RAPPRESENTANZE SINDACALI DI BASE

Federazione del  Pubblico Impiego,  Servizi,  Industria  e  Settore Privato

 
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Chi ha paura del lupo cattivo…?

Riflessioni intorno ai privilegi delle “Autonomie” e la “creatività” di Tremonti.

 

Dicebamus

La calura estiva ha congelato (l’ossimoro è qui d’obbligo…) la discussione che si è aperta intorno alla provocazione del Ministro Tremonti circa l’intenzione di “accentrare” gli stipendi del personale universitario. Vediamo di riprenderne i fili.

I comunicati diffusi a livello nazionale dalla CRUI, e da alcuni rettori nei propri atenei, lanciano alte grida di allarme: Aita! Aita! Attentano all’Autonomia dell’Università!!!

Naturalmente i fidi scudieri CGIL/CISL/UIL, rivestitisi delle insegne di paladini dell’autonomia (da essi, infatti, sempre declinata nelle forme più aberranti…), sono accorsi in tutta fretta a solidarizzare con i loro baroni.

Ma questi ultimi non fanno la Storia, semplicemente ed inconsapevolmente la subiscono.

A noi invece interessa analizzare gli accadimenti, tanto più quelli che hanno un impatto immediato sui nostri destini.  Alcune considerazioni sono dunque qui opportune.

Ragionamenti caldi d’estate…

Scevri da qualsiasi rapporto di “vassallaggio” nei confronti dei baroni, possiamo ben permetterci di asserire le nostre convinzioni circa il valore e l’importanza che attribuiamo all’Autonomia Universitaria, senza timore di essere tacciati di piaggeria.

Mal si tollerano, a nostro avviso, imposizioni “governative” o limitazioni o finanche “indirizzi” agli ambiti che devono restare segnatamente “autonomi” dell’Università.

Consideriamo l’Università il motore principale del Progresso di una nazione e della sua comunità.

Una Università Pubblica, Statale ed Autonoma. Tale vogliamo che sia.

Ci riferiamo naturalmente all’Autonomia della Ricerca Scientifica e della Didattica, condizioni imprescindibili dello sviluppo tecnico, politico, economico, umano e sociale del Paese.

Altra cosa è tuttavia la “autonomia finanziaria”.

E, per rendere più intelligibili queste prime riflessioni, altra cosa ancora è voler nominare in maniera troppo generica “spese per il personale dipendente”, come la CRUI disinvoltamente fa.

Come se esistesse un unico registro per il personale “docente” e per il personale “tecnico amministrativo”.

Le cose, è evidente, sono ben lungi dallo stare in questo modo. Certe affermazioni saranno utili (per i rettori, non per noi…) davanti alle telecamere ed ai taccuini dei cronisti, ma non ai ragionamenti seri per coloro che lavorano dentro gli atenei.

Autonomia ed “azienda”.

Abbiamo sempre criticato l’impostazione “aziendalista” che, sempre in nome dell’Autonomia, tutti gli atenei hanno privilegiato. A fronte di riduzioni di salari (tramite contrattazione decentrata della parte accessoria e frantumazione del Contratto Nazionale) e compressione dei diritti (tramite regolamenti e normative locali, diversi in ogni ateneo), si è assistito e si assiste ad incrementi vertiginosi di consulenze esterne superpagate, di compensi a Direttori Amministrativi stratosferici (in alcuni casi, come Bologna, addirittura superiori agli stessi rettori con un importo annuale pari a 400 milioni di vecchie lire + IVA!), e di una proliferazione, spesso ingiustificata e superflua, di dirigenti di varia natura. Nei casi più imbarazzanti si è magari provveduto con la creazione ad hoc di uffici o “aree” che potessero giustificare queste nomine. Sempre si rivelavano per quel che erano: premi alla “fedeltà” e null’altro. Il burocratismo fine a se stesso, grazie alla “Autonomia”, ha dunque trovato nuova linfa.    Altro che razionalizzazione e ricerca di maggior efficienza…!

I veri processi di maggior “produttività” si sono operati soltanto nel concreto lavoro di riorganizzazione della parte “bassa” (possiamo dire “proletaria”…?) dei dipendenti T.A.

In che modo, tutti lo sanno…                     Per non parlare poi della frenetica attività “immobiliare” degli atenei, tale da far sospettare operazioni al limite ella pura speculazione edilizia.

Gli esempi di cattiva amministrazione sopra citati sono ovviamente molto più numerosi ed articolati. Ci interessa però sottolineare la disinvolta gestione di fondi che troppo spesso hanno trovato altri indirizzi che non la ragione sociale stessa dell’Università.

In poche parole si può dire che, accanto al rafforzamento dei privilegi baronali di antica data (oggi sono essi i veri Intoccabili tra tutte le Istituzioni dello Stato Italiano), si è affiancato il nuovo potere dei neo-manager e dei super dirigenti che spesso travalicano gli stessi poteri degli organi politici di governo degli atenei. Il tutto, come già detto, a spese nostre.

Il bilancio di 15 anni di “autonomia” lo possiamo riassumere in un azzeramento del diritto allo studio, aumenti delle tasse, dequalificazione degli studi, e per il personale "non docente" una politica di sistematico rinvio dei rinnovi contrattuali, la riduzione del già magro salario nazionale e del salario di produttività d'ateneo, il blocco delle assunzioni stabili a favore di assunzioni "flessibili" cioè senza diritti.    I tagli governativi ai bilanci di ateneo hanno solo svelato una crisi prevista e scritta nelle “riforme” che avevano previsto la riduzione dei finanziamenti pubblici.

Abbiamo dunque mille motivi per criticare l’uso che è stato fatto di questa particolare “autonomia”.  Così come abbiamo altri mille motivi per esprimere perplessità e preoccupazione per la proposta di Tremonti.

Una parentesi contrattuale.

Prima di proseguire il ragionamento sulla proposta di “accentramento degli stipendi”, avanziamo qui una preoccupazione per il nostro futuro Contratto Nazionale.

Il problema è in quale direzione cercare la strada per uscire da questo tunnel: rettori e sindacati confederali la vedono nella gradualità dei processi di privatizzazione, il Governo nell'accelerazione di questi processi e nell'avvio dei processi di smantellamento dell'Università Pubblica attraverso l'esternalizzazione generalizzata dei servizi, la trasformazione in fondazioni di diritto privato, la riduzione del personale stabile, fino alla sua tendenziale scomparsa e marginalizzazione. In questo quadro è evidente che poco importa all'una e all'altra parte dei diritti dei lavoratori "non docenti" e siamo sicuri che ambedue i contendenti sono pronti a qualsiasi accordo in sede contrattuale che riesca a garantire il ripristino degli antichi privilegi.

Analogamente per quanto è avvenuto in occasione del contratto della Scuola (lo stesso ministero, del resto…), dove si è consumato lo scambio tra pochi soldi di aumento e il “lasciapassare” di CGIL/CISL/UIL alla riforma Moratti, abbiamo seri motivi per temere fantasiosi “scambi” tra la CRUI e l’ineffabile e “creativo” Tremonti, vero detentore del nostro contratto a dispetto della stessa Moratti.

Conclusioni di prime riflessioni.

Non temiamo quindi la proposta di Tremonti più di quanto non temiamo l’assodata pratica “autonoma” sin qui seguita dai rettori. Evitiamo dunque per il momento di esprimere un netto giudizio sul merito. Al momento ci sembra di poter parlare solo di una boutade volutamente provocatoria nei confronti della CRUI. Tanto più ci stupisce una proposta “accentratrice” proveniente da un “federalista” doc.

Seguiremo con interesse lo sviluppo della vicenda e ritorneremo sull’argomento.

La nostra considerazione “vera”, a tutt’oggi, è che in ogni caso non è pensabile illudersi di poter delegare i nostri destini a questi soggetti.

CRUI, MIUR, MEF e sindacati confederali hanno ripreso intanto a lavorare.             Contro di noi.

 

Per ulteriori riflessioni sul tema invitiamo a consultare il sito www.universita.rdbcub.it.

Sono presenti altri contributi sviluppati nelle sedi locali.

Roma,  10.09.03                                                                                                              RdB Università