Il 9 novembre, RdB/Cub e Slai Cobas

Sindacati di base in piazza contro guerra e finanziaria

 L’annichilimento che ha preso il corpo sociale dopo gli attentati dell’11 settembre sta lentamente scemando.

La finanziaria di guerra proposta dal governo dei ricchi rafforza certamente il legame stretto tra il no alla guerra e l’ostinata difesa dei diritti e delle conquiste dei lavoratori. L’attacco, violentissimo, che il governo e i padroni stanno portando al mondo del lavoro è null’altro che la conseguenza delle scelte del G8, quel G8 che in centinaia di migliaia abbiamo contestato a Genova. Lo scenario che si propone al mondo del lavoro è davvero terribile. Si combatte una guerra - che sta mietendo centinaia, forse migliaia di vittime civili in Afghanistan che si vanno a sommare a quelle di New York - che serve agli Stati Uniti a ridisegnare il proprio ruolo e la propria collocazione geopolitica nell’Asia del petrolio, del gas e dei corridoi in cui passano. La finanziaria per il 2002 si inserisce perfettamente in questo quadro.      Privatizzazioni ed esternalizzazioni di pezzi fondamentali delle tutele dei cittadini, scippo dei patrimoni immobiliari degli enti previdenziali che, con la scusa di sottrarli alla speculazione, vera, delle cooperative, vengono regalati alla speculazione finanziaria, definitivo smantellamento della previdenza pubblica, della scuola, della sanità che dovranno lasciare il passo al modernismo del privato, sgretolamento progressivo ed inarrestabile della funzione della pubblica amministrazione intesa come elemento di garanzia dei diritti uguali per tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale, blocco per l’intero 2002 di qualsiasi assunzione, che non sia flessibile, interinale, a tempo ecc., nella pubblica amministrazione con buona pace di centinaia di migliaia di LSU e verticalizzazione  per il personale di ruolo,  attacco frontale all’autonomia negoziale delle parti nei contratti di secondo livello e stanziamenti da “pane e salame” per i contratti pubblici. A questo poi si aggiunge il tentativo del governo, attraverso il Libro bianco di Maroni, di destrutturare e deregolamentare definitivamente il quadro delle tutele del lavoro.

Ci sono, ci sembra, mille buoni motivi per affrontare subito e con un momento generale di lotta. Scegliere, di nuovo, di affrontarle separati, categorialmente, ci sembra infantile, inconcludente e, ci si lasci dire, di “segno moderato”. E’ ipotizzabile che i lavoratori della sanità siano oggi da soli in grado di respingere il Patto di stabilità del sistema sanitario varato dal governo e che taglia 50.000 posti letto e 30.000 posti di lavoro? E quelli del trasporto aereo di impedire i licenziamenti? Spetta ai lavoratori dell’Inail o dell’Istat dare battaglia contro la privatizzazione di questi enti? Riteniamo che compito delle organizzazioni sindacali oggi sia quello di costruire il più vasto e forte movimento di risposta su questi terreni che sono strettamente intrecciati con la critica di massa alla guerra. Vogliamo dire con franchezza che riteniamo legittimi tutti gli scioperi che attraverseranno queste prossime settimane, cosė come francamente vogliamo dire che uno sciopero della scuola che affronti il “suo” pezzo di finanziaria, o quello della Fiom che rivendica una piattaforma tutta interna alle compatibilità del 23 luglio, o gli appelli all’unità con quella sinistra sindacale che ancora una volta sta dimostrando tutta la sua subalternità alle scelte concertative, tutt’oggi rivendicate da Cgil, Cisl e Uil, ci sembrano un po’ poca cosa di fronte alla pesantezza dell’attacco e alla drammaticità degli scenari di guerra. Non c’è da parte nostra, come pure qualcuno lascia affiorare tra le righe dei tanti articoli pubblicati in questi giorni, voglia di egemonia o di piegare altri alle nostre scelte e alle nostre esigenze.

 La scelta del 9 novembre ci sembra corretta sia rispetto all’avvio della discussione al Senato sulla Legge finanziaria, sia rispetto all’escalation della guerra e all’appuntamento, che non abbiamo dimenticato, del Wto. C’è invece sicuramente la consapevolezza della necessità di una risposta alta e unitaria che abbiamo proposto a tutti. Gli scioperi non sono come le ciliegie, una tira l’altra, soprattutto in una fase delicata come questa. Se ce ne saranno le condizioni politiche e la comprensione dei lavoratori non ci tireremo certo indietro, oggi ci sentiamo però di rilanciare l’invito a tutti perché il 9 novembre diventi una grande giornata di lotta con lo sciopero generale e la manifestazione nazionale a Roma che vorremmo fosse fatta propria da tutti coloro che sono contro la guerra, la finanziaria, lo smantellamento dei diritti dei lavoratori e dei cittadini.

Renzo Canadesi Renzo (SLAI Cobas)  Pierpaolo Leonardi (RdB/CUB)  Pier Giorgio Tiboni (CUB)

Roma,  10 ottobre 2001