti a livello nazionale) che potranno essere coperti con la liberalizzazione dei contratti a tempo determinato e l'introduzione del lavoro in affitto  grazie al CCNL 1998-2001 !!

 

Con le Fondazioni come dicevamo la situazione precipita a danno dei diritti e della sicurezza lavorativa del personale in servizio e con un primo massiccio taglio agli organici tecnico-amministrativi degli atenei.

 

L’art. 14 del regolamento attuativo dell’art. 59 delle Legge Finanziaria 2001 non prevede alcuna garanzia se non la certezza della instabilità di lavoro per migliaia di lavoratori che transiteranno nelle Fondazioni. Non è inoltre previsto alcun comparto contrattuale in cui far confluire questi lavoratori. Perciò i diritti conquistati con le tutele del contratto Università dovranno essere riconquistate daccapo.

 

A questo proposito è opportuno ricordare che le Università private non hanno contratto nazionale collettivo di lavoro, ogni Università ha un suo contratto di lavoro avendo realizzato con notevole anticipo quel dissolvimento della contrattazione nazionale che il CCNL 1998/2001 non poteva fare prima di aver passato formalmente le competenze alle autonomie garantendo alla baronie e ai dirigenti la più ampia discrezionalità nelle gestione del personale.

 

Toccherà dunque alla contrattazione sindacale individuare il contratto collettivo di lavoro a cui riferire i rapporti di lavoro dei lavoratori esternalizzati alle Fondazioni e dovrà farlo nell’intervallo che va dalla costituzione delle Fondazioni alla scadenza del contratto collettivo di lavoro di provenienza.

 

E’ evidente che i problemi che si pongono sono molteplici e difficili da risolvere prima di tutto perché in queste contrattazioni la volontà baronale già manifestata è di escludere a priori qualsiasi altro sindacato che non sia quello confederale; non si tratta di una questione di rappresentatività nazionale degli altri soggetti (in particolare della RdB) perché l’argomento non è la contrattazione d’ateneo. Un confronto su questo problema richiede la massima rappresentatività di tutti i sindacati, rappresentativi negli atenei ove stanno partendo le Fondazioni (Politecnico di Milano: 110 lavoratori stabili e altrettanto con contratto di collaborazione continuativa e coordinata sono sul piede di partenza; Università di Roma Tor Vergata Policlinico, Università di Bologna Policlinico Sant’Orsola).

 

Il secondo ordine di problemi riguarda l’effettiva necessità di spostare questi lavoratori fuori dal contratto Università sapendo delle conseguenze: perdita dei diritti e di sicurezza del lavoro oppure di trasferimento ad altro contratto collettivo privato peggiorativo dei trattamenti o peggio ancora a un contratto collettivo di fondazione, sul modello dei contratti delle Università private.

 

Il terzo ordine di problema riguarda i nuovi assunti delle fondazioni che non potranno certo essere abbandonati ai contratti di lavoro individuali o a contratti con trattamenti inferiori e/o con minori diritti di quello dell’Università.

 

I cantori delle Fondazioni che vanno predicando migliori trattamenti economici per i lavoratori che confluiranno nelle Fondazioni sono quegli stessi rettori che umiliano economicamente e professionalmente il personale delle Università pubbliche bloccando e trascinando avanti per anni i rinnovi contrattuali, usando dei fondi governativi per la contrattazione per il finanziamento ordinario dell’ateneo e che  nascondono ai lavoratori che le Fondazioni hanno come progetto programmatico il ricorso massiccio al lavoro precario e agli appalti dei servizi (vedi progetto Fondazione Policlinico Tor Vergata)...!!

 

 

 

 

FONDAZIONI: UN PROGETTO ORGANICO DI RIORGANIZZAZIONE DEL POTERE BARONALE

CHE COMINCIA CON I TAGLI OCCUPAZIONALI AL PERSONALE

 

 

Questi stessi rettori tacciono invece sul fatto che le Fondazioni non rappresentano solo un attacco proditorio ai diritti e alle sicurezze della componente più debolmente contrattualmente dell’Università, ormai privi anche di una rappresentanza sindacale degna di questo nome, ma anche che esse accelerano (e non fermano) il processo di privatizzazione della maggioranza del corpo docente rappresentata dai ricercatori e dagli associati per garantire pieni poteri all’ordinariato.

 

Si tratta di un progetto organico che trova conferma nel percorso di privatizzazione dell’Università iniziato

-          con la legge 168 di istituzione del MURST e di fuoriuscita dal sistema della pubblica istruzione

-          con leggine di revisione degli ordinamenti didattici (introduzione die diplomi, riesumazione dei blocchi didattici ecc. ecc.) e la leggina di cancellazione del diritto allo studio (abolizione del presalario, chiusura delle case dello studente, ecc.) e di introduzione di un sistema premiale di sostegno allo studio in realtà di un sistema di selezione classista

-          Riconoscimento agli atenei delle autonomie finanziarie, economiche, contabili, regolamentari e di gestione del personale al di fuori della legge quadro prevista dalla legge 168 e affondata dalla baronia e rinviata agli interventi in sede di Legge Finanziaria

-          legge finanziaria 1994 che introduce il finanziamento a budget per le Università, ne vincola la spesa per il personale al 90% dell’ammontare dei finanziamenti , all’abolizione della pianta organica nazionale e alla riduzione di quelle d’ateneo

-          legge 29/93 di privatizzazione del rapporto di lavoro dei “non docenti” e di loro trasferimento alle dipendenze delle autonomie

-          primo contratto collettivo nazionale di lavoro privatizzato (CCNL 1994/97)

-          autonomie didattiche e nuovi percorsi formativi (3 + 2)

-          secondo contratto collettivo nazionale di lavoro che azzera le garanzie per i lavoratori e recepisce il pieno e totale trasferimento ai poteri regolamentari delle autonomie la vera contrattazione sindacale, ridimensionando diritti e poteri delle RSU e della contrattazione d’ateneo, garantisce la massima flessibilità d’impiego del personale con il nuovo ordinamento professionale, incrementa e liberalizza il ricorso al lavoro a tempo determinato e introduce il lavoro in affitto fino al 20% dell’organico d’ateneo in aggiunta al lavoro precario, grigio e nero già presente in dosi non riscontrabili in nessun altro comparto pubblico e tantomeno nel lavoro privato

-          approvazione dell’art. 59 (Legge finanziaria 2001) che permette la costituzione delle fondazioni 

 

Emerge dunque un percorso programmatico e sostanzialmente coerente con i propositi privatizzatori delle “riforme” Ruberti, denunciati dagli studenti della “Pantera” alla fine degli anni ’80 e anticipati dalla denuncia dei pre-accordi antiscioperi pretesi dal Ministro e sottoscritti dai confederali fatta dalla RdB, appena costituitasi, per garantire la pace sindacale negli atenei nel cammino della privatizzazione.

 

 

 

I DUBBI DEI CONFEDERALI E LA CERTEZZA DELL’ENNESIMA SCONFITTA DELLA CONCERTAZIONE

 

Dopo aver tenuto il sacco ai baroni tacendo sull’iter parlamentare dell’emendamento per la promozione delle Fondazioni, i confederali sono venuti allo scoperto solo dopo essere stati costretti dalla denuncia delle RdB  confermando il loro sostanziale avallo alla costituzione delle Fondazioni. Non c’è traccia nelle loro scelte (osservatorio nazionale sulle fondazioni proposto dallo Snur Cgil della Lombardia) di una volontà di considerare l’opposizione al progetto di privatizzazione del rapporto di lavoro di quanti dovrebbero migrare nelle fondazioni: a loro bastano “paletti e garanzie” a tutela dei diritti professionali” di quei lavoratori. Nulla anche sulla questione della perdita della sicurezza del posto di lavoro, e nemmeno sui tagli occupazionali che si vanno ad operare nell’Università pubblica.

 

Qualcuno più avvertito ha parlato delle fondazioni come un opzione per le Università, rilevando però nella scelta di fare della CRUI (e nelle inclinazioni del suo presidente attuale) un soggetto promotore delle fondazioni una volontà di fare delle fondazioni una generalizzazione e omologazione dei modelli organizzativi degli atenei che sacrificherebbe “l’autonomia delle istituzioni, autonomia che dovrebbe valorizzare le diversità, migliorare l’offerta formativa, stimolare l’attività di ricerca” … !!

 

Se non possiamo che concordare sul carattere generale delle fondazioni come modello organizzativo per gli atenei, non possiamo parlare di omologazione ma, al contrario, dobbiamo parlare delle fondazioni come strumento di esaltazione delle sperequazioni (tra atenei grandi e ricchi e atenei poveri o piccoli), di dequalificazione della didattica, non abbiamo visto stimoli alla ricerca e infine... di peggioramento dei trattamenti economici e normativi del personale tecnico-amministrativo. In realtà questo lamento confederale sull’autonomia tradita non è altro che l'ammissione dell’ennesima clamorosa sconfitta della concertazione confederale con i rettori e l’anticamera della prossima e definitiva estromissione del sindacato confederale dalla stanze dei bottoni dei rettorati.

 

I baroni non hanno più bisogno della concertazione confederale se la richiameranno in vita sarà solo per impedire che sul trasferimento alle fondazioni si riapra il conflitto, soffocato per anni, negli atenei.

 

 

 

 

 

 

I PROGETTI IN CAMPO

 

Le Fondazioni nascono per iniziativa diretta dei Politecnici (l’emendamento è stato elaborato al politecnico di Milano e avvallato dal sostegno dei parlamentari di ambedue i schieramenti politici e dal silenzio confederale). Per i Politecnici, tradizionalmente legati a doppio filo ai potentati economici e industriali del territorio, le fondazioni rappresentano un’accelerazione del processo di smantellamento dell’Università pubblica e di trasformazione delle autonomie in istituzioni autonome (del rango delle istituzioni disegnate dalle legge “federalista” della repubblica: stato Regioni, enti locali, città metropolitane, ecc.) che si pone come unica ed esclusiva intermediaria tra l’Impresa e la Politica sul terreno dello sviluppo della competitività e quindi dello sviluppo economico. E lo fa trasformando l’Università pubblica in ente assistenziale che finanzia l’impresa, trasferisce ad essa i risultati della ricerca, creando per essa nuova imprenditorialità  Più in generale le fondazioni serve a condizionare “l’offerta formativa” delle Università per le esigenze di breve e medio termine di forza lavoro e l’innovazione tecnologica per la competitività dell’impresa del territorio.

 

Dunque le fondazioni accelerano il processo di separazione – già peraltro molto avanzato proprio per il carattere più “tecnico” che scientifico in senso lato dei politecnici -  dal sistema universitario pubblico e di maggiore compenetrazione nel sistema dell’impresa e dell’economia.

 

Più visibili e facilmente percepibili da tutti sono gli effetti preannunciati dai progetti di trasformazione dei Policlinici in centri di ricerca biomedica attraverso le fondazioni. A Roma Tor Vergata il progetto prevede la rinuncia, a favore del privato (per cui è in programma l’edificazione delle strutture), all’attività assistenziale e quindi alla cura dei cittadini, a Bologna il rettore ha annunciato la riorganizzazione del Policlinico Sant’Orsola con un primo provvedimento: il taglio dei posti letti ..

 

Dunque in ambedue i casi le Fondazioni sono lo strumento per accelerare i processi privatizzatori dell’istruzione e della ricerca, garantire al privato fondi, risultati commerciabili della ricerca e sostegno per la formazione del personale ad hoc e nel caso dei policlinici un mercato nuovo e garantito.

 

La baronia dimostra così di anticipare quanto i potenti del mondo andranno a discutere a Genova nel summit del G8 e nei prossimi mesi nell’aggiornamento del trattato sul commercio dei servizi che vede Stati Uniti e UE premere per rendere commerciabili al più presto i servi pubblici primari come la sanità e l’istruzione (universitaria compresa), forti anche di un sindacalismo maggioritario  arretrato, incapace e neo-corporativo che garantisce loro pace sindacale e copertura di fronte ai lavoratori.

 

 

 

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