Argentina

 

Il colpo di stato militare in Argentina avvenuto nel 1976  instaurò una  dittatura militare,  fino  al 1983, che  è responsabile  della scomparsa di più di trentamila persone. Sono questi gli anni della guerra sporca, quando si applicò la “dottrina della sicurezza nazionale” cioè del terrorismo di stato contro la popolazione civile.

Ci sono stati poi altri colpi di stato militari falliti, e altri colpi di stato politici ed economici invece ben riusciti.

 Nel 1989 il presidente eletto Alfonsin non riuscì a finire il suo mandato perché i suoi progetti di privatizzazione (trasporti: ferrovie, linee aeree, mezzi di comunicazione, servizi postali, telefoni) erano impopolari. Fra scioperi e concertazioni fra l’oligarchia agro-zootecnica e sindacati si scatenò l’iperinflazione. Alfonsin, ostaggio dei militari, promulgò le leggi di “punto final” prima e di “ubbidienza dovuta” dopo. Queste leggi non riuscirono ad evitare ai capi militari di essere condannati per alcuni dei crimini dei quali sono responsabili.

Il presidente eletto Menem, successore di Alfonsin per prima cosa spaccò la Confederazione Generale dei Lavoratori, poi tradendo i suoi elettori concedette l’indulto e completò il lavoro di privatizzazioni svendendo tutto a capitali stranieri. Decretò la parità peso-dollaro, regalando così al paese una decade di stabilità monetari mentre si dilapidavano i magri guadagni delle privatizzazioni e si esaurivano le riserve monetarie nazionali.

Nel dicembre 2001, dopo che il segretario del tesoro nordamericano O’Neill, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale si sono rifiutati di concedere all’Argentina un prestito di nove miliardi di dollari per pagare i servizi del debito estero, l’economia argentina è crollata.

Non sono state le banche a rimetterci, bensì i piccoli risparmiatori, la classe media già in via di estinzione.

Perché si sono rifiutati? Forse rimane da privatizzare la sanità, l’istruzione, l’assistenza sociale?

Sono questi gli eccessi della spesa pubblica che gli argentini non dovrebbero permettersi?

L’Argentina è stata la prima della classe ad applicare rigorosamente la ricetta del FMI. Dopo tutti questi anni di politica neoliberista, in questo paese, grande produttore di grano e carne, ci sono bambini che muoiono di malnutrizione.

Fu necessaria la dittatura più feroce per poter spezzare la combattività, la coscienza, la volontà di un popolo. Torture, esilio, 30 mila desaparecidos furono i requisiti per l’imposizione del neoliberismo.

Che c’entra il colpo di stato in Cile nel 1973 con l’Argentina o con il resto del Latino America? 

Sempre nel ‘73, il 27 giugno, si dissolvono le camere legislative in Uruguay e ha inizio il lento colpo di stato che si conclude nel ‘76 (il 12 giugno).  Mentre in Argentina, un brevissimo governo eletto di sinistra (Hector Campora) facilita il ritorno di Peron, esiliato in Spagna, e la sua rielezione il 23 settembre. 

Le dittature in Argentina, Brasile, Uruguay, Bolivia, Cile, Paraguay sono tutte fondate sulla dottrina della sicurezza nazionale. Non c’è alcuna cooperazione economica o sociale  privilegiata tra di loro, sì invece collaborazione nell’area militare:

E’ l’operazione condor a coordinare la repressione: fornisce consiglieri militare americani, addestra ufficiali negli stati uniti (a West Point) e nella scuola delle americhe in Panama, viene istituita una rete di comunicazione su scala continentale per scambiare informazione e non solo, si scambiano anche prigionieri, arrestati senza ordini di cattura e scambiati senza richieste di estradizione; infine partecipano agli interrogatori, alle torture, alle esecuzioni squadre internazionale.

Pochi anni più tardi, i già esperti ufficiali argentini andranno ad addestrare i primi contingenti di contras con un primo fondo di 19 milioni di dollari stanziati da Regan (dic 81),  che avranno il compito  di estirpare il nuovo cancro: la rivoluzione sandinista in Nicaragua.

La responsabilità diretta di Nixon e Kissinger nel colpo di stato in Cile ci è stata confermata quando la CIA declassificò i documenti  il 13 novembre  del 2000.

Ignorare il coinvolgimento degli Stati Uniti nei colpi di stato in  Brasile nel 64, in Bolivia nel 71, in Cile nel 73, in Argentina e Uruguay nel 76  è come ignorare che la amministrazione Bush  ha orchestrato il fallito colpo di stato in Venezuela l’11 aprile  del 2002 e finanziato gli scioperi di più di due mesi  dei produttori di petrolio che hanno messo in ginocchio l’economia nel Venezuela all’inizio di quest’anno. (The economist, 8 febbraio 2003)

 

Nella lotta al comunismo, l’antico nemico, sono morti in America Latina migliaia e migliaia di persone. Solo in Guatemala duecentomila persone e trentamila scomparsi, settantamila nel Salvador. Non so quanti in Nicaragua.

Nella lotta al terrorismo il governo degli Stati Uniti sta nuovamente militarizzando l’America Latina. Si sono già insediati i marines nordamericani in Colombia, Ecuador, Bolivia, Perù, Argentina e Guatemala, per garantire la sicurezza delle Americhe, priorità cara agli Stati Uniti.

 

Sul piano economico, tra gli anni 30 e 70 fioriscono le industrie nazionali: industria leggera e pesanti. La fine di questo sogno inizia a metà degli anni 70.

Stagnazione della produzione, inflazione cronica ed esplosiva, disoccupazione crescente, fuga costante dei capitali, crisi bancarie, forte indebitamento estero caratterizzano la seconda metà degli anni 70. Con gli 80 arriva la privatizzazione selvaggia, l’incremento straordinario e illegittimo del debito estero, l’apertura al commercio internazionale e la conseguente disoccupazione di massa.

Nei  90 si consolida il “nuovo ordine mondiale” che impone la dittatura di mercato amministrata dal  FMI, Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) con l’aiuto dalla NATO e Nazione Unite compresa.

Il carattere immorale di queste istituzioni è messa in evidenza da pochi numeri:

Nel l’82, i debiti esteri dei paesi più industrializzati di Americalatina: Brasile, Messico, Argentina, raggiunge livelli senza precedenti. Nell’82 crolla l’economia messicana, dopo le naturali trattative il Messico ottiene il rifinanziamento del debito.  Nell’84 il Messico sborsa più di 16 miliardi di dollari, l’equivalente al 57% del totale delle esportazioni. Nell’85 il governo di Alan Garcia in Perù  decide di non utilizzare più del 10% del prodotto interno lordo per il pagamento del debito estero,  il Perù viene dichiarato ineleggibile per altri prestiti dal FMI, nello stesso periodo il FMI impone all’Egitto un brutale programma di austerità mentre concede a Pinochet 820 milioni di dollari.

Qualche anno dopo i paesi debitori hanno pensato bene di fare un club di debitori a imitazione del Club di Parigi, genitori del WTO, che si sono riuniti a Montevideo dall’87 al 93 nel chiamato Uruguay Round.  Come era d’aspettarsi il FMI e il Club di Parigi hanno impedito ai paesi debitori di cercare una strategia comune forzandoli a trattare  separatamente  per rendergli più deboli.

Dopo l’ingresso del Messico nel NAFTA  nel 94  sei milioni di campesinos hanno già perso la terra. La prossima creatura  degli stati Uniti è  L’ALCA (area del libero scambio delle Americhe) prevista per il 2005.  Nel frattempo le popolazione del Messico e dell’America Centrale  resistono al piano Puebla-Panama che si inserisce nello stesso contesto dei trattati di libero commercio che cercano di rafforzare l’economia capitalista senza alcuna considerazione sociale o ecologica.

L’aumento della dipendenza delle economie nazionali dai prodotti agricoli made in Usa è vertiginoso, la sicurezza alimentare degli abitanti dell’America Latina e messa a rischio dell’invasione di sementi transgeniche.

La privatizzazione del patrimonio naturale collettivo attraverso il culto del brevetti è un furto colossale che non risparmia le piante utilizzate da secoli a scopo curativo dalle comunità rurali.

Dai 120 milioni di persone che vivevano sotto la soglia della povertà in America Latina nel 1980 si è passati nel 2001 a 214 milioni (43% della popolazione) di cui 93 milioni conoscono i tormenti della indigenza (19% ) [Cepal: commissione economica per l’america latina. Cile 2002]

 

Tornando all’Argentina:

Nel dicembre 2001 la banca privatizzata (controllata da gruppi stranieri) sequestrò i risparmi degli argentini dando origine alle proteste del 19 e 20  (con un costo  di  più di 20 vite).

Questa data significò il risveglio della coscienza negli Argentini: da allora si sono messe in moto diverse esperienze di autogestione operaia: più di duecento  fabbriche chiuse o addirittura abbandonate sono state occupate dai lavoratori licenziati  che le hanno riimesse nuovamente nel ciclo produttivo.  Si rivitalizzarono i movimenti dei lavoratori disoccupati e i movimenti piqueteros, nacquero le assemblee popolari, i mercati comunitari dove è possibile scambiare generi di quotidiana necessità o servizi senza l’utilizzo di denaro. Nonostante questo risveglio si è arrivati alle elezioni presidenziali senza un progetto  popolare alternativo.

Nonostante questa mancanza la vittoria casuale di Kirchner ha avuto risultati inaspettati: nei primi tre mesi del suo governo ha decapitato i vertici militari, costretto il presidente menemista della corte suprema a dimettersi, revocato le leggi che impedivano l’estradizione dei militari genocidi, ha firmato l’adesione alla Convenzione ONU sulla imprescrittibilità dei crimini di guerra e dei crimini di lesa umanità, la camera dei deputati  ha dichiarato insanabilmente nulle le leggi di punto final e ubbidienza dovuta.   All’ FMI ha detto che l’Argentina non pagherà i debiti a scapito della crescita economica e la fame, ha annunciato che i contratti di privatizzazione delle aziende europee e americane che gestiscono le imprese ex-statali dei servizi pubblici saranno rivisti uno a uno.

 

La fisionomia del mondo è cambiata, la guerra fredda è finita. Ora  è in vigore il nuovo ordine mondiale. Ma gli obiettivi e i metodi sono sempre gli stessi. Nemmeno il linguaggio usato è meno spudorato. Nonostante ciò, con l’appoggio incondizionato e la complicità dei mezzi di comunicazione sono riusciti ad addomesticarci.

 

Il 1° gennaio 2003 lascia sperare l’inizio di un nuovo ciclo per l’America Latina: in Brasile  Lula nel  suo discorso inaugurale ha  affermato:   “Poiché tutta L’America Latina  ci sta  a guardare, e  poiché siamo noi ora a portare le speranze di tutti i Latinoamericani, non abbiamo il diritto di fallire!”.

 

Comitato contro la guerra – Università di Roma “Tor Vergata”