RIQUALIFICARE    LA RICERCA E L’UNIVERSITA’ PUBBLICA:

UNA BATTAGLIA DI TUTTI

 

 

            Prima di tutto in linea di principio, coerentemente con quanto già più volte dalle R.d.B. dimostrato, è necessario ricordare a tutti la nostra adesione ad una lotta protesa a salvaguardare il carattere pubblico e laico dell’istituzione universitaria. Pienamente consapevoli del nesso strutturale ed irrinunciabile esistente tra tale carattere e l’esercizio della libera ricerca svolto da ogni docente, ci troviamo ad essere fermamente contrari anche a tutti i possibili provvedimenti normativi e regolamentari che vadano in qualche modo a compromettere irrimediabilmente questi delicati equilibri, sui quali è basata la libertà di pensiero e di ricerca di ogni serio ed impegnato intellettuale-ricercatore italiano.

 

            Per cui se, da un lato, sul piano dei principi ci troviamo in totale accordo con quanto il movimento di protesta, nato per contrastare la riforma Moratti, va affermando; dall’altro, siamo molto più cauti e critici, e quindi naturalmente preoccupati, su altre fondamentali questioni, nel movimento discusse.

            Esistono, infatti, alcuni grossi nodi tematici che non ci si può esimere dall’affrontare, per cercare di mettere in atto un tentativo di riforma utile a fornire una soluzione più equilibrata dei problemi economico-giuridici dell’università. Alcuni dei quali sono macroscopici, altri meno evidenti, ma tutti indubbiamente di grande importanza e di assoluta priorità. Il problema, veramente il problema dei problemi, è quello del precariato. A nostro modo di vedere è lo strumento principale utilizzato dal governo per portare a compimento lo smantellamento del diritto allo studio e di ogni garanzia dei lavoratori universitari.

Di conseguenza non possiamo affrontare il problema del precariato senza che questo venga sottoposto all’interno del dibattito in corso in modo acritico rispetto al passato: la legge Ruberti, l’introduzione della riforma dei crediti e dei cicli universitari etc..., che già da allora operavano gradualmente, ponendo in essere i primi tasselli di una trasformazione in senso aziendale e privatistico di tutto l’assetto istituzionale universitario, favorendo e preparando il terreno a quanto sta ora accadendo.

            E per essere preso in seria considerazione il problema del precariato va posto in stretta relazione al contesto ideo-logico neo-liberista del quale è diretta emanazione. Non a caso le politiche di questo governo, impegnato a colpire in tutti i settori e gli ambiti del lavoro dipendente – sia esso pubblico o privato –, sono ispirate a questa devastante ideologia. Potremmo concludere dicendo, che l’unico riferimento sia quello di una logica che vuole inserire (se necessario anche con l’uso della violenza, vedi polizia per i trasporti) nel mondo del lavoro il “precariato e la flessibilità” come un “paradigma” dogmatico.

 

 

 

             Non si può continuare a ragionare, passando allo specifico universitario, intorno alle forme di lotta da avviare e consolidare contro il decreto della Moratti, senza pensare di progettare delle possibili soluzioni capaci di misurarsi criticamente anche con l’attuale, e il recente passato, dell’assetto normativo vigente, che risulta essere profondamente ingiusto per un numero sempre più consistente di lavoratori e studenti universitari.

 Siamo tutti chiamati in causa per fare, con coraggio e onestà intellettuale, chiarezza circa la netta distinzione delle posizioni e dei ruoli ricoperti dal personale occupato nelle università.  Un conto è, infatti, la situazione di chi si trova assunto nella condizione di eterno precario ed è mal retribuito e altra cosa ancora è la difesa a-critica e corporativa di privilegi di lunga data e consolidati degli associati e ordinari, che sono ormai noti a tutti.

 

Come rappresentanti dei lavoratori tecnici amministrativi non possiamo non denunciare “la questione salariale”, cioè il diritto ad un contratto che assicuri un salario adeguato,  la carenza di organico, aggravata dal blocco delle assunzioni degli ultimi due anni - la perdita dei posti di lavoro sfiora ormai il 10% degli organici -, e non possiamo non rivendicare misure di stabilizzazione del rapporto di lavoro che tendano a valorizzare l'esperienza e le competenze maturate dai lavoratori precari di cui gli atenei sono colmi.

Quella che noi vogliamo è una Università che sappia riconoscere l’importanza e la centralità del Lavoro, a garanzia del primato della Ricerca Pubblica e di Base.

 

Adeguamento dei fondi pubblici, fine della competizione economica tra gli atenei, democratizzazione degli organi di gestione delle autonomie e di rappresentanza del sistema universitario, ripristino del diritto allo studio (e rilancio dei processi di mobilità sociale), riqualificazione della didattica e della ricerca universitaria, ricostruzione di rapporti di mutua collaborazione tra le componenti degli atenei.

 

Questo riteniamo che sia l’orizzonte entro cui intavolare un interessante confronto, valorizzando l’elemento di unitarietà che scaturisce dalla protesta di oggi e che bisogna cogliere e sviluppare: la difesa del carattere pubblico-sociale della formazione e del sapere, dalla Scuola  all’Università. che non può essere consegnato nelle mani del privato.

 

 

Una battaglia di tutti.

 

 

Marzo 2004                                                                                                                                                 

                                                                                   RdB-CUB Università di Tor Vergata