0 -  COLOMBIA

La Colombia ha un’estensione territoriale di 1.141.748 Kmq., circa tre volte e mezzo l’Italia. E’ principalmente attraversata nella zona occidentale da tre catene montuose con vette che raggiungono quasi i 6.000 metri. Ad est e in quasi tutta la zona Meridionale del paese si estendono le enormi pianure de Los Llanos. La Colombia è ricca di fiumi, molti dei quali sono utilizzati come vie di comunicazione (Rio Atrato, Rio Sucio, Rio Magdalena, ecc.). E’ amministrativamente suddivisa in 5 Regioni (Caribe, Pacifico, Andina, Orinoquia e Amazonas) e 32 Dipartimenti. Gli abitanti sono circa 35 milioni, dei quali il 47 %  meticci, il 24 %  mulatti, il 20 %bianchi, il 6 % neri e il 2,2 % indios.  Solo nella capitale, Santa de Bogotà, risiedono circa 7milioni di abitanti, popolazione continuamente in crescita dato l’elevato numero di sfollati dalla violenza degli apparati dello Stato, che raggiunge e popola le favelas delle grandi città.

La Colombia produce ed esporta principalmente Caffè, Banano e Petrolio. Non indifferente è la produzione di pietre preziose e oro. Ma l’attività più fiorente, a parte la coltivazione e lavorazione della foglia di Coca, è l’allevamento, specie bovino.

Il 3 % dei colombiani possiede il 65 % delle terre più fertili del paese.

 

1 – STORIA

 

*      24 Giugno 1497 - Amerigo Vespucci mette piede sulla coste della “Nueva Grenada”, la Colombia.

*      1536 – Inizia la penetrazione delle truppe spagnole con Pizarro e Cortés.

*      Rivoluzione dei “Comuneros”. Il popolo si solleva in armi contro il Vicerè spagnolo e i sindaci per protestare contro i continui aumenti del costo degli alimenti. Con il contributo ingannevole dell’arcivescovo e degli stessi sindaci, gli insorti vengono disarmati dopo aver ricevuto formali promesse. Nessuna di queste viene mantenuta e alla beffa si aggiunge la repressione. Antonio Galan, leader della rivolta, e cinque suoi fedeli vengono assassinati. Questi episodi caratterizzano tutta la storia della ribellione popolare colombiana contro la colonizzazione.

*      1800 – Iniziano vere e proprie guerre di liberazione attraverso il contributo di due famosi generali: Simon Bolivar, “El Libertador”, con la visione della “Grande Patria Latino Americana”, e Santander, un giustizionalista figlio di un avvocato.

*      1819 – La Colombia conquista l’indipendenza dalla Spagna e S.Bolivar ne diventa il Presidente. Tutto il sistema comunque resta in mano ai “Criollos”. Fino al 1886, la Colombia resta, nel grande sogno bolivariano, unita al Venezuela, Panama ed Ecuador.

*      Tra il 1810 e il 1900, si scatenano oltre 50 conflitti armati, tra guerre locali, nazionali ed internazionali; praticamente una guerra ogni due anni con l’emanazione di 12 costituzioni diverse. La cosiddetta “Guerra dei Mille Giorni” fu soltanto l’ultimo conflitto del XIX secolo. Ebbe inizio il 17 Ottobre 1899 e si prolungò per tre anni. Inizia concretamente una furibonda contesa armata del potere tra Conservatori (legati alla tradizione e alla chiesa) e Liberali (almeno fino alla metà del XIX sec., difensori degli umili e paladini delle idee radicali e progressiste). Nel corso degli anni successivi tutti e due i partiti verranno a rappresentare i medesimi interessi dell’Oligarchia colombiana.

*      1920 – Con i primi governi “fantoccio” in tutta l’America Latina, inizia anche in Colombia la penetrazione delle Multinazionali nord-americane nei settori della produzione di banane e nell’estrazione petrolifera.

*      All’inizio del secolo, gli USA decidono la realizzazione del Canale inter oceanico di Panama. Appellandosi al diritto internazionale, reclamano l’autonomia del territorio panamense dallo Stato colombiano, di cui faceva parte fino al 1904. Gli USA invadono Panama aprendo un contenzioso politico e militare con la Colombia. Dal negoziato finale, il territorio panamense viene acquistato per 30.000 dollari. Ottenuta l’indipendenza e l’autonomia, Panama si trasforma in un enorme cantiere per la realizzazione del Canale.

*      1920 – Nasce il Partito Socialista Rivoluzionario (PSR) che riunisce in sé maggiormente i lavoratori del settore petrolifero.

*      1927 – Massacro dei lavoratori bananieri in sciopero contro la “United Fruit Company”. Non è mai stato accertato il numero esatto dei lavoratori assassinati.

*      1927 – Il PSR lancia la parola d’ordine dell’insurrezione. A Barrancabermeja, zona petrolifera dove il partito ha un grande seguito popolare, prende il potere e lo mantiene per oltre un mese fino all’arrivo dell’esercito nazionale.

*      1930 - I Conservatori perdono il potere acquisito con la guerra. La Colombia vive una forte spinta rinnovatrice attraverso un liberalismo rinnovato e più radicale che incoraggia le lotte agrarie, quelle indigene e la formazione dei sindacati. Inizia l’era dell’industrializzazione applicata anche nel settore petrolifero ed agrario (banane, caffè, canna da zucchero, ecc.).

*      1930 – Nasce il Partito Comunista Colombiano (PCC). Al suo interno già si avvertono le profonde discrepanze sull’adesione alle internazionali.

*      1940 – Scompare il PSR. I libri di storia, come del resto la stessa sinistra colombiana, hanno cancellato questa esperienza politica popolare.

*      1942 – Un nuovo elemento di perturbazione entra nello scenario politico e sociale colombiano: la classe operaia, finalmente organizzata, inizia a partecipare allo scontro capitale - lavoro.

*      1946 – I conservatori, dopo 16 anni, riconquistano il potere.

*      9 Aprile 1948 viene assassinato il leader e candidato liberale Jorge Elicier Gaitan. Avvocato, da tutti conosciuto come difensore delle cause lavorative dei bananieri, considerato leader di origine popolare e di tendenza socialista. Dopo questo assassinio si scatena una rivolta popolare. Brucia il centro di Bogotà (il “Bogotazo”). Insurrezioni armate spontanee si registrano in tutto il paese.

*      Dal 1948, fino al 1957, inizia quello che viene definito il “Periodo della Violenza”. Liberali e conservatori si scontrano ovunque senza esclusioni di colpi. Oltre 300.000 colombiani, quasi tutti contadini o persone di estrazione proletaria restano uccisi. Intere famiglie vengono trucidate come strumento di persuasione e di terrore. Ma il vero obiettivo è la proprietà della terra e i latifondisti usano tutti i mezzi possibili per allontanare i contadini dalle zone più produttive del paese.

*      I Conservatori danno vita alle prime esperienze di squadroni della morte, “Los Pajaros” gruppi di sicari che si incaricano dell’eliminazione fisica selettiva degli oppositori, mentre la Chiesa incita alla violenza contro i liberali accusandoli come sovversivi.

*      1950 – Con 50.000 uomini, si costituiscono i primi fronti guerriglieri di chiara matrice liberale. Con il sostegno e l’appoggio del partito, la “guerriglia” occupa la zona de Los Llanos. Ma ben presto le contraddizioni nel seno degli insorti generano profonde divisioni. Due gruppi maggioritari, “Los Limpios” e “Los Comunes”, cominciarono a darsi battaglia senza tregua. I primi, espressione della fedeltà al partito, si opposero ai Comunes che, allontanandosi progressivamente dal liberalismo, cominciarono a confluire nelle tesi del Partito Comunista, dando battaglia non solo più al governo conservatore, ma lottando contro l’intera oligarchia colombiana.

*      1953 – Sale al potere Gustavo Rojas Pinilla che emana un'amnistia generale ottenendo il disarmo di ampi settori della guerriglia liberale. Nasce il Fronte Nazionale, ovvero l'alternanza al potere tra liberali e conservatori con un’equa ripartizione di tutti i settori di potere tra i due partiti: Ministeri, Banche, Imprese…

*      1955 – La pace non dura. Un ampio settore della dissidenza liberale non accetta le condizioni del negoziato di pace e i suoi membri, ormai sotto l’influenza del PCC e bollati come banditi, riprendono le armi.

*      1960 – J.F.Kennedy in Colombia, lancia la proposta della “Alleanza per il Progresso”.

*      1960 – Il prete spagnolo Manuel Perez Martinez in compagnia di altri due sacerdoti, arriva in Colombia.

*      1960 – Figlio di una famiglia borghese colombiana irrompe nella scena politica e sociale del paese Camilo Torres Restrepo. Studia in Belgio come sociologo e sacerdote. Tornato in Colombia come cappellano dell’Università Nazionale, da dove aveva iniziato gli studi, genera enormi contraddizioni nel movimento cattolico per il suo profondo e dichiarato compromesso con la causa dei poveri.

*      1962 – Camilo, sacerdote, cristiano-marxista, fonda il “Frente Unido” che, anche non partecipando alle elezioni, ha la pretesa di costruire un movimento di massa non clandestino. Crea la Facoltà di Sociologia nell’Università Nazionale. Il Governo gli chiede esplicitamente di abbandonare la vita politica.

*      1962 – Nelle zone dove i Comunes sono riusciti ad affermarsi, le cosiddette “Repubbliche Indipendenti” (Marquetalia, El Pato, ecc..), le formazioni dissidenti della guerriglia liberale, i Comunes, e il PCC, danno vita alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC). Di ispirazione Marxista Leninista, radica le sue origini nella lotta agraria nazionale e nell’insegnamento delle esperienze dei partiti comunisti dell’epoca (URSS).

*      7 Gennaio 1965 – Ventisette guerriglieri attaccano il distaccamento militare e la Cassa Agraria nel paese di “Simacota”, un piccolo centro montagnoso. Con la dichiarazione pubblica del “Manifesto di Simacota”, fa la sua apparizione pubblica l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). L’attuale comandante politico dell’ELN, Nicolas Rodriguez Bautista, all’epoca aveva 14 anni.

*      15 Febbraio 1966 – In un combattimento con l’esercito nel dipartimento di Santander, muore Camilo Torres. Il Fronte Unito crolla su se stesso.

*      1967 – Dalla scissione del Partito Comunista Colombiano – Marxista - Leninista (filo cinese), nasce l’Esercito Popolare di Liberazione “EPL”.

*      1972 – Nel tentativo di realizzare un incontro nazionale per favorire l’unificazione dei diversi fronti guerriglieri dell’ELN, l’esercito con migliaia di uomini attacca e distrugge tutto l’apparato militare della guerriglia elena. E’ un periodo caratterizzato dalla radicalità ideologica, verticalismi esageratamente rigidi e frazionisti. Fabio Vasquez Castaño, leader e cofondatore dell’ELN, abbandona l’organizzazione e viene delegittimato dai pochi sopravvissuti.

*      1973 – Le scissioni si moltiplicano in tutte le organizzazioni. Dal PCC si separa il PCML. Dal PCML si genera l’EPL. Il PCC influenza politicamente il suo “braccio armato”, le FARC. L’ELN resta con un solo fronte guerrigliero con poco più di alcune decine di uomini.

*      Settembre 1978 –Minacce telefoniche, sequestri di persona ed attentati contro militanti ed Organizzazioni della sinistra vengono sempre più spesso rivendicati dalla “Triple A” -Alleanza Anticomunista Americana-. I suoi militanti clandestini non sono altro che militari in forze al Battaglione di Intelligenza e Controintelligenza “Charry Slolano”, il “BINCI”. Il PARAMILITARISMO comincia ad essere assunto a POLITICA DI STATO.

*      1978–1985 – La “accumulazione di Forza” della guerriglia comincia a dare frutti. Si moltiplicano i fronti delle diverse organizzazioni in armi. Le FARC, maggioritarie sia sul piano del numero dei suoi militanti che sul piano dell’articolazione del proprio progetto politico, mantiene la caratteristica classica della costruzione dell’esercito popolare rivoluzionario demandando, fino all’epoca, la dimensione politica, al Partito Comunista.

Sulla stessa impostazione l’EPL, terza forza in ordine di numero di militanti e di peso politico, che rielaborando la propria impostazione ideologica con il PC-ML, naufraga dal Maoismo a una visione filo-albanese. L’ELN continua a mantenere la sua struttura politico - militare con particolare riferimento all’esperienza della Rivoluzione Cubana, pur includendo una sostanziale componente cattolica della Teologia della Liberazione.

*      1980 – Prima apparizione del “Movimento 19 Aprile”, ( M19 ). Il gruppo nasce geneticamente all’interno del “Partito di Alleanza Popolare”, fondato dallo stesso ex Presidente Rojas Pinilla dopo la sua mancata rielezione alla fine degli anni 50. L’M19 si contraddistingue per la spettacolarità delle sue azioni armate; l’occupazione di radio o televisioni con la proclamazione di comunicati in diretta, di distribuzione dei “bottini” di guerra tra le popolazioni marginali, fino all’occupazione militare del Palazzo di Giustizia nell’82 che provocò l’intervento massiccio dell’Esercito con la morte di centinaia di persone tra sequestratori e sequestrati. Tra questi, giudici, magistrati, avvocati e semplici cittadini.

*      1982 – Inizia un primo lungo e travagliato processo di Pace che confluisce nelle apparenti aperture del Governo di Belisario Betancur (1985).

*      1985 – Per favorire l’avvio di un reale dialogo di Pace e l’eventuale reiserimento nella vita politica civile, le distinte organizzazioni guerrigliere costituiscono le loro rappresentanze politiche. Dalla relazione tra il PCC e le FARC nasce “Union Patriotica”, che raggiungerà il 4 % dei voti nelle presidenziali dell’86. Dal PC-ML e l’EPL nasce il “Frente Polular”. Dall’unione del Movimiento de la Izquierda Unida “MIR”, “Patria Libre”, il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori, “PRT” e l’ELN, nasce “A Luchar!”.

*      1980-1985 – Si sviluppa e matura l’alleanza politico – economico - militare tra Stato, Narcos, Esercito ed Oligarchia nazionale dando vita in tutto il paese al “Progetto Paramilitare”. In pochi anni e sotto il fuoco incrociato dei corpi armati dello Stato e dei paramilitari, oltre 2.500 militanti dell’U.P. vengono assassinati. Il Frente Popular si disintegra. “A Luchar!” scompare.

*      27 Settembre 1987 – Nasce la “Coordinadora Guerrigliera - Simon Bolivar” (CGSB). Ne fanno parte le FARC, l’ELN, le residue forze dell’EPL, i fronti dell’M-19 ----che non si erano smobilitati e il “Quintin-Lame”, un’organizzazione armata indigena.

*      1987 – Come frutto dell’alleanza tra il MIR, Patria Libre e l’ELN, si costituisce la “Union Camilista” (UC). Questa, fondendosi con l’ELN, forma la “UC-ELN”.

*      1990-1991 – L’M-19, il PRT, il Quintin-Lame e la maggioranza dei militanti dell’EPL, abbandonano la lotta armata e costituiscono il “Partito Alleanza Democratica-M 19” con il quale ottengono alcuni seggi al parlamento e il controllo di alcuni incarichi governativi. Sotto lo stillicidio di eliminazioni selettive degli ex guerriglieri ad opera dei paramilitari, oltre 2000 militanti dell’EPL abbandonano la lotta armata dando vita, sotto l’influenza di fantasiose promesse di sostegno da parte del Governo, al movimento “Esperanza, Paz y Libertad, “EPL” (Los “Esperanzados”). Negli anni successivi sono molti i casi di “reinserimento” degli ex-guerriglieri tra l’Esercito e le formazioni paramilitari.

*      9 Dicembre 1991 – Il Presidente Gaviria parla di pace ma lavora per la guerra. Mentre si avviano i dialoghi di pace con le FARC, l’Esercito attacca il “Secretariado de las FARC” nella zona di Casa Verde.

*      9 Aprile 1994 – Da una frattura all’interno dell’ELN nasce la “Corriente de Renovacion Socialista” (CRS), che abbandona la Lotta Amata e accetta il reinserimento nella vita politica civile.

*      1994 – Le FARC abbandonano la CGSB. Inizia un lento e inarrestabile smantellamento dell'esperenza molto positiva del Coordinamento tra le guerriglie colombiane.

*      9 Luglio 1998 – Inizia il dialogo di Pace tra le FARC e il Governo di Andres Pastrana Arango. Alle FARC viene concessa un’area smilitarizzata grande come la Svizzera per riconcentrare le sue forze ed avviare tavoli di negoziato con emissari dello Stato.

*      15 Luglio 1998 – A Mainz, in Germania, con il contributo del Governo tedesco e la Conferenza Episcopale tedesca, oltre 40 rappresentanti di altrettante organizzazioni sociali, sindacali, politiche e imprenditoriali colombiane, sottoscrivono gli “Accordi di Porta del Cielo” tra il Governo Colombiano, l’ELN e la “Società Civile”.

E’ l’avvio al processo della “Convenzione Nazionale”.

 

2 - LE RADICI DEL CONFLITTO

 

Da oltre 100 anni la classe dirigente del paese è rappresentata dai GAMONALES che possiamo identificare come l’unione tra i poteri forti della Colombia: i proprietari terrieri, i latifondisti, padroni oggi anche di estese proprietà urbane. I Gamonales sono anche quei settori che esercitano il potere regionale e dipartimentale.

Quelli che, attraverso i legami forti con il parlamento della nazione, sono ampiamente rappresentati nei governi. Al contrario di tutti i vizi del regime, i “gamonales” sono solidali e responsabili. La loro è un’origine coloniale, e nel tempo hanno coperto ruoli da funzionari e grandi proprietari di aziende. Quelli che possiamo definire come la spina dorsale dell’Oligarchia nazionale più retriva, ha dominato la Repubblica a partire dalle seconda metà del XIX secolo.

Come classe esprimeva una dominazione semifeudale basata nella sua condizione e qualità di terratenente, nell’inserimento nelle reti commerciali nazionali e internazionali. La sua trasformazione si produce attraverso il contatto e la fusione con il capitalismo, sviluppatasi attraverso le concessioni petrolifere, la costruzione delle ferrovie e delle grandi arterie stradali, le aziende bananiere e dall’appropriazione delle risorse dello Stato.

 

Per questo tutti i leader dei due partiti tradizionali sono quasi sempre stati Gamonales, corpo integrante dell’Oligarchia, proprio perché questi partiti sono il canale per l’esercizio del suo potere ed automaticamente, canale di legittimazione sociale. Fa parte di quel capitalismo burocratico che accumula capitali dai denari dello Stato, dalle ramificazioni al suo interno, e attraverso i sistemi più classici della compravendita, dai contratti, dalle concessioni e dall’appropriazione indebita diretta.

I Gamonales sono i veri agenti ed alleati del grande capitale, dei gruppi finanziari, delle transnazionali e del narcotraffico. Se il capitale transnazionale, i gruppi finanziari come le famiglie Santodomingo, Ardila Lule, Sarmiento Angulo, il sindacato antioqueño e i cartelli della droga, sono i poteri dominanti, i Gamonales sono la forza governante. In Colombia il capitale si trova diviso in tre frazioni principali: le trasnazionali, i gruppi finanziari colombiani e le imprese relativamente indipendenti. Tutte e tre però, nonostante siano sufficientemente rappresentate nei partiti tradizionali ( Liberale e Conservatore) ,fino ad oggi si sono sempre sottomesse agli interessi dei Gamonales, dell’Oligarchia, che viene tuttora sostenuta nelle campagne elettorali dallo stesso capitale. L’impero del neoliberismo è principalmente l’impero delle transnazionali.

 

In Colombia il neoliberismo ha rappresentato il campo di investimenti negli idrocarburi e nelle miniere e secondariamente nel settore industriale. Questa condizione ha colpito le imprese nazionali e soprattutto il settore agroindustriale interno. Anche nella logica della “modernizzazione” dell’apparato statale, la cosiddetta riduzione dello Stato, quindi della quantità del personale amministrativo, i partiti tradizionali, pur non potendo sopravvivere senza un ampio clientelismo, si sono visti ridurre drasticamente i propri potenziali elettori in barba al rafforzamento del potere dell’Oligarchia che ha, al contrario, assicurato nuovamente clientelismo e occasioni di lavoro. Non a caso, tutto il processo neoliberale in Colombia ha prodotto una seria lotta con gli interessi dell’Oligarchia nazionale.

 

Le applicazioni di ricette economiche generali delle grandi agenzie internazionali, continuano a non tenere in conto che in America Latina, vista l’influenza delle oligarchie nazionali, si vive ancora nella preistoria. Chi vuole investire in queste condizioni, deve conoscere chi può essergli utile e chi deve combattere.

Il grande capitale, quindi, non trova altri potenziali partner che i gamonales o i paramilitari, mentre si scontra frontalmente con i movimenti popolari e al sempre crescente potere locale della guerriglia. L’arte che l’Oligarchia utilizza per autosostenersi, consiste nell’evitare che si producano alternative sociali, un blocco storico economico, politico e sociale alternativo all’egemonia vigente. Questa, tradotta nella pratica quotidiana, è la base per l’applicazione e l’uso sistematico della violenza, ovvero l’eliminazione di qualsiasi alternativa possibile.

Dunque, l’elemento centrale dell’uso della violenza è il mantenimento dei privilegi e della proprietà terriera dei grandi latifondisti e dei Gamonales.

 

Non è un caso che:

*      l’espansione del fenomeno paramilitare ha prodotto l’allontanamento delle popolazioni locali ed ha favorito la concentrazione della proprietà della terra nelle mani dei narcotrafficanti, dei grandi allevatori, degli speculatori e degli stessi dirigenti paramilitari.

*      l’economia del narcotraffico ha generato una nuova generazione di speculatori terrieri; la crescita del costo del credito e del denaro, creando allo stesso tempo un perverso sviluppo economico nelle zone di nuova “colonizzazione”

*      l’apertura economica, generata dalle nuove colonizzazioni, ha aumentato del 700 % le importazioni di alimenti e ha provocato la drastica riduzione delle aree di produzione agricola favorendo la moltiplicazione di allevamenti estensivi.

 

In uno studio dell’ Istituto Geografico Agustin Codazzi –(IGAC), in Colombia già nel 1988 esistevano 9 milioni di ettari adatti per l’agricoltura, mentre ne venivano utilizzati a questi scopi solo 5 milioni. Al contrario, per l’allevamento esistono 19 milioni di ettari ma se ne utilizzano 40, di cui solo 5 in pasto migliorato e 35 milioni di ettari in allevamento estensivo.

Le aree di allevamento delle grandi proprietà tendono ad espellere le popolazioni locali, trasformandosi in zone di conflitto armato e di forte presenza paramilitare.

Il trinomio allevatori, gamonales, narcos è attualmente il polo di massima concentrazione della controriforma agraria in Colombia. Da questa analisi si può dedurre che la nuova violenza sulla grande massa di desplazados risponde sempre più alla logica secondo cui non solo esistono i desplazados perché esiste la guerra, ma in particolare modo, esiste la guerra perché avvenga il desplazamiento.

Anche la cosiddetta Globalizzazione, in Colombia, ha escluso il settore agroindustriale incentivando, invece, colture come la palma africana, che distruggono l’ecosistema. A partire da queste considerazioni, sul persistente abbandono dell’agricoltura, che si intende la proporzione della reale controriforma agraria, processo che concede, invece, sempre più spazio all’estrazione petrolifera, a quella mineraria e alla realizzazione di grandi mega progetti elettrici e viari che tendono ad espellere sempre più comunità contadine ed indigene dalle proprie zone di origine.

Tra questi, sono da ricordare quattro megaprogetti:

*      Il canale secco tra l’oceano Atlantico e Pacifico (rio Atrato- Truandò) e la sua connessione con la ferrovia Medellin- Buenaventura e le strade del Pacifico verso Medellin e Pereira.

*      La strada Urabà-Maracaibo e il sistema autostradale Antioquia-Venezuela.

*      La connessione rio Orinoco- rio Meta- Buenaventura.

*      La connessione rio de la Plata- Amazonas- Napo- Putumayo- Tumaco, con il porto fluviale e secco a Puerto Asis. Frutto di questi mega-progetti è il desplazamiento forzato di migliaia di famiglie.

 

Tra il 1985 ed il 1994 la violenza esercitata da esercito, polizia e paramilitari ha prodotto 700.000 desplazados, mentre tra il 95 e il 99 la cifra aumenta ad un Milione. Ovvero, tra l’85 ed il 99 i desplazados hanno superato il milione e settecentomila persone.

 

3 – I TAVOLI TEMATICI DEL PROCESSO DI PACE DELLE FARC E DELL’ELN

Un Piccolo cenno sui processi di pace precedenti

Il primo tentativo di pacificazione avviene nel 1984 quando le FARC-EP, l’M19 e l’EPL dichiarano una tregua al termine di un percorso avviato dal Presidente Belisario Betancur preoccupato dall’avanzare della guerriglia.

L’ELN e due organizzazioni più piccole rifiutano la proposta che secondo loro mira esclusivamente alla smobilitazione del movimento popolare. Il movimento popolare è in piena avanzata; è in quegli anni la nascita dell’organizzazione politica Union Patriotica come sintesi di un processo a cui aderiscono operai/e, cristiani/e, femministe, indigeni, socialisti e comunisti ex militanti delle Farc.

L’EPL invece darà vita ad una formazione elettorale chiamata Frente Popular. Il 1984 è anche l’anno in cui ebbe ufficialmente origine il progetto paramilitare. Dallo stesso anno UP perde, assassinati, più di 2000 membri tra deputati, consiglieri ed attivisti, i principali leaders della sinistra e i portavoce della guerriglia in tregua. L’inizio della guerra sporca come risposta alla legalizzazione, però, debilita il movimento popolare.

L’M19 va agli accordi con il governo e nel 1991 si converte in partito, Alianza Democratica M-19, subendo una pesantissima decimazione. L’EPL nel frattempo si divide ed una parte si smilitarizza, altri invece entrano nelle truppe paramilitari.

La Coordinadora Guerrillera Simon Bolivar, però, rimane in armi e preso atto della fine del processo avviato dall’M-19 nell’84 avvia nuovi negoziati con il governo dove in primo piano non è più la smilitarizzazione delle forze guerrigliere, ma la risoluzione delle problematiche sociali alla radice del conflitto.

Il processo però termina per volontà unilaterale del governo Gaviria nel 1993. In questi ultimi anni sono stati e sono tuttora numerosi i tentativi di dialogo con il Governo.

Con la fine della  Coordinadora ogni gruppo guerrigliero inizia un  proprio percorso per la ricerca di una soluzione politica al conflitto. Nel ’98 sotto il Governo del  Presidente PASTRANA si apre ufficialmente il Processo di Pace con le FARC e successivamente con L’ELN.

 

Oltre alla definizione di una agenda tematica, le parti nei rispettivi processi concordano la definizione di una Zona smilitarizzata (DESPEJE) ove poter realizzare gli incontri e i lavori delle commissioni. La zona assegnata alle FARC è grossa quanto il Salvador, ma gli incontri si bloccheranno più volte e su diverse questioni. Il negoziato con l’ELN avviato si blocca perché il Governo non accetta la definizione della Zona di Despeje. Quando lo fa i colloqui riprendono a Ginevra (Giugno 2000) ma tutta la zona subisce ormai l’attacco dei Paramilitari delle AUC. La tattica del governo di Pastrana risultava chiara:negoziare separatamente e in tempi diversi con le due guerriglie al fine di determinare frizioni tra le stesse e di non giungere mai alla risoluzione dei problemi posti sul tavolo delle trattative.Emblematico il comportamento (già citato) del governo in uno degli ultimi tentativi di dialogo con l’ELN, durante i colloqui di Ginevra sulla zona di Despeje la stessa zona veniva colpita duramente da un’offensiva militare/paramiltare.

L’attuale governo di Uribe invece sta applicando la politica di guerra totale e di annientamento delle guerriglia passando per una dottrina di sicurezza nazionale che fino ad ora ha colpito duramente , con la scusa del terrorismo, solamente le organizzazioni sociali, sindacali ,contadine etc. L’obbiettivo dichiarato del nuovo presidente è quello di dimezzare mano militare le fila delle guerriglie nel giro di un anno e mezzo attraverso l’arruolamento ,in varie forme, di un milione di colombiani nelle file degli apparati di sicurezza.

 

4 - PLAN COLOMBIA -

 

Il “PLAN COLOMBIA” si identifica per due linee principali di intervento. Ambedue permettono l’incremento dell’intervento armato degli Stati Uniti nel conflitto colombiano e l’ingerenza statunitense negli assunti interni della Colombia. La prima linea guida, sottoscritta da T. Pickering del Dipartimento di Stato Usa, punta alla diminuzione del deficit fiscale, dal 6.3 % del 1999 a 3.6 per il 2000.

Per ottenere questo si dovranno aumentare le entrate con la privatizzazione del settore elettrico e con una radicale riforma tributaria, riducendo la spesa pubblica per i servizi sociali, le pensioni, la previdenza sociale, i contributi alle regioni e ai Dipartimenti, oltre, chiaramente, un congelamento generalizzato dei salari.

La seconda linea guida, che porta la firma di B. Sheridan, degno rappresentante del triunvirato CIA-Pentagono-DEA, si snoda sui principi della cosiddetta “riforma militare”, sulla lotta contro insurrezionale e contro il narcotraffico.

Il tentativo è quello di ristrutturare le Forze Armate Colombiane, ottenere la partecipazione militare dei paesi confinanti per realizzare un cordone sanitario intorno alla Colombia, nel caso l’Esercito nazionale non riesca a contenere l’avanzata guerrigliera e garantire una presenza di truppe Nordamericane nel caso che le due fasi precedenti non diano risultati concreti. Ma in questo filone di intervento rientra anche l’attuale partecipazione di militari USA in operazioni di “guerra elettronica” nel territorio colombiano.

Partecipazione già attiva e assicurata con la presenza attuale di oltre 1.200 consiglieri militari. Inoltre, nella cosiddetta agenda occulta del Plan Colombia è stabilito l’arrivo nel paese di mercenari stranieri in qualità di istruttori per gli eserciti privati dei narcotrafficanti e l’invio dei responsabili dei gruppi paramilitari urbani, al comando di Castaño Gil a Medellin, in campi di addestramento nel Sinai. Non possiamo dimenticare che ognuna di queste bande urbane conta con 300 sicari addestrati già dal tempo di Pablo Escobar.

Le operazioni di finanziamento e di acquisto delle armi verranno organizzate dalla CIA attraverso i paesi vicini e si realizzeranno con lo scambio: cocaina – armi. Basti pensare che in tutto il paese esistono oltre 100 mila ettari di piantagioni di coca che ogni anno producono 300 tonnellate di Cocaina, della quale 210 tonnellate si esportano negli USA.

 

Sotto il profilo dei costi dichiarati, per il Plan Colombia verranno stanziati complessivamente 7.545 milioni di Dollari suddivisi in quattro linee strategiche:

*      Recupero economico e sociale: 1 milione di dollari

*      Soluzione negoziata del conflitto armato: 50 milioni di dollari

*      Lotta al narcotraffico: 4.000 milioni di dollari

*      Rafforzamento delle istituzioni e sviluppo sociale: 2000 milioni di dollari

 

Di questi 7.545 milioni di dollari, la Colombia investirà 4.000 milioni di dollari, gli USA 1.600 milioni di dollari, l'Unione Europea 1.000 milioni di dollari che potrebbero arrivare fino a 2500 milioni di dollari, ed altre agenzie internazionali, come la BM, il FMI e la BID, 900 milioni di dollari.

Nello stanziamento complessivo è compreso lo stanziamento di 205 milioni di dollari per iniziative contro il narcotraffico nella regione Andina, destinando 120 milioni di dollari per la Bolivia, 42 milioni di dollari per il Perù e 25 milioni di dollari per l’Ecuador.

Gli attuali e finora reali contributi economici da parte della comunità internazionale: Scendendo più in dettaglio ed occupandoci degli ultimi elementi emersi possiamo dire che attualmente sono stati assicurati contributi da parte della comunità internazionale pari a 1.061 milioni di dollari.

La maggior parte di queste risorse erano state annunciate nel corso della prima riunione del Tavolo dei Donanti, tenutasi nel luglio del 2000 a Madrid.

In quell'incontro venne ufficializzata la consegna di circa 250 milioni di dollari dell'Agenzia di Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti, 100 milioni della Spagna, 300 della Banca multilaterale, 70 del Giappone , 20 della Novegia e 131 da parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. In totale si trattava di 871 milioni di dollari.

A queste risorse si sommano i 280 milioni di dollari resi ufficiali il 24 ottobre del 2000 nel corso della seconda sessione del Tavolo dei Donanti. Di questa cifra 105 milioni di dollari provengono dal Giappone, 88 milioni dall'Unione Europea ed il resto da Finlandia, Canada, Svizzera, Svezia ed Italia.

Il denaro del Tavolo dei Donanti dovrebbe essere dedicato esclusivamente per programmi di sviluppo alternativo, sostituzione delle coltivazioni, protezione degli sfollati e rafforzamento dei diritti umani. Anche se l'Unione Europea ha dichiarato che non apporterà le sue risorse direttamente al Plan, ma alla Colombia, non si è opposta a che i suoi contributi vengano utilizzati in progetti sociali compresi nella strategia del Plan Colombia. Secondo calcoli interni del Governo colombiano, l'idea è che il paese dovrebbe ricevere altri 500 milioni di dollari nel corso della prossima sessione del Tavolo dei Donanti, che si dovrebbe tenere a Bruxelles nel marzo del 2001, quando l'Unione Europea e ciascuno dei suoi membri annunceranno anche ufficialmente i loro contributi. (fonte Giornale "El Tiempo" di Colombia)

 

Gli indirizzi di investimento del Plan Colombia sono cinque:

APPOGGIO PER IL RECUPERO DEL SUD DEL PAESE: 390,5 milioni di dollari.

*      Addestramento ed equipaggiamento di nuovi battaglioni antinarcotici; 7 milioni di dollari.

*      Acquisto di 30 elicotteri Black Hawks;

*      recupero di 70 elicotteri Hueys più i 18 elicotteri già consegnati ( Questi elicotteri possono trasportare fino a 11 soldati delle truppe d’assalto ed è equipaggiato con una mitragliatrice GAU-19A Gatling calibro 50).

*      Il Dipartimento di Stato USA ha già inviato 17 milioni di queste munizioni. Sviluppo alternativo: 10 milioni di dollari Riubicazione di emergenza: 15 milioni di dollari

 

APPOGGIO AGLI SFORZI DI INTERDIZIONE: 129,4 milioni di dollari Per migliorare i sistemi radar, investimenti per programmi di interdizione aerea, terrestre e marittima tra gli USA e la Colombia.

 

APPOGGIO ALLA POLIZIA COLOMBIANA: 115,6 milioni di dollari Per l’acquisto di 2 elicotteri da combattimento Black Hawaks, 12 elicotteri Huyes, l’addestramento dei piloti, acquisto di armamenti e munizioni, miglioramento dei mezzi di navigazione e sicurezza delle piste di atterraggio.

APPOGGIO AI PROGRAMMI DI SVILUPPO ECONOMICO E ALTERNATIVO: 81 milioni di dollari Per incrementare nel Sud della Colombia programmi di sostituzione volontaria delle colture illecite e protezione ambientale, con l’assistenza ai governi locali, Per gli sfollati dalla fumigazione delle piantagione di Coca: 39 milioni di dollari.

 

DIRITTI UMANI E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: 122 milioni di dollari. Riforme giudiziarie, rafforzamento della Democrazia e riabilitazione dei minori arruolati nella guerriglia. Per il rafforzamento dei programmi di sviluppo sui Diritti Umani: 18 milioni di dollari.

APPOGGIO  AL PROCESSO DI PACE: 5 milioni di dollari

 

Il Plan Colombia prevede che gli Usa potranno mantenere complessivamente 800 addetti miliari oltre i 300 contrattisti civili, nel territorio nazionale, senza contare il personale già attualmente in servizio di intelligenza. Comunque, a parte l’ufficialità di rito, attualmente sono già presenti in Colombia oltre 1.200 consiglieri militari nord-americani.

Attraverso questo miliardario investimento gli Stati Uniti dichiarano di puntare alla distruzione di 13.000 ettari di coltivazione di Coca nel territorio colombiano. Secondo le valutazioni ufficiali, attraverso l’uso delle fumigazioni con componenti altamente tossici, nella sola regione di Putumayo verranno allontanate oltre 150.000 persone. Sfollati che si aggiungeranno ai circa 2 milioni che già continuano ad errare in lungo e largo per il paese fuggendo dalla violenza dell’Esercito e dei paramilitari.

La Colombia riceve attualmente l’aiuto militare più consistente di tutta l’America Latina e i Caraibi messi insieme. Nel 1999 questo contributo di morte degli USA ha quasi raggiunto i 300 milioni di dollari, oltre i 60 milioni ottenuti attraverso la vendita di armi; praticamente tre volte in più del 1998.

Le atrocità commesse sistematicamente da quest’Esercito, armato ed addestrato dagli USA, generano un’impressionante moltitudine di sfollati, oramai 300 mila ogni anno, e 30.000 morti in orrende stragi.

Ma nonostante questo piano militare miliardario, maldestramente truccato da intervento di sostegno alla democrazia, i grandi cartelli della droga colombiana non hanno di che temere.

Carlos Castaño, fondatore e maggiore responsabile del paramilitarismo, nonché degno rappresentante del maggiore cartello del narcotraffico in Colombia con più di 30.000 ettari di piantagioni di Coca, ha espressamente dichiarato di finanziare i suoi gruppi paramilitari, secondo lui costituiti da circa 11.000 uomini, con il solo 7 % dei proventi del commercio della droga. Ma guarda caso, l’offensiva militare ed economica sostenuta dagli USA, non si dirige assolutamente nelle zone controllate dai paramilitari.

Attualmente il Plan Colombia ha abbandonato la presunta lotta al narcotraffico come obbiettivo principale indirizzando la sua attenzione sulla lotta al terrorismo e ampliando i suoi confini d’azione. Infatti non si parla più solo strettamente di Plan Colombia se non di Plan de Iniciativa Andina che coinvolge l’intera regione andina con un’implementazione della parte strettamente militare

 

5 -IL PROGETTO PARAMILITARE –

Fino al 1989, i dibattiti pubblici sul Paramilitarismo, la cui piena funzionalità alla forza pubblica è stato sempre difficile occultare, definivano questo fenomeno come sostegno legale ai gruppi di civili armati coordinati dall’Esercito colombiano. Il Paragrafo 3, articolo 33 del Decreto 3398 del 1965, convertito in legge, N° 48 del 1968, permette: “ a discrezione dei comandi autorizzati e quando questi lo considerino conveniente, da' facoltà al Ministero della Difesa Nazionale di utilizzare personale civile nelle attività contro il terrorismo e per il ristabilimento della normalità”.

L’abuso eccessivo, tra gli alti ranghi militari, dell’interpretazione di queste norme, è stato talmente audace, che ben presto sono iniziate ad apparire disposizioni interne tendenti a sollecitare l’inserimento della popolazione civile nelle azioni armate. La risoluzione 005 del 9 Aprile 1969, N° 183, orienta a “organizzare la popolazione civile in forma militare per proteggersi dalla guerriglia e per appoggiare l’esecuzione di operazioni di combattimento”.

Poco più avanti la stessa risoluzione stabilisce la formazione delle “Giunte di Autodifesa”.

Queste sono: “un’organizzazione di tipo militare composta con personale civile selezionato nelle zone di combattimento; personale che si addestra ed equipaggia per sviluppare azioni contro gruppi guerriglieri presenti nelle aree, oppure opera in coordinazione con l’Esercito in azioni di combattimento”. Queste Giunte di Autodifesa sono anche utilizzate per “prevenire la formazione di gruppi armati”. A queste risoluzioni ne sono seguite molte altre.

Con l’obiettivo di stabilire nuove regole di combattimento contro la guerriglia, si è dato per assodato la costituzione e la promozione di nuovi gruppi di civili armati (Manuale di Contro Guerriglia 1979 , Manuale di Combattimento contro criminali o guerriglieri – Risoluzione 0014 del 25 Giugno 1982, EJC-3-101/82, Regolamento del combattimento di Contro Guerriglia- EJC-3-10/87) Però, l’uso della popolazione civile nelle azioni armate, azioni che dovrebbero essere ad uso esclusivo dei membri effettivi della Forza Pubblica, risponde ad un obiettivo inconfessabile, esplicitamente stabilito però in alcuni di questi stessi manuali “segreti”: grazie all’uso clandestino di civili in azioni armate, si occulta l’identità degli agenti dello Stato e si permette la realizzazione di operazioni segrete.

Quindi il paramilitarismo diventa la pietra fondante della strategia della “Guerra Sporca”, un meccanismo perverso dove le azioni più atroci non possono essere attribuite a persone che potrebbero compromettere lo Stato attraverso dei comportamenti visibili, ed i crimini vengono diluiti o proiettati su attori confusi, civili armati, personaggi anonimi facilmente definibili delinquenti comuni.

L’obiettivo di COPERTURA delle responsabilità oggettive su atti che non possono avere nessuna legittimazione e nessun avallo legale, nemmeno all’interno di gravi confronti bellici, crea le condizioni perché le attività militari camuffate da azioni civili e le attività militari di civili protetti clandestinamente dai militari, si confondano e si complementino. Ambedue i meccanismi hanno lo stesso obiettivo: copertura che salvaguardi l’impunità.

Dal Settembre del 1978, le minacce telefoniche, i sequestri e la scomparsa di molti militanti della sinistra, come di leader universitari, erano clandestinamente rivendicati dalla TRIPLE A ( Azione Anticomunista Americana). Solo più tardi, dopo precarie quanto improvvisate indagini giudiziarie e le confessioni di alcuni disertori, è stato verificato che i militanti clandestini della Triple A, non erano altro che militari in forze al “Battaglione di Intelligenza e Contro intelligenza – Charry Solano- BINCI”.

I nomi degli ufficiali implicati nelle accuse, sono però diventati particolarmente familiari alla maggioranza dei colombiani visto che gli stessi sono ascesi a gradi maggiori arrivando ad occupare alti incarichi di responsabilità nella gerarchia castrense colombiana. A Cali, il 3 Dicembre 1981, da un elicottero vennero lanciati volantini che annunciavano pubblicamente la costituzione del gruppo MAS (Morte ai Sequestratori).

Il testo del documento avvertiva che 223 capi della mafia (i “sequestrabili”) si erano uniti per finanziare la creazione di un gruppo di 2.230 uomini ed eliminare senza nessuna pietà qualsiasi persona compromessa in un sequestro. Ma presto la sigla MAS, ha cominciato ad apparire in molte regioni del paese, attribuendosi innumerevoli crimini, sparizioni, massacri, assassinii, attentati e minacce.

Il movimento nazionale ed internazionale in favore del rispetto dei Diritti Umani cominciò a reclamare dall’allora Governo Betancur, una forte presa di posizione davanti al fenomeno paramilitare. Betancur sollecitò un’indagine alla Procura Generale della Nazione. Dall’Ottobre 1982, otto giudici, accompagnati da magistrati ed investigatori della Polizia Giudiziaria, iniziarono le indagini a Medellin, Cali, Barrancabermeja, Puerto Berrio, La Dorada, Puerto Boyacà e in Arauca.

Il 20 Febbraio 83, il Procuratore Generale rese pubblica la loro indagine sul MAS. Delle 163 persone vincolate nello squadrone della morte, 59 erano membri effettivi della Forza Pubblica. Riferendosi al fenomeno, il Procuratore affermava: “si tratta semplicemente di ufficiali che oltrepassano il limite delle tentazioni per moltiplicare la propria capacità di azione, approfittando di agenti privati ingaggiati come 'guide ed informatori', collaboratori ed ausiliari in genere, e che alla fine vengono invece utilizzati come braccio occulto affinché, nella logica dell’uso di sicari, questi svolgano ufficiosamente ciò che ufficialmente non si può fare”.

La rabbiosa reazione delle Forze armate, fece temere un “colpo di Stato”. L’allora Ministro della Difesa, così dichiara in un’intervista del Gennaio 83: “Potrebbero crearsi le condizioni per un nuovo conflitto interno alla Nazione. Indubbiamente quella parte onesta della società che si considera degnamente rappresentata e difesa dalle Forze Armate, dovrà porsi al lato delle Istituzioni, e queste, davanti alla prospettiva del degrado della propria dignità, potrebbero disporre il proprio animo per una contesa di proporzioni incalcolabili ed imprevedibili che porterebbero il nostro paese ad una nuova fase di violenza”.

Da quel momento la stessa Procura ha adottato una linea più favorevole al Paramilitarismo, astenendosi dal proseguire il processo investigativo e probatorio ed evitando qualsiasi sanzione contro gli integranti del gruppo MAS. Il Governo fece la stessa cosa e si guardò bene dal destituire gli ufficiali accusati.

Il Congresso della Repubblica approvò invece l’ascesa a gradi superiori di tutti gli ufficiali coinvolti. Una lettura retrospettiva di quegli eventi, dimostra che lo Stato, attraverso tutti i suoi poteri, ha conferito agli integranti del MAS le più alte responsabilità nella conduzione dell’ordine pubblico, gli onori, nonché i gradi, più alti nella gerarchia castrense colombiana. Da quel momento la strategia paramilitare è stata assunta a ferrea POLITICA DI STATO.

La congiuntura creata dalla transizione di poteri tra l’ex Presidente Turbay e il nuovo, Betancur, nel 1982, ha significato anche la ristrutturazione radicale della politica repressiva dello Stato. Ma una analisi realizzata dalle Forze Armate sugli effetti del modello repressivo dello Statuto di Sicurezza (1978-1982), ha dimostrato una chiara sconfitta sul piano militare, visto l’aumento delle forze guerrigliere, quando ne era stato definito il loro annientamento, ed una sconfitta politica per il sensibile deterioramento del prestigio del Governo, sia a livello nazionale che internazionale. Betancur allora, provò la strada della “pace” e del “negoziato”. Ma le Circolari interne dirette agli alti ufficiali delle Forze Armate, il 25 Giugno 82 e 1 Maggio 84, dimostrano le posizioni molto distanti della Forza Pubblica e l’appoggio di quest’ultime ad altre strategie non esplicite.

IL CASO DI PUERTO BOYACA’

Tra il 1982 e 1989, per una serie di circostanze, la città di Puerto Boyacà si è convertita in un vero e proprio santuario del Paramilitarismo; la creazione della XIV Brigata dell’Esercito; la sua assegnazione al Battaglione Bàrbula; la mentalità dei comandanti di queste unità, completamente assoggettati alla Dottrina della Sicurezza Nazionale; l’appoggio incondizionato ricevuto dalle alte gerarchie; la gestione politica e militare espletata dai sindaci della zona; l’appoggio economico degli allevatori e dei latifondisti della zona; gli appoggi dei leader politici locali con il supporto dei diversi ranghi del partito liberale a livello ministeriale; gli abusi e le estorsioni del XI Fronte delle FARC che operava nella zona.

Il gruppo paramilitare “MAS” rapidamente diventò “AUTODEFENSAS” e si costituì come una rete di gruppi di civili in armi, coordinati e addestrati dall’Esercito in una frenetica azione di sterminio di “comunisti”. I bombardamenti, realizzati dagli elicotteri militari, erano accompagnati o successivamente seguiti da incursioni criminali delle AUTODEFENSAS contro militanti di qualsiasi organizzazione, sociale o politica, anche vagamente di sinistra.

Le armi erano fornite dalla XIV Brigata. Un’impresa legalmente riconosciuta, l’ACDEGAM (Associazione Contadina degli Agricoltori e Allevatori del Magdalena Medio) canalizzava “legalmente” i progetti militari, finanziari, educativi, sanitari e di infrastrutture attraverso i quali le Autodefensas cercano di controllare e conquistare la simpatia della popolazione. Dalle testimonianze dei molti disertori dei gruppi paramilitari vengono ricordati con particolari dettagli come in molte occasioni, durante tutto il 1985, i militari del Battaglione Bàrbula compivano pattugliamenti congiunti con le Autodefensas, con le bande armate del narcotraffico e come avveniva la contrattazione di mercenari israeliani ed inglesi per gli addestramenti dei stessi paramilitari: “c’erano sempre persone straniere che visitavano Puerto Boyacà, specialmente mercenari che arrivavano scortati da agenti del F2 o personale civile dell’Esercito”. Sempre secondo le molte testimonianze di ex paramilitari, queste organizzazioni, con 22 Fronti militari, possiedono un responsabile militare che “coordina le operazioni miste di carattere militare con le Forze Armate”. Rispetto ai pattugliamenti aggiungono: “normalmente è misto (Forze Armate-Autodefensas), con base nelle tecniche impartite dall’Esercito…quando il pattugliamento è solitario, le Unità dell’Esercito o della Polizia vengono preventivamente avvisate dei movimenti”.

 

L’ESPERIENZA PARAMILITARE DI PUERTO BOYACA’ ha rivelato con estrema chiarezza le proporzioni di un fenomeno che ben presto ha assunto un carattere nazionale. Le diverse confessioni raccolte tra i testimoni e i disertori del paramilitarismo, permettono un quadro molto definito della realtà:

*      Appoggio finanziario da parte di gruppi e imprese particolarmente poderose: agricoltori, allevatori, imprese petrolifere e chiaramente i cartelli del narcotraffico;

*      Appoggio politico da sindaci militari e civili, da dirigenti dei partiti tradizionali che comunque possiedono un’enorme influenza anche all’interno del Congresso e nelle alte sfere del Potere Esecutivo;

*      Appoggio militare nel Battaglione locale che a sua volta riceve sostegno dalla sua rispettiva Brigata, arrivando così fino allo Stato Maggiore dell’Esercito che, nel momento di massima espansione del fenomeno paramilitare, coordina le attività della Giunta Nazionale di Autodifesa attraverso il Battaglione Charry Solano;

*      In questo senso bisogna anche sottolineare l’appoggio militare internazionale ricevuto attraverso la presenza di mercenari israeliani e inglesi, comunque non perseguitati nemmeno nei loro rispettivi paesi, e scortati fino a Puerto Boyacà dalla Forza Pubblica colombiana.

*      Appoggio –efficacissimo- del Potere Giudiziario, che ha assolto o archiviato i pochissimi processi aperti sulle centinaia di crimini commessi da questi assassini. Appoggio altrettanto efficace quando, dovendo disporre inevitabilmente sanzioni penali su alcuni dei reati commessi, non ha indagato nè giudicato i comandi militari nazionali o le strutture criminali stesse.

*      Appoggio, anch’esso molto efficace, dei poteri Esecutivo e Legislativo che, nonostante la pubblicità e la notorietà sull’identità di chi ha realizzato e diretto queste strutture criminali, hanno premiato queste stesse persone con nuove attribuzioni sugli incarichi, onori e gradi contemplati nella gerarchia e nella tradizione castrense.

*      Appoggio, efficace, degli organismi di controllo dello Stato che, trovandosi di fronte al manifestarsi di questi fenomeni, hanno abdicato volontariamente dalle loro rispettive facoltà e obbligazioni. Il complesso paramilitare di Puerto Boyacà, secondo varie confessioni di suoi ex appartenenti, si è quindi proiettato verso le regioni di Urabà e al sud di Cordoba dove Fidel Castaño Gil si sarebbe convertito nel suo massimo dirigente. Un’altra sua ramificazione, quella che forse rappresenta il “progetto pilota” per i comandi militari, è stato l’esperienza del progetto paramilitare della zona di Santander, dove il Comandante del Comando Operativo N° 10 dell’Esercito con sede a Cimitarra, andava ad addestrare i gruppi paramilitari raggiungendo le zone di operazione a bordo di elicotteri militari.

E’ lì, nella regione di Santander, che si è cercato il coinvolgimento totale di tutta la popolazione nel conflitto armato, con l’obiettivo di eliminare qualsiasi eventuale “neutralità” all’interno del territorio controllato. Ed è ancora qui che i paramilitari hanno ottenuto un alto livello di autofinanziamento attraverso l’imposizione di tangenti ed estorsioni a tutta la popolazione della zona; ai contadini non restavano che tre opzioni: collaborare con i paramilitari e quindi sottomettersi alle loro imposizioni, abbandonare la zona o morire.

Coloro che restavano, dovevano entrare a far parte delle basi del paramilitarismo; consegnare i propri figli all’addestramento e agli operativi dei paramilitari, pagare imposte per il sostentamento dei gruppi ed assistere obbligatoriamente a tutte le loro riunioni.

La correlazione tra la presenza paramilitare e dell’Esercito regolare su tutto il territorio nazionale, è particolarmente singolare: le basi paramilitari vengono costruite vicino alle basi militari; le riunioni vengono convocate dai militari e presidute dai paramilitari, o viceversa; i dati dei rilevamenti realizzati dai militari appaiono nelle mani dei paramilitari, e viceversa; persone catturate dai militari vengono consegnate ai paramilitari; gli ufficiali di entrambi i gruppi, passano insieme casa per casa o di negozio in negozio riscuotendo le tangenti.

Da altre confessioni raccolte nel carcere di Villavicencio nel 1995, vengono ricostruite queste relazioni sviluppatesi dal 1989: “Le Autodefensas o il comandante di queste, informano in maniera molto dettagliata la Polizia e l’Esercito sul tipo di “lavoro” che si andrà a realizzare. Nel giorno e all’ora stabilita i militari si chiudono nelle loro caserme.

Quando invece si realizza il “lavoro” in altre località, un ufficiale della Polizia precede la colonna dei paramilitari, con il suo veicolo senza targa in maniera da non avere problemi nei posti di blocco. Chiaramente le armi restano nelle auto delle Autofensas”. In altre città, come ad esempio Cali, tutto lascia intendere che il genocidio che si sta consumando da alcuni anni contro la popolazione giovanile dei quartieri marginali, risponde pienamente ai stessi parametri del paramilitarismo. Come è risaputo pubblicamente, il denaro del Cartello di Cali, che ha permeato e corrotto tutte le strutture di polizia, è servito, attraverso questo canale, a pagare i squadroni della morte infiltrati nei quartieri della città, massacrando moltissimi giovani. Con la “giustificazione” della “pulizia sociale”, gruppi paramilitari conosciuti nella clandestinità come “Cali Linda” o “Cali Limpia”, godono della più assoluta impunità, agendo sotto la complicità e la tolleranza che gli viene assicurata dall’accurata rete di controllo poliziesco.

Un’altra zona identificata come punto nevralgico del paramilitarismo, che ha trovato pieno appoggio dal narcotraffico, è stata quella di Putumayo. Nella zona dei grandi laboratori di raffinazione di Coca, i narcotrafficanti hanno paradossalmente stretto alleanze con la Polizia Antinarcotici, la quale protegge una poderosa struttura paramilitare attiva nella regione. Durante gli anni 89 e 90,la zona del Basso Putumayo, ha vissuto un tremendo bagno di sangue.

L’Esercito, la Polizia Antinarcotici e il gruppo paramilitare “Los Masetos”, hanno agito in forma coordinata e congiunta in un demenziale e continuo massacro di giovani contadini che, per la loro giovane età, venivano accusati di essere guerriglieri ed assassinati senza nessuna pietà. I cadaveri, gettati nel fiume, e i pochi raccolti e sepolti clandestinamente, hanno impedito l’avvio di qualsiasi indagine penale.

Quando nella Pasqua del 1991 la popolazione di Puerto Assìs, esausta ha manifestato contro il genocidio, la Polizia ha scortato fino all’aeroporto i maggiori leader paramilitari locali, prima che la folla inferocita li linciasse.

Le interminabili liste di morti che erano stati sepolti “canonicamente” (comunque una minima parte delle vittime reali) convinsero il Procuratore Generale a denunciare il caso al Direttore Generale della Polizia per sollecitare misure d’emergenza. Come contributo alla soluzione del caso, l’alto ufficiale decise di TRASFERIRE immediatamente tutto il personale dell’istituzione presente nella zona. Nonostante le testimonianze presentate, compresa quella di un “miracoloso” sopravvissuto di uno dei consueti massacri notturni, nessuna delle indagini determinò alcun responsabile.

Ma a partire dal 1989 lo Stato Maggiore della Difesa, madre feconda del fenomeno del paramilitarismo in Colombia, smise di difendere pubblicamente la legittimità e la “legalità” di questi squadroni della morte. Quando alcuni dei suoi apparati risentivano di un eccesso di pubblicità per le denuncie pubbliche, automaticamente, i fatti contestati venivano considerati come “comportamenti isolati” di qualche ufficiale “insubordinato”.

Anche il Potere Esecutivo, da parte sua, ha iniziato a “ritualizzare” la condanna del paramilitarismo nei suoi discorsi, soprattutto in quelli diretti ad istanze internazionali. Parte fondamentale di questi discorsi era la sistematica richiesta pubblica ai giudici di realizzare “indagini approfondite” sugli effetti del paramilitarismo, evitando accuratamente di ricorrere alle proprie prerogative sulla nomina e sulla rimozione dei funzionari dell’amministrazione pubblica.

Il Potere Legislativo, eliminando leggi e decreti di amnistia applicabili ad alcuni casi di paramilitari che per “errore” venivano sottoposti ad indagine giudiziaria, approvò tutte le nomine ed i passaggi di grado dei militari coinvolti con il paramilitarismo (Legge 104- 1993, art.9, CPP art.369 A,B). Però il vero muro di protezione del paramilitarismo, costruito con il sostegno di tutti i poteri dello Stato, trova la sua COLONNA CENTRALE nel Potere Giudiziario.

Secondo il Dipartimento Amministrativo di Programmazione Nazionale, solo il 3% dei delitti denunciati in Colombia ottengono una sentenza. Dentro questo 3% non è mai stata avviata un’indagine riferita a strutture paramilitari. E’ grazie a questa realtà che i solleciti presidenziali a “indagini approfondite” sui crimini del paramilitarismo, possono sentirsi leggittimati davanti la comunità nazionale ed internazionale.

E’ grazie alla solida convinzione che anche una volta avviate le indagini di rito, queste verranno sistematicamente insabbiate nella più totale impunità. Proprio rispetto all’impunità, in ambito giudiziario, il paramilitarismo ha goduto di straordinari privilegi: il principale di questi è la clandestinità che caratterizza i suoi crimini e che inizialmente ne impedisce l’identificazione dei responsabili.

Però non stiamo parlando della clandestinità della quale si proteggerebbe qualsiasi delinquente comune; si tratta di una clandestinità protetta o “scortata” da agenti e/o istituzioni dello Stato. E’ la clandestinità che si genera quando civili al servizio dei militari, o militari camuffati da civili, commettono crimini con “l’autorità dello Stato” (sempre difficile o impossibile da dimostrare), però utilizzando mezzi privati (case, auto, abiti) per consumare il crimine.

E’ la clandestinità di quando i carnefici godono del controllo e dell’appoggio militare o poliziesco nello scenario del crimine, controllo che elimina qualsiasi forma di resistenza o tentativo di denuncia da parte delle potenziali vittime, potendo contare con l’allontanamento totale di eventuali testimoni dallo scenario delle operazioni in maniera tale che i responsabili dei crimini possano allontanarsi dai luoghi con estrema tranquillità e senza nessuna resistenza.

Al Potere Giuridico spetta il compito di ignorare questi specifici meccanismi di clandestinità ufficialmente “scortata” e indagare invece i fatti all’interno dei parametri legali e normali: ottenere per iscritto ordini di cattura o per le perquisizioni (che comunque non esistono); registri dei detenuti e per il controllo dei veicoli che vengono usati dalla Forza Pubblica (che tantomeno questi esistono); interrogare testimoni che non hanno visto o non hanno udito nulla; ascoltare “dichiarazioni libere e spontanee” dei stessi responsabili dei crimini; intervenire sui familiari, vicini e amici delle vittime per “non dare informazioni”. Una volta applicato questo rituale, viene dichiarata la “mancanza di prove”, legittimando così l’assoluzione o l’archiviazione del caso. Se poi casualmente esiste un eroico testimone, sono previsti svariati metodi per annullare tali prove: la minaccia di morte (molte volte applicata); insinuare l’immoralità del testimone, sia ricercando la collaborazione dell’Istituto Superiore di Medicina Legale, per poterlo dichiarare “mentalmente perturbato”, e sia accusandolo di simpatizzante o collaboratore della guerriglia, senza escludere la possibilità che, in questo caso, venga avviato un processo penale a suo carico attraverso dichiarazioni di “testimoni senza volto” o di aderenti al paramilitarismo, causando l’emissione di un ordine di cattura a suo carico; o semplicemente discreditare i testimoni perché “interessati al caso”.

Anche nel periodo dell’amministrazione del Presidente Samper le cose non sono cambiate. Al contrario, la realtà ha dimostrato che la sua posizione rispetto al paramilitarismo non si è solo limitata all’appoggio passivo, ma ha contribuito a che questo si trasformasse in una vera politica di Stato. A pochi giorni dall’investitura a Capo di Stato, il 9 Settembre Samper rese pubblico il documento che tracciava la sua politica sui Diritti Umani.

Il capitolo n° 5, riferendosi al paramilitarismo lo definisce come un fenomeno “legato complessivamente alla “territorialità” di una certa porzione dei capitali del narcotraffico che debilita il legittimo monopolio delle forze che debbono sostenere lo Stato” e anche come “un fenomeno abbastanza circoscritto costituto da “autodifese” contadine come reazione alla violenza della sovversione”. Chiaramente, il ruolo preponderante tenuto dallo Stato, non viene nemmeno citato.

Però il Governo Samper si è spinto ancora oltre riconsegnando lo status legale al paramilitarismo attraverso il sofisma delle “Associazioni Comunitarie di Vigilanza Rurale”. Il comunicato emesso dalla Presidenza della Repubblica il 13 Dicembre 1994, “legalizzava” gli elementi costitutivi del paramilitarismo, non solo permettendo o tollerando, attraverso meccanismi impliciti, gruppi di civili armati, ma ora creandoli e permettendogli “vita legale” attraverso il sostegno ad una presunta legittimazione difensiva.

Così come per le “Autodefensas” nate a Puerto Boyacà e in poco tempo fiorite in tutto il territorio nazionale, queste “Associazioni di vigilanza” venivano coordinate dalla Forza Pubblica (comunicato n° 7, lit.c), dotate di armi dalla Forza Pubblica (comunicato n° 7, lit.e) e finanziate congiuntamente dal settore pubblico e privato (comunicato n° 6). Il documento finale del Primo vertice delle Autodefensas de Colombia, celebrato agli inizi del 1995, dichiara che “fortunatamente le Autodefensas, senza abbandonare la lotta antisovversiva, rivivono, all’interno del territorio nazionale, con un’unica identità”. (pag.49) Nello stesso documento si afferma che “si è stabilito di riunire tutte le autodifese esistenti nel paese, quelle che possiedono una matrice trasparente rispetto alla lotta contro insurrezionale, per costruire l’organizzazione delle AUTODEFENSAS DE COLOMBIA, con la fondamentale missione di combattere la sovversione su tutto il territorio nazionale…”. Inoltre si comunica la creazione di una serie di strutture come il GRAU (Gruppo di Autodifesa Urbano), il GRIN (Gruppo di Intelligenza) e il GRAP (Gruppo di Appoggio Politico), ribadendo che “si continuano a considerare obiettivo militare i quadri politici e sindacali dell’estrema sinistra..”

L’elezione del Prsidente Alvaro Uribe Velez rappresenta in questo senso una continuità con il progetto paramilitare di sterminio.Prima di diventare presidente della repubblica Uribe aveva rivestito cariche istituzionali importanti nel corso della sua carriera politica. Al di là degli storici  noti vincoli con il narcotraffico, mantenuti da suo padre prima e da lui poi, Uribe si è reso protagonista , negli anni in cui è stato governatore in Antioquia, di un progetto di legalizzazione dei gruppi  paramilitari attraverso il meccanismo conosciuto delle CONVIVIR, in pratica delle cooperative di sicurezza privata che servivano a garantire la copertura e l’impunità per i gruppi paramilitari.Non è un caso che negli anni in cui Uribe è stato governatore di Antioquia gli assassinii di militanti e dirigenti delle organizzazioni popolari siano aumentati notevolmente in un contesto già disastroso in questo senso.

 

6 -DESPLAZADOS IN COLOMBIA-

DI CHI STIAMO PARLANDO

 

I desplazados presenti oggi all’interno del territorio nazionale colombiano sono circa 2 milioni. Di questi l’ 83% proviene da zone rurali, originariamente impegnato in attività agricole di sussistenza. I bambini ed i giovani fino ai 19 anni rappresentano il 70% della popolazione desplazada e di questi il 77% abbandona il ciclo scolastico intrapreso prima dell’allontanamento forzato.

Conseguenza di ciò è il tasso di analfabetismo in rapido incremento e oggi attestato sul 10%. Solo il 34% delle famiglie ha accesso a servizi sanitari pubblici, con tutte le implicazioni psicologiche, sociali ed economiche del caso dovute alla stato di estrema precarietà in cui versano le popolazioni desplazadas.

Zone di espulsione La maggior parte dei profughi fugge in forma individuale o familiare nel 79% dei casi, mentre il 21% scappa in esodi di massa. I motivi sono legati al conflitto armato tra le guerriglie e l’esercito, ma soprattutto le minacce e, spesso, i massacri compiuti dalle forze paramilitari.

Torneremo su questo argomento nei capitoli successivi. E’ importante ora sottolineare come le zone maggiormente interessate dal fenomeno del desplazamiento forzato siano quelle del Nord del paese dove si concentrano la maggior parte delle risorse naturali della Colombia e dove il conflitto, inteso in senso generale, raggiunge le punte massime di violenza.

Altro fattore da non sottovalutare è che soprattutto nella parte occidentale si coltiva la maggior quantità di foglie di coca e di papavero che, una volta trasformate, raggiungeranno i mercati statunitense e, in misura minore, europeo, transitando per i porti dell’Atlantico e del Pacifico.

Le zone in questione sono i dipartimenti di Antioquia, Santander e Norte de Santander, Bolivar, Chocò e Valle del Cauca . Zone di ricezione Le stesse zone sopra riportate sono investite anche dal problema della ricezione delle popolazioni fuggite dalle località di residenza. I territori con il più alto tasso di ricezione sono quelli al confine con l’ Equador dove sono presenti circa 12.700 desplazados, Panamà con 7.900, Venezuela con quasi 20.000.

A questi si aggiungono i grandi centri urbani come Bogotà, che da sola riceve il 23,6% delle popolazioni sfollate, Medellin, Cali, Turbo, Barranquilla, Barrancabermeja ed altri numerosi centri più piccoli. Le condizioni di vita nei luoghi di arrivo sono al limite della sopravvivenza e soprattutto mancano le infrastrutture adeguate all’accoglienza; gli aiuti governativi, il 21% del totale, di cui il 28% da parte della chiesa, un altro 20% da ONG e il rimanente 20% da familiari, sono assolutamente insufficienti a far fronte ad una situazione di tale gravità. La legge 387/97 in materia di desplazados interni rimane ferma alle intenzioni e la stessa Red de Solidaridad (organo governativo creato ad hoc) non ha portato grandi risultati né sul fronte degli aiuti di emergenza né su quello del reinserimento nel tessuto sociale delle vittime del desplazamiento, e neanche sul fronte del rientro, previsto peraltro dalla stessa legge.

Anche gli aiuti internazionali sono stati pochi e di breve durata, concentrati in particolare in interventi d’emergenza di piccola portata e bassa strategicità, anziché in progetti di ritorno o di sostegno economico a comunità in resistenza.

 

LE CAUSE

 

La Colombia vive un aspro conflitto sociale, politico e militare da almeno cinquanta anni. Si è soliti farlo risalire al 1948, quando venne ucciso il leader popolare Elicier Gaitan da parte di agenti dello Stato.

Scoppiò quel periodo che tutti chiamano della Violencia e che inaugurò una stagione di lotte che ancora oggi perdura. Un conflitto che però non può essere analizzato dal solo punto di vista dello scontro tra le guerriglie, FARC ed ELN, e l’esercito regolare.

Gli attori in campo sono diversi e strettamente legati da strategie ben definite. Tra questi, infatti, le cosiddette Autodifese Contadine, ACCU, più comunemente conosciute come Paramilitari (oggi contano circa 3000 effettivi), rappresentano la sintesi della lotta antinsurrezionale, svolta collateralmente all’esercito, difendendo gli interessi della borghesia colombiana, stretta da vincoli più o meno espliciti con i cartelli del narcotraffico e gli interessi del capitale straniero in maggioranza statunitense ed europeo. I legami con il narcotraffico sono chiari: Carlos Castaño Gil, dell’omonimo clan che controlla il vecchio cartello di Medellin, ne è il rappresentante ufficiale, e come tale è più volte apparso nei mezzi di comunicazione.

Se poi si osserva la dislocazione geografica delle truppe paramilitari appare evidente il legame con le FFAA. Non c’è infatti zona di operazioni paramiliatri che non si trovi nelle vicinanze di una base militare, dalla quale giunge supporto logistico e tecnologico. A questo proposito gli esempi possono essere innumerevoli.

Dall’appoggio dell’aviazione leggera durante operazioni miste a sistemi computerizzati di identificazione di civili. Molte delle azioni paramilitari, poi, nascondono obiettivi diversi dalla lotta anti-guerriglia. Si vuole liberare il territorio dal conflitto e dai civili residenti per permettere l’insediamento di impianti industriali (Statunitensi ed Europei) di sfruttamento delle risorse naturali di cui la Colombia è ricchissima: petrolio, oro, legname e biodiversità solo per citarne alcune.

Ne può essere valido esempio il desplazamiento forzato di alcune comunità di minatori d’oro nel Sur de Bolivar in seguito all’acquisto delle miniere da parte della multinazionale statunitense Corona Goldfields, affiliata della più grande Conquistador Mines. O ancora la lotta del popolo U’wa contro la multinazionale petrolifera Oxy Petroleum che attraverso l’azione delle Autodifese tenta di impossessarsi dei giacimenti presenti nel territorio U’wa.

Solo nel 1999 i paramilitari sono stati protagonisti di 400 massacri, vedi Barrancabermeja e Santo Domingo, e di quasi 3.000 omicidi di civili (sindacalisti, leaders contadini, attivisti per i DDUU), variamente accusati di far parte della guerriglia o di esserne fiancheggiatori.

Dal 1995 al 1998 la percentuale di responsabilità del desplazamiento forzato, ottenuto attraverso minacce, massacri e sparizioni, è passata dal 35 al 54% del totale. Oggi i paramilitari sono colpevoli di più del 50% dei casi di desplazamiento forzato e di migliaia di violazioni ai Diritti Umani, il tutto nella più totale impunità garantita da uno Stato fantoccio corrotto dai vari interessi criminali presenti in Colombia.

 

7 -SITUAZIONE NEL SUR DE BOLIVAR

 

Il Magdalena Medio è una regione di grandi ricchezze naturali e umane. Centro dell’industria petrolifera del paese, con la maggiore concentrazione di estrazione di oro, carbone ed arena silicia, e con un'importante infrastruttura energetica, si caratterizza anche per uno sviluppo sostenuto nella pesca, nell’allevamento e nell’agricoltura con abbondanti coltivazioni di palma ed estese zone boschive.

Ma nonostante le grandi ricchezze della regione, il 70 % della popolazione vive in condizioni di povertà assoluta. I fattori storici e strutturali della violenza politica, associati alle condizioni di miseria a cui è obbligata la popolazione, hanno forgiato il coraggio e l’istinto alla solidarietà di una cultura che è stata protagonista delle grandi lotte per la vita e la dignità in Colombia.

 

 

Da oltre cinquanta anni il Governo colombiano continua a firmare degli accordi con le multinazionali per lo sfruttamento dell’oro e del petrolio in tutto il paese. Nel caso del Magdalena Medio la TEXAS PETROLIUM COMPANY, compagnia nordamericana che si è stabilita legalmente in Colombia dal 1926, possiede una concessione perpetua nella zona di Campo Velasquez, nel municipio di Puerto Boyacà.

Il contratto prevede la proprietà privata sullo spazio aereo, di suolo e sottosuolo. La AMOCO, associata alla BP, British Petrolium, dall’inizio degli anni 90 continua la sua attività estrattiva nel secondo giacimento di Gas più grande del paese nella zona del Valle del Cimitarra, nel delta del Rio Magdalena.

Anche la CORONA GOLDFIELDS e la SUR AMERICAN GOLD CORPORATION, iscritte alla borsa del Canada e con investimenti di vari paesi, è presente con importanti progetti di esplorazione e estrazione di oro, nella Serrania di San Lucas e nei municipi di Tiquisio e Rio Viejo, nel Sur de Bolivar.

Altre transnazionali come la Normandy Mining e la Archangel, hanno grossi interessi nella zona. Però paradossalmente, questa prospera regione da vari decenni è lo scenario delle più crudeli violazioni dei diritti umani denunciate in Colombia.

 

Negli ultimi dieci anni la situazione si è aggravata per la costante aggressione para-statale, con un saldo di migliaia di vittime, tra la popolazione civile e riconosciuti leader della regione. In molteplici occasioni sono stati organizzati incontri tra le organizzazioni sociali e quelle per i Diritti Umani, a livello regionale, nazionale e internazionale per unire gli sforzi ed esigere dallo Stato colombiano le garanzie per la vita, l’integrità, la libertà e il diritto alla Giustizia.

In questa stessa importante regione sono nati e consolidati importanti progetti contro insurrezionali basati nell’eliminazione sistematica e selettiva degli oppositori politici dello Stato. A Bucaramanga, ad esempio, ha sede la V Brigata e la II Divisione dell’Esercito, luoghi dove hanno trovato preziosa ospitalità riconosciuti responsabili di violazioni dei Diritti Umani, ispiratori dei gruppi paramilitari come il “MAS”, “Los Grillos”, “Los Tiznados”, che hanno operato in tutta la regione negli anni 80 e più recentemente scenario di operazioni per le Cooperative di Vigilanza e Sicurezza Privata “CONVIVIR”, delle ACCU e AUSAC.

Uno dei settori sociali più colpiti è stato quello sindacale. La persecuzione contro la Unione Sindacale Operaia “USO”, ne costituisce un chiaro esempio. Dal 1987 più di 90 dei suoi affiliati sono stati vittime di esecuzioni extragiudiziarie; 140 sono dovuti scappare dalla zona, 17 dei suoi dirigenti e attivisti sono detenuti dalla cosiddetta Giustizia Regionale, 3 esponenti ufficiali sono costretti all’esilio e il suo presidente, Hernando Hernandez, è vittima di continui attentati.

Attualmente la USO sostiene un’ardua lotta contro la privatizzazione dell’impresa petrolifera statale “ECOPETROL”, creata nel 1951 dopo moltissimi scioperi e proteste dei lavoratori. Gli organismi di investigazione e controllo dello Stato hanno sufficientemente documentato le denuncie sporte contro la Rete di Intelligenza dell’Armata Nazionale che, secondo gli investigatori, dal 1990 sarebbe responsabile dell’assassinio di oltre 100 dirigenti sociali a Barrancabermeja.

Oltre i dirigenti sindacali, in queste località sono rimaste vittime anche i difensori del Comitato Regionale dei Diritti Umani CREDHOS. Nonostante le reiterate e costanti richieste della comunità internazionale al Governo colombiano, affinchè abbiano fine i crimini di lesa umanità nel Magdalena Medio, la strategia paramilitare si è rafforzata.

Il vertiginoso aumento dei massacri, delle esecuzioni selettive, le mutilazioni delle vittime e la distruzione di intere popolazioni durante gli anni 90, hanno generato l’allontanamento forzato di centinaia di famiglie, in particolare contadine oriunde dei dipartimenti del Cesar, Santander, Antioquia e Bolivar.

ORO DI SAN LUCAS: V SECOLI DI VIOLENZA POLITICA

Nella regione l’oro si estrae dal 1492. Agli inzi del secolo, Leopoldo Vallette e Juan de Dios Illera Palacios, due latifondisti del Sur de Bolivar, presentarono i loro titoli di proprietà concessi dalla Corona Spagnola. Nel 1959 la famiglia Illera Palacios riuscì ad aggiudicarsi la proprietà su molte miniere della Serrania di San Lucas. Secondo il Ministero per le Miniere e l’Energia, solo nella regione del Bolivar si estrae il 42,1 % dell’oro presente nel paese.

Nel Marzo del 1997, Efrain Illera Palacios, in una lettera inviata via fax dalla CORONA GOLDFIELD S.A. all’Associazione Agromineraria del Sur del Bolivar, ASOAGROMISBOL, afferma: “Come titolare del certificato di proprietà del Ministero per le Miniere ed Energia n° 026, sono disposto ad entrare in trattativa con vopi con il fine di sviluppare un progetto minerario che benefici noi come voi”. “…Con questa lettere e con animo conciliatorio confermiamo il nostro desiderio di pace per la regione; non abbiamo interesse al patrocinio o alla collaborazione con gruppi paramilitari e siamo coscienti dell’importanza che voi avete per la regione…”

Il 25 Aprile 1997, un gruppo paramilitare composto da un centinaio di uomini autodefinitosi “Autodifesa dell’Azienda Bellacruz” compie un’incursione nel Municipio di Rio Viejo e uccide JUAN CAMACHO, un minatore molto conosciuto nella zona. Juan Camacho venne decapitato davanti a centinaia di persone che i paramilitari avevano obbligato ad assistere sdraiati al suolo. La sua testa venne conficcata su di un bastone indirizzata alla zona mineraria intimando alla popolazione che quella sarebbe stata la fine di chi avrebbe continuato a collaborare con la guerriglia.

 Il 20 Giugno dello stesso anno, il vicepresidente di ASOAGROMISBOL, venne assassinato ad Aguachica mentre faceva visita alla famiglia. L’avvocatessa della famiglia Illera Palacios, Luisa Fernanda Aranbure, consulente della CORONA GOLDFIELDS S.A. e redattrice del progetto di Codice delle Miniere sotto sollecitazione del ex ministro per le Miniere ed Energia, Albar Gonzales Villamizar, oltre aver incluso nella riforma alcuni articoli che beneficiano le transnazionali e pregiudicano i minatori, incluse un articolo che afferma letteralmente: “primi nel tempo, primi nei diritti”.

Questa espressione manifesta l’intenzione di strappare dalle mani dei piccoli minatori le licenze di esplorazione e di estrazione dell’oro per concederle alla famiglia Illera Palacios che vantava la proprietà delle miniere.

Alla fine del 1997 la signora Aramburo, assieme ad un cittadino nord-americano, costituì l’impresa San Lucas LTDA. Questa situazione è stata ripetutamente denunciata dal Sindacato dei Lavoratori delle Miniere della Colombia, SINTRAMINERALCO S.A. Il sindacato è costantemente oggetto di minacce e il suo presidente, Francisco Ramirez, ha dovuto ripetutamente abbandonare il paese e, anche se ora si trova nuovamente nel paese, è seriamente e costantemente minacciato.

 

L’OFFENSIVA DI CARLOS CASTAÑO

Durante il 1998, due dei più famosi responsabili delle bande paramilitari, Carlos Castaño e Camilo Morante, annunciarono pubblicamente la loro intenzione di sviluppare una “offensiva totale” nel Magdalena Medio fino a controllare definitivamente la regione.

A questa offensiva hanno destinato centinaia di uomini, armi e ampie risorse economiche. In una intervista alla rivista Semana, Castaño ha dichiarato: “ a Dicembre appenderò la mia amaca nella Serrania di San Lucas”.

I crimini che hanno maggiormente ferito la regione del Magdalena Medio nel 1998, generando il terrore tra la popolazione, è stata la scomparsa di 25 persone e l’assassinio di altre 7 nei quartieri a sud e nord ovest di Barrancabermeja durante l’incursione dei paramilitari avvenuta il 16 Maggio, e l’allontanamento forzato di oltre 14.000 abitanti del Magdalena Medio.

 

Quest’ultimi si sono visti obbligati ad abbandonare il Sur del Bolivar e il Valle del Cimitarra per riconcentrarsi nei municipi di Arenal, Morales, San Pablo en Bolivar, Barrancabermeja e Bogotà. Questo esodo forzato provocato dall’offensiva paramilitare nel Sur del Bolivar annunciata da Carlos Castaño è iniziata l’11 Giugno 98 con l’incursione di oltre 200 uomini fortemente armati nel municipio di Simitì. Così come comprovato dalle indagini preliminari della Magistratura, della Procura Generale della Nazione e dalle commissioni miste di verifica che hanno realizzato visite nelle zone dei massacri, la banda paramilitare, appoggiata dall’Esercito e dall’Armata Nazionale, ha iniziato le scorribande per tutta la riva del Rio Magdalena, da Barrancabermeja fino a Maganguè. Le incursioni sono state sistematiche e la maggioranza delle vittime sono abitanti dei 15 municipi che compongono la regione del Sur del Bolivar.

 

UN NUOVO COMPROMESSO DELLO STATO

 

I contadini ed i minatori sfollati hanno chiesto allo Stato e al Governo Nazionale l’installazione di un tavolo di trattativa con il quale abbordare il tema dell’allontanamento forzato, cercando formule necessarie per il rapido smantellamento delle bande paramilitari e creare le garanzie indispensabili per il ritorno nelle zone di origine e alle loro attività nelle miniere.

Il 20 Agosto 98, dopo due mesi e mezzo di completo abbandono, il presidente della Repubblica, Andres Pastrana Arango, ricevette nei suoi uffici i rappresentanti dei contadini e assicurò la sua compromissione per installare, attraverso il Ministero degli Interni, il Tavolo di trattativa nella città di Barrancabermeja.

Il 23 Agosto si è data vita al primo spazio di discussione tra i contadini sfollati e i rappresentanti del Governo e dello Stato Colombiano, chiamato “Mesa Regional del Magdalena Medio de Trabajo Permanente por la Paz”. Durante 103 giorni si sono discussi tutti gli aspetti relazionati con l’aiuto e l’appoggio aperto che le Forze Armate, agenti statali, gruppi economici e multinazionali hanno garantito ai paramilitari; i fattori che garantiscono la totale impunità dei responsabili delle violazioni ai Diritti Umani; lo smantellamento dei servizi di vigilanza privati; la destituzione dei militari compromessi con gravi violazioni dei Diritti Umani; la necessità di una riforma democratica della Giustizia castrense; la tipificazione del delitto della scomparsa forzata; la prospettiva delle politiche statali sul controllo e la lotta contro il paramilitarismo; gli investimenti sociali nella zona e la creazione di condizioni per il ritorno sicuro in condizioni di sicurezza degli sfollati.

La storica capacità organizzativa dei settori sociali del Magdalena Medio, i sindacati, le associazioni contadine e dei minatori, hanno reso possibile la centralità del tema del rispetto dei Diritti Umani davanti l’opinione pubblica nazionale, denunciando le criminali azioni dei gruppi paramilitari che operano con l’acquiescenza e la collaborazione delle Forze Armate.

Questa determinazione popolare ha ottenuto la presenza permanente nel tavolo di trattativa di alti funzionari dello Stato e il compromesso scritto, davanti la comunità nazionale e internazionale, di combattere i gruppi paramilitari e garantire il ritorno dei sfollati nelle loro zone di origine in condizioni di sicurezza. Nel corso di questi incontri i dibattiti sono stati sostenuti dai rappresentanti delle comunità con informazioni concrete, con testimonianze delle vittime degli atroci crimini, con documenti, grafici e mappe dettagliate con cui si indicavano esattamente i luoghi degli assalti, l’ubicazione delle basi militari e dei stessi paramilitari, evidenziando platealmente la connivenza esistente tra Esercito e bande paramilitari.

Il 4 Ottobre 98, Pastana ha firmato con i rappresentanti della “Mesa” alcuni accordi nei quali il Governo si comprometteva ad adottare le misure necessarie per proteggere la vita degli abitanti del Magdalena Medio e ad impegnarsi contro le cause che avevano motivato l’esodo forzato. Questi accordi sono stati visti dagli sfollati come la rivendicazione integrale più importante ottenuta negli ultimi anni nel paese.

 

IL RITORNO: PENA DI MORTE PER GLI SFOLLATI

 

Le giuste rivendicazioni e le reiterate denuncie degli sfollati, basate sul rispetto della vita, sono state raccolte dal Ministro della Difesa, Rodrigo Lloreda Caicedo e dal Generale Nestor Ramirez Mejia, vice-comandante dell’Esercito, con ingiuriose espressioni come: “..gli sfollati del Sur del Bolivar e del Magdalena Medio sono ostaggi della guerriglia e questo esodo obbedisce ad una strategia di pressione creata dai gruppi in armi”. Queste affermazioni hanno generato ulteriori persecuzioni, le esecuzioni selettive e nuovi massacri di contadini.

Le azioni criminali contro le popolazioni si intensificarono soprattutto dopo il ritorno dei contadini nelle loro zone di origine. La firma degli accordi del 4 Ottobre 98 ha lasciato come unico risultato il bombardamento e la distruzione di interi villaggi. Più di 25.000 persone, con il 60 % di bambini, hanno dovuto abbandonare nuovamente la propria terra.

Dal 7 Ottobre, data nella quale i contadini ed i minatori hanno cominciato a tornare alle proprie zone di origine, gli assassinii ed i massacri si sono intensificati.

I paramilitari hanno lanciato offensive in tutta la regione: il 25 Ottobre sono stati massacrati 11 abitanti del municipio Alto del Rosario nel Sur del Bolivar; il 30 Ottobre tre dirigenti contadini che avevano fatto parte dell’esodo verso Barrancabermeja come coordinatori, sono stati assassinati e mutilati. Dal 1 al 26 di Novembre 98 sono state massacrate più di 80 persone, sono state bruciate 689 case e due uffici municipali. A Barrancabermeja e San Pablo, nonostante la massiccia presenza della Polizia, ci sono stati altri massacri. L’offensiva paramilitare si estende a nuovi municipi.

I loro carnefici si muovono con liste di persone delle organizzazioni sociali, sindacali e dei Diritti Umani, con i nomi dei dirigenti contadini e dei rappresentanti del tavolo di trattative, nomi di chi espone quotidianamente la propria vita attraversando tutta la regione per visitare le comunità nuovamente smobilitate.

Come se questo non bastasse, si sono intensificati gli operativi dell’Esercito e dell’Aviazione con bombardamenti indiscriminati nell’area rurale di Simitì e San Pablo Bolivar. A San Pablo i paramilitari, con l’appoggio e il silenzio compiacente della Polizia e dell’Esercito, pattugliano le strade, controllano l’identità degli abitanti e sequestrano a proprio piacimento persone che poi vengono torturate e uccise. In queste zone il livello di impunità supera gli indici nazionali del 97%.

 

Il caso più aberrante degli ultimi anni è stata l’assoluzione da parte della Giustizia Penale Militare, del generale Farouk Yannine Diaz, responsabile della creazione e delle attività dei gruppi paramilitari nella decade degli anni 80. Nonostante gli organismi di controllo abbiano potuto verificare la connivenza e la collaborazione della forza pubblica, dei gruppi economici, dei latifondisti e narcotrafficanti con i gruppi paramilitari, non ci sono state sanzioni contro i responsabili intellettuali e materiali dei crimini fin qui enunciati.

L’unica azione della Magistratura rispetto al massacro del 16 Maggio a Barrancabermeja, è stata la concessione della libertà provvisoria all’unico detenuto accusato per la strage. Ma come sempre la realtà supera qualsiasi pessimistica immaginazione: durante l'anno in corso, nella stessa zona di Barrancabermeja e nei municipi del Sur del Bolivar, sono state assassinate selettivamente 370 persone, una ogni 17 ore, la percentuale più alta nel mondo.

 

GLI ACCORDI SOTTOSCRITTI DAL PRESIDENTE PASTRANA :

1.      Destituire tutti gli agenti dello Stato ritenuti vincolati per azione od omissione nella violazione dei Diritti Umani, o che abbiano contribuito alla conformazione di gruppi paramilitari nel paese.

Come conseguenza degli accordi si è stabilito:

2.      La Direttiva Presidenziale n° 03 del 15 Ottobre 98: “Politica governativa con relazione ai gruppi paramilitari presenti nel Magdalena Medio” attraverso la quale il Presidente Pastrana ordina alla Forza Pubblica di “intensificare le azioni e mostrare risultati immediati e contundenti contro i paramilitari”.

3.      Il Decreto n°2295 del 98 “per il quale si modifica il decreto 2895 del 97 e si crea un Gruppo di Ricerca contro il paramilitarismo nel Magdalena Medio” il quale “coordina le azioni con i diversi organismi dello Stato per combattere il paramilitarismo nel Magdalena Medio, contando con giurisdizione operativa nei dipartimenti di Antioquia, Boyaca, Bolivar, Cesar, Santander e Sucre”.

4.      Il Governo Nazionale, attraverso il Ministero degli Interni, emanerà un decreto per la creazione della “Commissione Speciale di Sostegno, Coordinamento ed Informazione delle Indagini suli Diritti Umani”, composta dalla Procura, dalla Magistratura, dalla rappresentanza dei contadini dell’esodo del Magdalena Medio e le Organizzazioni non Governative per i Diritti Umani.

5. Allo stesso tempo, nel secondo capitolo degli accordi relativi ai diritti economici, sociali e culturali, il Presidente ha emesso il decreto 2308 del 12 Novembre 98 attraverso il quale si compromette ad investire le risorse sufficienti e necessarie per l’esecuzione del “Piano di Sviluppo e Protezione Integrale dei Diritti Umani nel Magdalena Medio”, del quale il Governo ancora non ha dato nessuna risposta.

 

 

Comitato di Solidarietà con i popoli del Latinoamerica “Carlos Fonseca”

Per contatti tutti i lunedì su Radio Onda Rossa 87.900 Mhz – Tel.06-491750 4469102 Fax 06-4463616 e-mail : comitatocarlosfonseca@virgilio.it

Il comitato si riunisce tutti i lunedì e mercoledì in Via dei Volsci 30 dalle ore 20,30