Care
colleghe, cari colleghi,
qualche giorno fa è arrivata
alla Federazione di Bologna una “lettera aperta” a firma di membri del PdCI.
Ad RdB,
così come a CGIL, CISL e UIL, era indirizzata “per conoscenza”; i destinatari
principali erano le forze politiche che compongono la coalizione di
centro-sinistra a cui era rivolto l’invito ad un tavolo di discussione,
prendendo spunto dalla firma del CCNL dei Metalmeccanici di pochi giorni or
sono.
Non
staremo certo qui a discettare sul contenuto di quella lettera, tuttavia per
coloro che fossero interessati a leggerla indichiamo il sito in cui è stata
pubblicata, ovvero: http://www.cento-passi.it/
Pur
seguendo con attenzione ed ovvio interesse le vicende politiche del Paese,
anche riguardo le vicende che informano i partiti parlamentari
(di tutti gli schieramenti, beninteso…), non ci sembra utile entrare qui nelle
considerazioni politiche che accompagnano quell’invito.
Possiamo
comunque dire che fa piacere registrare questi segnali, a testimonianza di un
risveglio di intelligenze politiche sicuramente interessante e positivo.
Speriamo
non restino voci isolate, ma che, anzi, si moltiplichino ed al più presto.
Perché
dunque questa premessa, direte voi…
E’
molto semplice: oltre a parlare alla
e della nostra organizzazione sindacale,
la lettera – meglio dire il “documento”, visto che consta di ben 5 pagine…! –
ruota intorno alla firma non del solo citato CCNL
Metalmeccanici, ma si riferisce anche all’Accordo sul Pubblico Impiego
del 28 Maggio 2005. Quello siglato, per intenderci, da tutti i sindacati
eccetto
Per
inciso, vogliamo qui segnalare che dal giorno di stesura di quel documento,
subito dopo i Metalmeccanici, si sono “chiusi” altri due contratti, quello
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, quello delle Agenzie Fiscali e in
ultimo quello degli Enti Locali.
Anche
questi sono il riflesso di quanto già detto.
Quel
documento, in poche parole, ci è di stimolo per riproporre qualche riflessione
sull’attualità contrattuale e sindacale che brutalmente ci si offre agli occhi
e… alle tasche.
Diciamo
subito, a mo’ di introduzione, che condividiamo l’analisi che di questi
contratti il documento propone: non solo il Pubblico Impiego è umiliato, ma la
sigla del pessimo contratto dei Metalmeccanici segna il più spaventoso
arretramento sindacale, in termini di completa disfatta sul piano della tenuta
salariale e, ancor più, sul piano della difesa dei diritti. Senza dimenticare
in che modo si continui ad infierire sul dramma della precarietà dei
lavoratori.
Il contratto metalmeccanici,
in poche parole, segna una profonda svolta per TUTTI i contratti, non escluso
il Pubblico Impiego. Anzi, come è stato argutamente osservato
e messo in relazione nel documento, i due accordi – Pubblico Impiego e
Metalmeccanici – hanno rispettivamente prima introdotto e infine ratificato la
nuova struttura dei futuri contratti: triennio (o addirittura quadriennio…)
unico normativo e salariale; trasferimento del “centro di gravità” contrattuale
sul livello decentrato (le famigerate gabbie salariali); totale
deregolamentazione in merito a flessibilità e precarietà; definitiva
cancellazione di diritti e democrazia sindacale.
E’
questo, in soldoni, il risultato della ritrovata
“unità” concertativa dei soliti tre furbetti
confederali. Gli obiettivi da tempo
perseguiti dalla Confindustria e dalla destra
confederale si sono infine inverati. Per il momento
in termini fattuali, ma già si sono avanzate le richieste
di “formalizzare” definitivamente le nuove “regole” in termini di nuovo assetto
contrattuale e nuovo modello di relazioni sindacali.
Utile,
al proposito, la lettura dei quotidiani (un po’ tutti…) degli ultimi giorni.
Da
Sacconi (il Sottosegretario al Ministero del Welfare)
alla Confindustria, passando per
A
suggello della vittoria di Pezzotta mancava soltanto
la sua candidatura al Parlamento, pure avanzata dalla Margherita ma poi
rifiutata. Il quadro sarebbe stato davvero completo.
In
ogni caso il trionfo delle posizioni più retrive ed arretrate allo stesso
interno dei tre concertativi deve far riflettere. Il futuro governo,
probabilmente di centro-sinistra (anche se gli stessi leader del
centro-sinistra si impegnano assiduamente per rendere sempre più incerto questo
pronostico…), sarà comunque caratterizzato da una sostanziale continuità
politica verso i lavoratori ed il mondo del lavoro in generale. Cambierebbero
probabilmente le modalità di esecuzione, ma gli intenti sarebbero comunque gli
stessi: il liberismo e la deregolamentazione, che in altri stati anche più
importanti del nostro hanno già prodotto i primi ed importanti ripensamenti,
continuerebbero a produrre i loro frutti avvelenati, colpendo in particolare i
lavoratori tutti.
Un
processo di proletarizzazione e di impoverimento
generalizzato che coinvolgerà fette sempre più corpose di popolazione ad
esclusivo vantaggio di una sempre più ristretta elite finanziaria e con nessun
riflesso o prospettiva di sviluppo sociale.
In
questo contesto è già maturato il riposizionamento di
CGIL/CISL/UIL, fin dall’accordo maledetto di maggio 2005
sul Pubblico Impiego: si torna a spegnere i fuochi di rivolta.
Se
pure c’è stato un momento di “supplenza” politica nel ruolo di opposizione al
governo Berlusconi (con tutte le sfumature note…), a
causa dello sbandamento dei principali partiti di opposizione – segnatamente i
DS e
Durante
il precedente governo di centro-sinistra si è registrato il più basso numero di
ore di sciopero registrato in tutta la storia della Repubblica; durante l’attuale
governo Berlusconi le ore di sciopero si sono tornate
a registrare in milioni.
Non
che i tre furbetti volessero poi esprimere davvero tanto antagonismo, anzi…
qualcosa gli è pure scappato dalle mani. Valga per tutti
l’esempio delle lotte degli autoferrotranviari e le manifestazioni
“selvagge” nate e sviluppatesi al di fuori del controllo dei concertativi ed in
coordinamento con le realtà sindacali di base, RdB/CUB
in primis.
Ad
ogni modo, se conflitto c’è stato è ora che finisca. Dicono loro…
E’
dunque molto probabile che le imponenti e combattive manifestazioni operaie
abbiano prodotto l’esatto opposto di quanto si riproponevano gli operai stessi:
anziché fornire la vera “forza contrattuale” ai loro rappresentanti li hanno
paradossalmente spaventati!
L’irrompere,
dopo anni di “pace sociale” (almeno, così propagandata…) della forza operaia tornata
prepotentemente alla ribalta ha fatto risuonare più di un campanello d’allarme
nei vertici delle segreterie confederali di CGIL/CISL/UIL. Nonostante l’attento
e trasversale black out mediatico, le azioni sempre
più “disobbedienti”, come la pacifica invasione di autostrade, binari
ferroviari ed altro, hanno comunque garantito una visibilità ed un protagonismo
che si desiderava sopito per sempre. …dalle stesse segreterie confederali,
ovviamente. Esse desideravano – e continuano a lavorare affinché ciò avvenga –
un quadro totalmente disciplinato, sfiduciato, frantumato e disorganizzato sindacalmente.
In
poche parole, desiderano riprodurre ovunque la situazione del Pubblico Impiego.
Dove
si registra, infatti, la più bassa conflittualità e la più efficace
concertazione?
La
domanda è ovviamente retorica…
Purtroppo
per loro, gli operai metalmeccanici, con una buona fetta della sinistra della
FIOM, hanno dimostrato di essere molto più avanzati
e…seriamente incazzati di quanto potessero desiderare
i vari Epifani, Pezzotta ed
Angeletti.
Rischiavano,
gli operai, di replicare le lotte definite “selvagge” già evidenziatesi nei
trasporti urbani. Ricordate gli scioperi “fuori dalle
regole” (le regole stabilite da loro…) del dicembre 2003? Ricordate che, oltre
le solite e scontate recriminazioni del Governo e dei facinorosi “benpensanti”,
quelle lotte avevano riscosso un seguito notevole tra
i lavoratori e gli stessi utenti dei trasporti? Quella lotta, l’unica davvero
efficace, dimostrò la validità della “disobbedienza” ad un sistema di regole
che, di fatto, impedisce ogni sciopero ed ogni stessa
forma di lotta al di fuori della concertazione tra “furbetti”.
Lo
stesso, o forse ancor più, stava avvenendo intorno agli operai.
Non
si poteva dunque tollerare che certi esempi e certi spezzoni più avanzati
potessero “contagiare” una intera categoria di
lavoratori.
La
firma frettolosa ed umiliante per la categoria dei metalmeccanici porta dunque
il marchio delle segreterie confederali, immediatamente ricostituitesi
“unitarie”, in nome del pompieraggio attuale e,
soprattutto, futuro. Quei fuochi di rivolta per loro possono essere
preoccupanti oggi, ma ancor più domani con un probabile “governo amico”.
E’
evidente che il discorso sul futuro, e già sul presente, sindacale deve essere
preso in più attenta considerazione di quanto non avvenga oggi, da tutti i
lavoratori e non dai soli “addetti ai lavori”. Le “regole” di democrazia sindacale
coincidono strettamente con la stessa democrazia e diritti di TUTTI i
lavoratori. Non si può seriamente pensare ad una efficace
difesa e rilancio di aspetti importanti per i lavoratori come la questione
salariale, nella beata illusione che sia possibile ignorare altre importanti
questioni come la democrazia nei luoghi di lavoro (diritto ad espressione sulle
piattaforme, referendum sui contratti, diritto di assemblea, trasparenza
normativa, etc…).
Quelle
questioni non sono “beghe” interne ai sindacati. Quelle questioni coinvolgono
direttamente e pesantemente TUTTI. Prima si farà lo sforzo di comprensione,
prima sarà possibile riparlare di dignità, di diritti e di salario.
A
margine possiamo aggiungere a questa breve, ed affatto esaustiva, analisi (torneremo
sicuramente sull’argomento…) altre due notazioni relative alla CGIL.
Lo
faremo nel massimo rispetto dei milioni di iscritti che, legittimamente,
attendono un segnale di forte presenza ed un preciso ruolo di quella
organizzazione nella società, tanto più in vista dell’imminente congresso.
Per
quanto non sia forse corretto guardare in casa d’altri, tuttavia non si possono
ignorare gli sviluppi del più grande sindacato italiano, se non altro perché
certe “convulsioni” spesso si tramutano in proposte anche interessanti.
Quali
sarebbero dunque le “convulsioni” citate?
La
prima è sicuramente data e certificata dalla stessa firma al contratto dei
Metalmeccanici: la subordinazione della CGIL alla CISL (e, secondariamente,
alla “stampella” di destra della UIL…) è ormai un fatto acquisito. Potranno
inventare ancora nuovi escamotage per occultare questa nuova gerarchia, e
probabilmente Epifani continuerà a sedere ancora al
centro dei tre segretari confederali in ogni conferenza stampa ed occasione
pubblica, ma la realtà è ormai questa.
La
partecipazione di Epifani e di Pezzotta
al recente congresso dell’UGL, il sindacato di riferimento di Alleanza
Nazionale, testimonia la volontà di alcuni, e la passività di altri, di un rafforzamento della
destra sindacale. Inutile aggiungere chi detiene il “padrinaggio”
di tale operazione, tra i due segretari della triplice. La presenza dei due
capi confederal/concertativi ha addirittura avallato
la stupidaggine, ripresa acriticamente da tutti i media,
del dato di iscritti all’UGL dichiarato in 2 milioni e mezzo! Una scemenza stratosferica che, però, non ha
trovato obiezioni di sorta tra i presenti.
Qualcosa
vorrà dire…
La
seconda notazione riguarda invece le “convulsioni” interne alla CGIL, che forse
potrebbero trovare – noi ne dubitiamo fortemente – un terreno di espressione
proprio nello stesso congresso di Marzo.
E’
evidente a tutti che la firma del contratto dei Metalmeccanici assume anche un
valore di disciplinamento interno rivolto alla
“anomalia” della FIOM.
Sappiamo
già che il congresso CGIL non vede reali alternative alla tesi di maggioranza e
che la stessa futura segreteria nazionale è praticamente già decisa. Per
inciso, è più che probabile che aumenti la presenza di delegati del Pubblico
Impiego, ovvero il “ventre molle” della CGIL. E’, anche questo, indicativo del
volto nuovo che CGIL vuole mostrare.
In
questo contesto i leader nazionali della FIOM sono costretti a precari
equilibrismi verbali. Nei loro comunicati di “soddisfazione” per l’esito del contratto Metalmeccanici si scorge, tra le
righe, più di un rammarico e di “perplessità” (per usare un neutro eufemismo).
L’invito
che rivolgono agli operai a votare SI al referendum sullo stesso contratto
riesce a celare a mala pena la vera parola d’ordine che tra essi
intercorre: “stare allineati e coperti”.
Forse
sperano che passi la “nottata”.
Per
quanto ci riguarda, la “nottata” è appena all’inizio.
Non
sono più sufficienti le alchimie e gli abracadabra di
soggetti concertativi e/o “autonomi”.
Il conflitto deve tornare ad essere pratica costante e
reale.
Da
parte di tutti i lavoratori.
Noi
ci attrezziamo a questa prospettiva; gli altri…
Benvenuto
a chiunque decida di unirsi.
Ultimora.
Dopo aver redatto queste riflessioni, abbiamo potuto leggere sul “Manifesto”
del 15.02.06, a pag. 7,
della firma alla “intesa
applicativa dell’accordo interconfederale”, il livello più alto dei quattro –
addirittura – che compongono la complicata architettura contrattuale del
settore dei lavoratori artigiani da parte delle segreterie confederali di CGIL,
CISL e UIL. ….. La più grande categoria del mondo
artigiano è, nemmeno a farlo apposta, quella dei metalmeccanici.
Invitiamo
alla lettura dell’intero articolo, poiché contiene, succintamente, i contenuti
davvero scabrosi di quell’accordo, ed accogliamo
positivamente la presa di posizione della FIOM, sempre che rimanga tale.
Saranno
i primi segnali di chi avverte la crescente incompatibilità del proprio ruolo
sindacale con i dogmi della deregulation e della concertazione a tutti i costi?
Ancor
più valgono, dunque, le considerazioni finali delle riflessioni sopra espresse.
p. Direzione Nazionale RdB Università – Virginio Pilò