Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro

 

 

PARERE SUL DDL S-848/2001

Richiesto dalla XI Commissione Lavoro del Senato della Repubblica

 

 

     Assemblea

18 febbraio 2002

 

 

 

PREMESSA

 

 

 

Con lettera Prot. n.2272/s, in data 24 gennaio 2002, il Presidente del Senato della Repubblica, su deliberazione della Commissione Lavoro, ha inviato al CNEL una richiesta formale di parere, ai sensi dell’art. 49, comma 1 del Regolamento, in ordine al disegno di legge S-848/2001 recante la delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro. La Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali,  si è riunita il 12 febbraio u.s. e, successivamente, il 18 febbraio ha approvato il testo di seguito riportato e lo ha trasmesso all’Assemblea che, in data 18 febbraio 2002 ha approvato.

 


 

I. Considerazioni generali

 

 

Il disegno di legge in esame muove, essenzialmente, dalla constatazione dei limiti strutturali del mercato del lavoro italiano - individuati nel basso tasso di attività,  soprattutto dei giovani, delle donne e degli anziani, e nel dualismo tra Nord e Sud del Paese - e dalla conseguente volontà di promuovere la crescita del tasso di occupazione italiano ai fini del raggiungimento del livello fissato al 70% dall’Unione Europea per il 2010 (il tasso di occupazione in Italia è ancora al 53,5% rispetto ai livelli medi europei che si attestano al 63,3%).

Tali obiettivi, già chiaramente manifestati nei documenti sul mercato del lavoro predisposti dal Governo nei mesi scorsi, si pongono in evidente continuità con quanto definito e avviato nella precedente Legislatura, nel quadro delle politiche concertate a seguito del Patto del lavoro del 1996. Tali politiche hanno perseguito l'obiettivo dello sviluppo anche attraverso la predisposizione e il potenziamento di incentivi all'occupazione e di strumenti di flessibilità in materia di regimi di impiego e contrattuali, che hanno prodotto risultati non irrilevanti, pur se insufficienti, ancorché in condizioni di debole espansione economica. Occorre peraltro considerare che tali strumenti hanno funzionato in modo diverso al Nord, dove si registrano, generalmente, situazioni di piena occupazione, e al Sud, dove gli interventi predisposti non sono riusciti a colmare ritardi ascrivibili a cause diverse, tra cui certamente è primaria la grave carenza di più incisive politiche economiche per la crescita e il grave ritardo negli investimenti infrastrutturali.

 

 

II. Federalismo e sussidiarietà

 

E’ opinione del CNEL che una efficace riforma del mercato del lavoro debba necessariamente essere improntata ai principi di federalismo e di sussidiarietà definiti a livello europeo e ripresi dalla legge di riforma del Titolo V della Costituzione.

L’attribuzione alle Regioni di nuove funzioni legislative e di un carico crescente di responsabilità di programmazione, per la cui attuazione è rilevante la ricerca di condivisione con gli altri livelli istituzionali (Comuni, Province, Comunità Montane), sta infatti profilando un nuovo assetto istituzionale che renderà più attuabili le politiche di sviluppo territoriale, soprattutto se le Parti sociali saranno messe in grado di partecipare al confronto in un disegno di sussidiarietà che dovrà attuarsi non soltanto nella dimensione verticale, come nuovo rapporto tra le istituzioni pubbliche, ma anche nel suo significato più ampio di principio regolatore di nuove relazioni tra istituzioni pubbliche, imprese e soggetti sociali. In tal senso si dovrà valorizzare ancor di più la funzione dell’accordo fra le Parti sociali.

 

Il CNEL considera dunque opportuno evidenziare come la delega in esame, tenendo conto del nuovo assetto costituzionale, debba attentamente considerare i seguenti tre punti:

 

a)  Definizione delle competenze legislative in materia di diritto del lavoro: come già espresso nel Documento di Osservazioni e Proposte approvato all’unanimità dall’Assemblea del Consiglio, in data 24 gennaio 2002, il CNEL “ritiene che la disciplina del contratto e del rapporto di lavoro rientrino nella nozione di ordinamento civile e, quindi, siano rimessi alla potestà legislativa esclusiva dello Stato centrale. Tutela e sicurezza, assoggettate a legislazione concorrente, evocano, invece, la parte più propriamente amministrativa del diritto del lavoro (servizi per l’impiego, agenzie di mediazione e intermediazione, incentivi all’occupazione, promozione di commissioni di conciliazione di vertenze individuali e collettive, igiene e sicurezza del lavoro,…). Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, ad avviso del CNEL, essi rientrano nel novero delle materie attribuite alla competenza esclusiva dello Stato. Tale impostazione discende, in primo luogo, dalla stessa previsione di cui all’art.38 della Costituzione e, in secondo luogo, dall’esigenza di preservare l’uniformità di trattamento a livello nazionale”.

 

b)  Legislazione concorrente: è opinione del CNEL, anche considerando quanto auspicato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, che sia indispensabile ricorrere allo strumento della “cabina di regia”, per la corretta interpretazione di tale funzione e per evitare che la predisposizione di legislazioni troppo disomogenee possa provocare anche gravi distonie tra le diverse aree del Paese.

 

c)  L’assetto dell’apparato organizzativo del collocamento: il CNEL sottolinea come il disegno di legge delega in esame determini elementi di contrasto nel raccordo con l’impianto del nuovo art.117 della Costituzione, anche in considerazione del fatto che le Regioni, a seguito del Decreto legislativo 469/97, in attuazione della Legge n.59/97, hanno definito il proprio assetto legislativo e il conseguente apparato amministrativo, peraltro già vagliati dalla Corte Costituzionale.

 

 

III. La riforma del mercato del lavoro nel quadro di una più ampia politica per lo sviluppo

 

Per quel che riguarda poi le singole misure previste dal disegno di legge S-848/2001, è opinione del CNEL che un giudizio sulla validità o meno degli interventi proposti non possa prescindere dalla considerazione di quanto stabilito dall’Unione europea (e di conseguenza dai Piani d’Azione Nazionali) in materia di occupazione. A questo proposito, risulta indispensabile puntare principalmente su politiche economiche per lo sviluppo, specie per le aree del Mezzogiorno – e di inquadrare all’interno di queste più efficaci politiche per l’impiego - nonché su interventi che siano in linea con i quattro “pilastri” su cui si fonda la strategia europea per l’occupazione: imprenditorialità, occupabilità, adattabilità e pari opportunità. Ed è proprio in questo contesto che la delega sembra aver concentrato principalmente l’attenzione sulla esigenza, peraltro apprezzabile, di promuovere l’espansione dell’attività imprenditoriale intervenendo sui soli incentivi fiscali e contributivi al di fuori di un auspicabile quadro di politiche strutturali di sviluppo, con particolare riguardo al Mezzogiorno - tralasciando poi altri aspetti, parimenti rilevanti. Puntare maggiormente l’accento sull’adattabilità e sulle pari opportunità, oltre che sulle prime due priorità, potrebbe significare infatti favorire non soltanto la crescita economica, ma migliorare, aumentare e qualificare le possibilità di occupazione, e garantire un più elevato livello di tutele diffuse e di coesione sociale.

 

 

IV. L’incontro tra domanda e offerta di lavoro

 

Le esigenze di snellimento, razionalizzazione e ammodernamento delle procedure di collocamento, contenute all'art.1, comma 2, lettera a) del disegno di legge delega, sono condivisibili. Il CNEL, in continuità con la recente legislazione ordinaria (legge n. 608/1996 sull’assunzione diretta e legge n. 196/1997 sul lavoro interinale) e costituzionale, ritiene poi che i criteri dei futuri interventi legislativi in materia debbano comunque ispirarsi ad alcuni aspetti rilevanti quali: la salvaguardia dei diritti fondamentali dei lavoratori, i problemi posti dalla crescente introduzione nel lavoro  di nuove  tecnologie e di nuovi processi produttivi, l’esigenza di armonizzare e integrare costantemente le funzioni legislative e quelle della contrattazione collettiva. Ai medesimi criteri dovrebbe pure attenersi la nuova disciplina sostitutiva della legge n. 1369 del 23 ottobre 1960 che va adeguata anche alla luce delle intervenute innovazioni legislative.

Tali interventi andranno in ogni caso coordinati e implementati dalla predisposizione di efficaci politiche per l’occupazione, nonché dalla qualificazione dei Servizi pubblici per l’impiego e dei servizi privati per l’incontro tra domanda e offerta.

 

 

V. La formazione

 

L'opportunità di perseguire l’obiettivo dell’occupabilità e dell’adattabilità impone la necessità di far leva sulla formazione, quale strumento essenziale di crescita professionale del lavoratore e di riqualificazione continua dell’offerta per un puntuale adattamento alle trasformazioni del sistema economico. Questa non deve dunque essere vista come esigenza esclusiva dell’impresa, ma come elemento chiave dell’adattabilità del lavoratore, e per questo va adeguatamente sostenuta e gestita con modalità che ne consentano la fruizione sia durante l’orario di lavoro che al di fuori di esso.

Inoltre, ad avviso del CNEL, una adeguata offerta formativa deve rappresentare lo strumento che, più di altri, dovrà evitare che la flessibilità possa alimentare solo fasce di lavoro dequalificato. A questo proposito merita particolare attenzione la riforma dei contratti con finalità formativa (art.5), e il necessario superamento della perdurante situazione di sovrapposizione tra il contratto di apprendistato e quello di formazione e lavoro. In questo senso, si ritiene opportuno rafforzare da un lato, le modalità di assolvimento dell’obbligo formativo a 18 anni (con una più stretta integrazione tra la formazione professionale da acquisire in azienda e l’istruzione tecnico-professionale  da ricevereall’esterno) e, dall'altro, la funzione del CFL, finalizzato all’inserimento e al reinserimento mirato del lavoratore.

 

 

VI. Gli incentivi all’occupazione

 

Nelle politiche del lavoro, soprattutto per quel che riguarda le aree economicamente più  arretrate, gli incentivi all’occupazione permanente possono svolgere, senza dubbio, un ruolo essenziale, ma la loro efficacia è legata alla capacità di rispondere alle esigenze di ciascuna area, e al proficuo confronto tra tutti gli attori istituzionali e sociali a livello locale.

La necessaria razionalizzazione e articolazione dei meccanismi di incentivazione (così come prevista dall’art.2 della delega) dovrebbe dunque seguire, a parere del CNEL, l’ottica della territorializzazione degli interventi, rispondere ai principi di sussidiarietà e di federalismo, facendo leva sul coinvolgimento e la cooperazione degli Attori locali, e privilegiare la stabilizzazione e la qualificazione del rapporto di lavoro. In questo senso, sarebbe quindi auspicabile puntare su sistemi di incentivazione che favoriscano la trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a carattere temporaneo, stimolino lo sviluppo del Mezzogiorno anche attraverso la mobilità degli investimenti dal Nord al Sud del Paese e, al contempo, prevedano misure mirate alla valorizzazione dell’attività di formazione. A questo proposito, potrebbe prendersi in considerazione la possibilità di prevedere il superamento della temporaneità, anche introducendo criteri di maggiore qualificazione del meccanismo del credito d’imposta, visti i risultati positivi ottenuti a seguito della sua introduzione, e l’opportunità di individuare spazi specifici per l’attività legislativa concorrente delle Regioni che potrebbero disporre, con proprie norme, e specie nelle aree più deboli, l’introduzione di incentivi mirati all’attività di formazione correlata al reimpiego della manodopera e alla diminuzione del fenomeno della disoccupazione di lunga durata.

 

 

VII. Gli ammortizzatori sociali

 

Come si è già sostenuto nel documento approvato della Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali del CNEL, il 20 gennaio 2001, gli ammortizzatori sociali devono divenire leva delle politiche attive del lavoro e non strumenti di mera tutela assistenziale.

La riforma del sistema degli ammortizzatori sociali dovrà perciò correlarsi essenzialmente all’esigenza di eliminare o, quanto meno, ridurre le differenze di trattamento presenti tra i lavoratori. Inoltre le auspicate innovazioni dovranno puntare ad una più stretta correlazione tra gli interventi formativi e le misure finalizzate al reinserimento nel mondo del lavoro, al fine di ricondurre gli ammortizzatori sociali alla funzione originaria di sostegno “temporaneo” al reddito, e di agevolare, al tempo stesso, le imprese nella ripresa dell’attività produttiva, coinvolgendole nella individuazione delle soluzioni occupazionali per i lavoratori in esubero.

E’ poi indispensabile che le misure delegate tengano conto della complessiva gamma delle prestazioni sostitutive del reddito del lavoro esistenti nella legislazione vigente, comprese quelle previste nella contrattazione collettiva.

Il CNEL ritiene infine che un riordino della materia (così come previsto dall’art.3), rivolto ad un ampliamento degli interventi di protezione e al potenziamento degli strumenti di riqualificazione e ricollocazione del lavoro, debba essere sostenuto da risorse finanziare adeguate e che quindi debba essere eliminata la previsione inserita nella delega (art. 3, punto 1) di non poter aggiungere oneri a carico dello Stato, o anche delle Regioni. La riforma degli ammortizzatori sociali e della relativa spesa pubblica non può dunque avvenire senza una riqualificazione e una implementazione, anche graduale, della stessa spesa. E’ infatti questa la condizione indispensabile per la creazione di un sistema idoneo a gestire le fasi critiche che precedono l’accesso o il rientro sul mercato del lavoro che, peraltro, non dovrà essere disgiunto da specifici e mirati interventi formativi.

 

 

VIII. Le politiche della flessibilità

 

Ad avviso del CNEL, le politiche di flessibilità, nel momento in cui questa si diffonde nel mondo del lavoro, rendono indifferibile l’esigenza di regolare, con un appropriato equilibrio di norme legislative e contrattuali, tutte le modalità di lavoro, per assicurare diritti, tutele e fruibilità.

In questo contesto è condivisibile l’obiettivo di agevolare il ricorso al part-time - al fine di favorire la conciliazione della prestazione lavorativa con le esigenze familiari, scolastiche e personali, e aumentare il tasso di occupazione - e il previsto rinvio alla contrattazione collettiva. Dovranno infine essere chiariti e meglio precisati gli ambiti di utilizzo e i vincoli di forma dei contratti per prestazioni coordinate e continuative.

 

 

IX. L’ammodernamento della Pubblica Amministrazione

 

L’ammodernamento e l’efficienza della Pubblica Amministrazione assumono una valenza strategica per lo sviluppo economico e sociale del Paese nel raggiungere i livelli di competitività internazionale richiesti dalla sfida europea. È quindi necessario trasformare una pluralità di amministrazioni in un sistema compiuto in grado di offrire infrastrutture e servizi rapidi ed efficienti che non siano più un impedimento alla crescita del Paese. In questo senso, la riforma federalista dello Stato, i processi di privatizzazione avviati e la omogeneizzazione del rapporto di lavoro pubblico e privato devono rappresentare i momenti fondamentali per la costruzione di un sistema orientato a perseguire gli obiettivi di crescita e di sviluppo, senza tralasciare, tuttavia, la realizzazione di un eguale livello di tutela sociale, evitando, pertanto, il rischio di riprodurre ordinamenti speciali o altre forme di separatezza.

 

 

X. Le pari opportunità e la lotta contro l’esclusione sociale

 

A parte il riferimento all’inserimento o al reinserimento professionale delle lavoratrici (art.5, comma1, lett. a), il disegno di legge delega non prevede una adeguata attenzione al tema delle pari opportunità e alle azioni volte a rafforzare le “politiche di inclusione” e di valorizzazione delle risorse umane, che sono invece parte integrante del modello europeo di Stato sociale.

In questa direzione si sono mossi i Piani Nazionali d’Azione 1999 e 2000, che considerano la promozione di un mercato del lavoro aperto a tutti come uno dei principali strumenti per combattere l’esclusione sociale, e il primo Piano Nazionale per l’inclusione (2001) in cui la strategia scelta è quella di superare una visione assistenziale delle politiche di inclusione a favore di interventi di sviluppo complessivo del sistema.

Ai primi positivi risultati ottenuti in questo campo negli ultimi anni bisogna tuttavia aggiungere e attuare nuove politiche e strumenti ancor più incisivi e mirati.

Occorre dunque proseguire su questa strada e sostenere l’impegno sullo specifico tema delle pari opportunità e della coesione sociale, anche e soprattutto attraverso il dialogo e il confronto tra le Parti Sociali.

 

 

XI. Norme in deroga allo Statuto dei lavoratori e sull’arbitrato

 

Per quanto concerne poi le norme previste agli articoli 10 e 12 del disegno di legge delega, il CNEL registra le posizioni diverse delle Parti sociali, così come si sono pubblicamente espresse.

 

 

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Nella votazione dell’Assemblea hanno espresso voto contrario i Consiglieri:

-Luciano D’Ulizia, rappresentante UNCI, “per la mancanza di proposte in materia di arbitrato e di deroghe all’art. 18 della legge 300 del 1970”;

-Pierpaolo Leonardi, rappresentante CUB, “per l’indisponibilità all’utilizzo dello strumento della delega legislativa per riformare il mercato del lavoro, i diritti e le tutele sul lavoro”;

-Sandro Naccarelli, rappresentante CONFAPI, “per la mancanza di proposte coerenti con l’obiettivo condiviso di elevare il livello di occupazione al 70%”.