GLI STUDI storici
sulla civiltà italica del terzo millennio hanno fatto un importante
passo avanti con la scoperta del diario d'uno sconosciuto vissuto
nei primi decenni dell'epoca. Un esame preliminare dei suoi
contenuti ci ha indotto a ritenerlo opera d'un "uomo flessibile",
categoria numerosa a quei tempi. In effetti disponevamo già d'una
massa ragguardevole di documenti relativi al Culto della
Flessibilità allora diffuso. Articoli, saggi, fossili di filmati tv,
pergamene d'accordi internazionali come quello famoso tra Italia e
Gran Bretagna di inizio millennio, attestano come la venerazione
della Flessibilità fosse una delle occupazioni principali di quelle
popolazioni.
In ogni settore della vita sociale, culturale,
politica, financo economica, esse parevano anteporre tale culto ad
ogni altro impegno o pensiero. Per la verità, i ricercatori non sono
finora riusciti ad appurare se la Flessibilità fosse creduta essere,
o si volesse far credere che fosse, spirito, sostanza, persona,
archetipo collettivo o logo pubblicitario. Questo diario d'un uomo
che pare praticasse la Flessibilità, per convinzione o per obbligo,
permette comunque di comprendere meglio quale incidenza essa avesse
nella vita quotidiana. Il diario copre un arco di parecchi anni. Ne
riportiamo alcuni brani.
Ottobre 2001. A me la
flessibilità piace. Mi lascia libero di organizzare il mio tempo.
Sono indipendente. E poi si incontrano facce nuove. Lavorare in
aziende sempre diverse è una bella esperienza. Mi arricchisce la
professionalità e mi permette anche di spenderla meglio. È vero che
ogni tanto devo chiedere soldi ai miei per andare in discoteca,
perché tra un lavoro e l'altro magari passa qualche mese. Ma
insomma, se penso a loro che han passato tutta la vita nello stesso
barboso posto, io son molto più soddisfatto.
Giugno
2005. La ditta in cui ho lavorato tre mesi m'ha rinnovato il
contratto per altri sei. Giusto un paio di giorni prima che scadesse
l'altro. Si vede che mi apprezzano. Certo che se me lo dicevano un
po' prima avrei gradito, perché mi risparmiavo di girare le agenzie
e passare nottate in Internet per vedere se trovavo un altro
lavoro.
Gennaio 2006. La mia compagna S. vorrebbe fare
un figlio. Pure a me piacerebbe. Però è anche lei una flessibile -
sta facendo un tempo parziale - e se dovesse capitare che restiamo
tutti e due senza lavoro, tra un impiego e l'altro, non ce la
faremmo. Dunque meglio aspettare. Siamo ancora giovani.
Marzo 2009. La ditta in cui lavoro da sei mesi m'ha
rinnovato il contratto per altri tre. Il capo del personale dice che
per adesso, in attesa del giudizio dei mercati sui loro prodotti,
non possono fare di più. Ma invita ad avere fiducia. Altri hanno
avuto prima o poi il tempo indeterminato. Visto che dove lavoro io
siamo almeno duecento, gli domando quanti sono. Potrebbero essere
addirittura il venti per cento, risponde, facendomi due o tre
nomi.
Maggio 2010. Insieme con S. sono andato in
banca. Vorremmo comprarci un alloggetto. Anche se alla fine non
lavoriamo in media più di otto o nove mesi all'anno, guadagniamo
abbastanza. Però avremmo bisogno d'un prestito o d'un mutuo.
L'impiegata sta a sentire, fa qualche domanda, poi dice che non si
può. I prestiti o i mutui si concedono soltanto a chi ha un lavoro
stabile. Per consolarci ci confida che nemmeno lei, impiegata di
banca, potrebbe avere un mutuo. È una temporanea.
Novembre
2014. Dopo sette rinnovi consecutivi di vari tipi di contratto -
un paio di interinali, tre o quattro a tempo determinato, altri due
CCC, cioè di collaborazione coordinata - la ditta mi ha proposto un
contratto a tempo indeterminato. In cambio mi chiede soltanto, per
via della flessibilità, di rendermi disponibile al lavoro a turni,
sei ore comprese in un qualsiasi intervallo tra le 7 e le 24, in
qualunque giorno, sabato e domenica inclusi. Ogni settimana l'orario
del turno può cambiare. Naturalmente loro si impegnano a farmi
sapere quale sarà il mio orario con almeno due o tre giorni di
anticipo. Naturalmente ho accettato.
Gennaio 2015. Ho
saputo da un biglietto di S. - adesso facciamo turni con orari
diversi, così ci lasciamo messaggi sulla porta del frigorifero - che
il medico le ha detto che se vuole avere un figlio dovrebbe
sbrigarsi. A 35 anni una donna è anziana per avere un primo figlio.
Lei però è ancora indecisa. Adesso ha un CCC, ma sta per scadere e
non ha ancora trovato altro. E se non lavora lei non paghiamo
l'affitto, altro che il latte in polvere e una tata. Ci vorrebbe una
legge apposta, per le madri flessibili.
Luglio 2016.
Mia madre vorrebbe sapere con precisione quale lavoro faccio. Per
dirlo ai parenti, agli amici che chiedono notizie. Sostiene che la
mette a disagio non poter rispondere che suo figlio, per dire, fa
l'elettricista, o l'impiegato all'anagrafe, o il disegnatore di
dépliants. Vorrei risponderle, perché ormai ha l'aria proprio
vecchia. Il fatto è che, dopo tanti lavori, non lo so nemmeno io chi
sono, che cosa sono. Da qualche tempo mi fa male la schiena. Ho
prenotato una visita.
Luglio 2018. Dato che bisogna
essere previdenti, ho chiesto a un'esperta a quanto potrebbe
ammontare la mia pensione. M'ha parlato di ricongiungimenti, casse
separate, regime contributivo, e dello sbaglio d'aver cambiato tante
volte lavoro e azienda. Posso aspettarmi, in conclusione, una
pensione pari a circa un terzo di quello che prendo al mese, quando
lavoro. Ma con una pensione pari a un terzo dello stipendio mica si
vive. Quindi le ho chiesto cosa dovrei fare per aumentarla. Dovresti
investire almeno un terzo di quello che guadagni in un fondo
integrativo, ha detto.
Settembre 2018. Non sono ancora
riuscito ad andare dal medico. Ogni volta che faccio la
prenotazione, capita che sono di turno.
Dicembre 2018.
La ditta, di cui ho sentito che sta andando benissimo, mi ha
licenziato. Ho protestato, ricordando che il mio contratto era a
tempo indeterminato. M'hanno spiegato gentilmente che da quando lo
statuto dei lavoratori è stato abolito, indeterminato significa
soltanto che è l'azienda a decidere quando il contratto
termina.
(Mese illeggibile del 2022). Quest'anno sono
riuscito a lavorare soltanto sei mesi. Le aziende mi fanno
difficoltà perché, alla mia età, non ho abbastanza formazione. I
giovani che arrivano adesso dalla scuola sono più preparati e
flessibili. Per fortuna nell'azienda in cui lavoro adesso ho
ritrovato F., ex compagno di scuola. È diventato capo settore, un
uomo importante. Gli ho chiesto com'è riuscito a far carriera. Beh,
dice, ho cercato di restare nella stessa azienda il più a lungo
possibile. Se uno salta di qua e di là, da un posto all'altro, mica
lo promuovono. Ti pare?
Chiudiamo qui, per ora, il diario
dell'uomo flessibile. Come ben sanno gli storici, le cause del
rapido declino della civiltà italica del terzo millennio d. C. sono
tuttora avvolte dal mistero. L'ipotesi d'un avvelenamento collettivo
da piombo delle condotte d'acqua, già affacciata per spiegare il
crollo d'una civiltà fiorita nello stesso territorio 15-20 secoli
prima, va scartata in base alle indagini compiute con i nostri
super-spettrografi di massa. Ma sulla base di quest'ultimo
ritrovamento, ci pare lecito ipotizzare che il culto della
Flessibilità, distraendo ipnoticamente i capi come le masse da ogni
altro fine esistenziale, abbia avuto in tale declino un peso non
lieve. Le nostre ricerche su questo fascinoso tema
proseguiranno.
(20 febbraio
2002)
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