GUERRA, OPPRESSIONE E DIGNITÀ DEI LAVORATORI

nelle lotte quotidiane la crescita

della forza e della coscienza collettive

mercoledì 3 marzo ore 11

facoltà di scienze - atrio tra i due bar

Proiezione dei filmati:

 


Lotta Sporca

(a cura del Collettivo Rete dei Lavoratori - Milano)

Autunno 2001: dopo una gara d’appalto al ribasso con ingenti tagli del personale imposti da Ferrovie dello stato e Trenitalia, i lavoratori delle pulizie ferroviarie iniziano una dura vertenza contro i licenziamenti. “Lotta Sporca” ricostruisce le ultime convulse giornate di occupazione.

Giovanna

(di Gillo Pontecorvo)

Le operaie di una fabbrica tessile occupano la fab-brica contro il licenzia-mento di alcune di loro.

Nell’affrontare, oltre al padrone, anche i pregiu-dizi familiari e sociali, trovano la loro forza nella solidarietà e nella lotta per la difesa dei propri diritti.

 


 

Testimonianze: Roberto Cortese - autoferrotranviere

 

Comitato contro la guerra - Università di Roma “Tor Vergata”

 

Di fronte a chi fa la guerra c'è - c'è sempre stato - chi vi si oppone

 

Sono le donne e gli uomini che riconoscono nella guerra uno dei tanti strumenti di oppressione, quell'oppressione che subiscono tutti i giorni e a cui quotidianamente si oppongono e resistono; e sono le donne e gli uomini che proprio dall'essere protagonisti della storia in questa veste di sfruttati/resistenti hanno imparato a leggere la realtà, a non abboccare alle menzogne, ad organizzarsi per difendersi; e a cui la coscienza del proprio sfruttamento ha insegnato anche la solidarietà con gli altri sfruttati.

 

Operaie e operai che difendono la loro fabbrica in tempo di guerra, così come hanno imparato a difendere se stessi in tempo di “pace”; camalli di Genova che ostacolano le operazioni delle navi da guerra americane ai tempi del Vietnam (non solo a Genova: sempre ai tempi del Vietnam i lavoratori del porto di Livorno fecero, tra le altre cose, un'azione dimostrativa clamorosa: assaltarono e occuparono una nave da guerra, ammainarono la bandiera americana, issarono quella vietnamita. Immediatamente arrestati, minacciarono di sollevare tutto il porto di Livorno in loro difesa, e questa minaccia bastò, in quelle condizioni, a farli rilasciare); ferrovieri che bloccano il materiale bellico diretto in Iraq; donne che assaltano i forni, lottando contemporaneamente contro la fame e contro la guerra; scioperi per il lavoro, in cui ancora la resistenza sociale si coniuga con la resistenza alla guerra; persone e famiglie che con le storie più disparate - in città o in campagna, in modo quasi casuale o per scelta da subito consapevole – contribuiscono all'opposizione alla guerra dando asilo e nascondendo i disertori...

 

Allora forse dobbiamo riconoscere nella guerra un momento - tragico - dell'opposizione tra sfruttati e sfruttatori (che produce molti eventi drammatici anche in tempi di cosiddetta pace) e rileggere la lotta contro la guerra nella storia della lotta contro l'oppressione. Per essere contro la guerra, per cercare di esserlo efficacemente, non basta mobilitare la propria coscienza, ma è necessario riconoscersi e partecipare alla presa di coscienza, alle iniziative, alla crescita collettiva. Conoscere e ritrovare una continuità nelle lotte sociali, appoggiare e unirci ai protagonisti in carne e ossa che con le loro scelte e le loro esistenze si sono ribellati al potere, ci può aiutare a trovare nelle lotte di ieri la forza e la capacità di costruire le lotte di oggi e di domani, e a riconoscere nelle molteplici lotte che agitano la nostra epoca forme diverse di una battaglia che forse già è - ma sicuramente può e deve diventare - comune.

 

La forza che si costruisce nelle lotte è un patrimonio - organizzativo, di conoscenza, di riconoscimento di sé in un percorso collettivo - cui si attinge e che cresce in tutta la propria esperienza di lotte. Se i lavoratori del porto di Livorno non avessero avuto alle spalle una storia di mobilitazione forte e unitaria in difesa dei propri diritti, non avrebbero potuto far pesare questa forza nelle iniziative contro la guerra.

Non a caso rompere questa forza, frantumare e isolare le lotte per renderle complessivamente inoffensive, è uno dei principali obbiettivi del potere: indebolire e spaventare con la criminalizzazione e la repressione; dividere chi ha avuto la forza e la capacità di unirsi, aprendo tanti piccoli fronti che impediscano di riconoscere un comune obbiettivo; alternare la carota al bastone per disorientare, invocando la pace sociale; inventare il razzismo e la guerra tra poveri; rompere le forme di trasmissione di sapere, dalla disgregazione sociale nei quartieri e nei posti di lavoro allo smantellamento dell’istruzione pubblica; sottrarci gli spazi conquistati in decenni di lotte nelle strutture pubbliche (scuole,  ospedali, consultori,...) per affidarli al Vaticano e al movimento per la vita; far leva sui punti di debolezza, le paure, i pregiudizi, per acuirli e trasformarli in strumenti di rottura di quella forza e di quella unità di cui parlavamo prima.

 

Perciò mentre sono in corso l’occupazione dell’Iraq, lo smantellamento della sanità, dell’istruzione pubblica e dello stato sociale in generale, la precarizzazione e la negazione di diritti sul lavoro, ci sembra importante recuperare una lettura complessiva delle lotte che stanno avvenendo nel nostro paese e della forza che rappresentano.

 

Comitato contro la guerra - Università di Roma “Tor Vergata”