Con l’arrivo delle buste paga di novembre si è potuto constatare quanto irrisori siano i reali importi degli arretrati contrattuali e verificare la reale entità degli aumenti mensili. La delusione, per le centinaia di migliaia di operatori sanitari, di personale amministrativo e tecnico è stata grande.
Ingannati da mesi di propaganda con la quale i sindacati firmatari del contratto hanno cercato di far passare il rinnovo contrattuale come una svolta epocale, il brusco ritorno alla realtà ha generato un diffuso sentimento di frustrazione e ingiustizia anche a fronte delle promesse e delle rassicurazioni che erano state fatte durante la pandemia.
Invece, ancora una volta, ecco aumenti imbarazzanti già divorati dal selvaggio aumento dei prezzi, intere categorie abbandonate a loro stesse e la creazione di percorsi professionali lautamente retribuiti solo per una ristretta élite.
La legge di Bilancio in approvazione, poi, non destina altro che le briciole alla Sanità, briciole che non saranno nemmeno sufficienti a coprire gli aumenti dei costi per l’energia e tanto meno a ripianare il deficit accumulato dalle regioni per le maggiori spese sostenute durante la pandemia. Deficit diffuso che, in mancanza di scelte determinanti, quale quella di togliere il tetto di spesa per il personale, costringe le regioni a non assumere il poco personale che oramai si riesce a reperire, spiana la strada per ulteriori esternalizzazioni e convenzioni con il privato, costringe il personale a condizioni di lavoro e sicurezza oramai intollerabili.
Lo sciopero generale del 2 dicembre indetto da USB e altri sindacati conflittuali per rivendicare una politica economica diversa, che tuteli il potere di acquisto degli stipendi e delle pensioni e non le spese per la guerra, che garantisca la sanità pubblica, la formazione e tutta l’economia pubblica invece di dirottare risorse verso la grande impresa ed il capitale, rappresenta, insieme alla grande manifestazione nazionale del 3 dicembre a Roma, l’occasione giusta per le lavoratrici e i lavoratori della sanità per trasformare la delusione e la frustrazione in rabbia e aderire convintamente a queste due giornate di lotta e mobilitazione.
Rinnovo immediato del contratto, stipendi adeguati all’inflazione reale, miglioramento delle condizioni di lavoro, investimenti, assunzioni. Senza tutto questo la sanità pubblica muore e con essa il diritto alla salute.
Unione Sindacale di Base – Pubblico Impiego – Sanità