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RAPPRESENTANZE SINDACALI DI BASE Federazione del Pubblico Impiego, Servizi, Industria e Settore Privato CONFEDERAZIONE
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Università -
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Lettera aperta al presidente CRUI, Prof. TOSI.
E p.c.: Ministro MIUR
L. Moratti
Rappresentanti
parlamentari
Gentile
Professore,
approfittiamo
dell’occasione offertaci dalla ormai rituale presentazione della “Relazione
sullo Stato delle Università Italiane” per esprimere alcune nostre
considerazioni sul passato e sulle prospettive dell’Università nel nostro
Paese, la sua natura, il suo ruolo sociale.
Cominciamo col dire che apprezziamo e sottoscriviamo
la mozione della stessa CRUI del 23 Giugno u.s.
con cui si rigetta il ventilato DDL sullo stato giuridico della docenza.
Noi leggiamo con preoccupazione il disegno che sta
dietro quel progetto di riforma: il totale smantellamento dell’Università
Pubblica, la dispersione di un patrimonio culturale, scientifico, di conoscenze
e competenze e, di converso, un futuro di subalternità ad altri paesi che fanno
della Conoscenza e della Ricerca l’asse strategico di ogni loro piano di
sviluppo sociale ed economico, oltre che culturale e scientifico.
Una prospettiva che non allarma la sola comunità accademica, ma anche
la stessa opinione pubblica e che, quindi, non può essere ricondotta e ridotta
alle sole problematiche dello stato giuridico della docenza e dei ricercatori.
Per quanto già sufficientemente grave, questo aspetto
risulta infatti appena parziale.
Il Disegno di Legge in questione rappresenta oggi la
pietra tombale su ogni possibile anelito di riscatto sociale che, in ultima
analisi, è la condizione stessa che ha regolato, nel bene come nel male, ogni
sviluppo del nostro Paese dal dopoguerra ad oggi.
La precarietà e la precarizzazione, che già
massicciamente informano i rapporti di lavoro nell’Università, sono causa e
conseguenza dei processi di più generale precarizzazione della vita degli
atenei a seguito delle riforme privatistiche ed aziendalistiche del sistema
universitario che hanno modificato lo stesso uso del termine “autonomia” degli atenei: un’assurda ed improduttiva
accentuazione dell’aspetto “finanziario”, a scapito dei più importanti termini
di Autonomia Didattica e di Ricerca.
E’ utile ricordare che avevamo denunciato già da anni
l’introduzione e l’abnorme ed ingiustificato abuso degli strumenti di
cosiddetta “flessibilità” nei confronti del personale Tecnico Amministrativo, e
che ciò avrebbe finito inevitabilmente col contagiare ogni ruolo accademico.
Facile profezia, tuttavia inascoltata…
Oggi siamo purtroppo costretti a ragionamenti col
“senno del poi”.
Non possiamo dunque limitarci a denunciare le
nefandezze governative. Occorre infatti dire, e con sincero dispiacere, che
spesso i provvedimenti dettati dalle “autonomie” sono dannatamente più efficaci
degli stessi provvedimenti governativi. Il ricorso sistematico e crescente al
precariato (docente e tecnico amministrativo), il ricorso a consulenze,
appalti, etc… non trova giustificazione solo nelle urgenze di bilancio. Lo
spezzettamento degli atenei attraverso le Fondazioni è difficilmente
giustificabile alla luce di una mobilitazione contro l’attacco governativo alla
Didattica ed alla Ricerca Pubblica e per la tutela e la riqualificazione
dell’Università Pubblica.
Come tacere, ad esempio, del progetto di trasferimento
di patrimonio, competenze e servizi messo in pista dall’Università Mediterranea
di Reggio Calabria, e dopo un duro confronto col Governo che proprio in quella
città andava a sponsorizzare una nuova Università privata?
Oppure, ancora, che dire dello scandaloso
“trasferimento” di competenze (e relative “spettanze”…) sulla gestione dei
master dall’Università di Bologna alla “sua” Fondazione Alma Mater? Provvedimenti dettati da ratio funzionale o
non, piuttosto, vecchie abitudini di scambi di favore baronali? Sono solo gli
ultimi esempi di una lunga lista.
Abbiamo troppe volte assistito - e denunciato ed avversato – fin troppi
provvedimenti che, all’interno di Consigli di Amministrazione e/o di Senati
Accademici, riuscivano a ledere gli interessi dell’Istituzione Pubblica
dell’Università.
E troppe volte abbiamo dovuto prendere atto della
sordità dell’Accademia e della Politica.
Più volte ci è sembrato che la discussione su chi e
come banchettasse sulle carni dell’Università non interessasse poi più di
tanto, se non pochi “irriducibili”,
forse memori di passate – e più gratificanti… - battaglie.
Eppure una discussione, per quanto parziale e
confinata soprattutto agli “addetti ai lavori”, ha iniziato ad essere presente
in questa passata stagione, come anche Lei ricorda nel Suo invito, tra
intellettuali e mondo produttivo.
E, aggiungiamo noi, anche grazie al contributo della
componente Tecnico Amministrativa, spesso più sensibile di altri alla difesa
della nostra Istituzione.
Oggi, per battere il disegno governativo che sta
dietro il DDL sullo stato giuridico della docenza, come dei tagli di bilancio,
è necessaria l’unità di TUTTA la comunità accademica ed il coinvolgimento
dell’opinione pubblica del Paese.
Ma come è pensabile l’unità
della comunità accademica se le autonomie comprimono tutti gli spazi di
democrazia e blindano gli spazi di confronto tra le componenti, e tra queste e
gli organi di governo, come dimostrano i brutti esempi di impedimento alle
assemblee dei lavoratori, indette dai rappresentanti sindacali eletti in RSU,
ed in particolare dalle RdB, sindacato divenuto rappresentativo, ma ancora
“dimenticato” dalla “certificazione” dell’ARAN….?
Come è possibile coinvolgere l’opinione pubblica del
Paese se le autonomie contrastano ogni sacrosanta rivendicazione di accesso al
sapere da parte di TUTTE le classi sociali? Come è possibile far ciò se
l’attività dell’Università è sempre più legata agli interessi privati delle imprese
e sempre meno a quelli della società? Come è possibile se la baronia è la prima
predicatrice e produttrice di precarietà sociale?
L’invito dunque è ancora una volta a voler considerare
a “più largo raggio” non solo le implicazioni di “categoria” del DDL
governativo, ma soprattutto a combatterlo come problema dell’intera società
italiana.
Ci auguriamo quindi che questa sia la volta giusta per
affrontare alcuni nodi che possono e debbono essere risolti innanzitutto dalla
componente docente che Lei rappresenta e presiede.
Attendiamo dalla Politica e dalle forze parlamentari
dei segnali di reale interessamento e di partecipazione alla discussione, anche
per evitare di ripercorrere tragici errori del passato.
Cordialità.
Roma,
14.09.05
RdB/CUB Università