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pubblicato il 17 Luglio, 2023

 

Per l’Università si omologa l’ordinamento professionale al modello degli altri comparti, ma non gli stipendi del personale universitario.

 

Non si comprendono le ragioni che hanno legittimato la firma di alcune sigle sindacali all’ipotesi di rinnovo del contratto nazionale. Nessuna delle timide migliorie evocate dai sindacati firmatari, tutte da verificare, giustifica lo smantellamento dell’ordinamento professionale attualmente in vigore volto all’introduzione di un quadro di nuove figure che penalizza un po’ tutti a fronte di irrisori aumenti stipendiali che non consentono né il recupero del potere di acquisto perso con l’inflazione reale e né l’adeguamento ai livelli stipendiali degli altri settori del pubblico impiego.

Non sono previsti incrementi contrattuali per la parte stabile del fondo accessorio, limitando in tal modo il numero delle progressioni economiche possibili, per di più contingentate a un numero massimo di cinque nell’arco della vita lavorativa.
Pur se confermate dai precedenti CCNL, alcune voci volte a possibili finanziamenti della parte stabile dell’accessorio continueranno a non essere valorizzate perché non sono stati eliminati i blocchi dettati dai vincoli di stabilità.            

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USB, sindacato di lotta, antifascista ed inclusivo, esprime la massima solidarietà agli studenti denunciati alle autorità in occasione delle proteste avvenute il 25 ottobre scorso davanti all’ingresso della Facoltà di Scienze Politiche.

In quella circostanza un gruppo di ragazzi aveva voluto manifestare il profondo sdegno nei confronti dell’Ateneo, colpevole di ospitare al suo interno un deplorevole convegno sul “capitalismo buono”, evidente contraddizione in termini, organizzato da un’associazione studentesca di estrema destra con la partecipazione del deputato di FdI Fabio Roscani, presidente del gruppo post-fascista di Gioventù Nazionale, nonché l’ignobile passerella dell’ineffabile Daniele Capezzone. La risposta dell’istituzione è stata, come sempre più spesso avviene, la repressione a colpi di manganellate.

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Dubbi sull’efficacia del provvedimento che sblocca i 50 milioni di risorse aggiuntive destinate alla valorizzazione del personale tecnico amministrativo e bibliotecario delle università. Risorse già dal 2022 nelle disponibilità delle università statali e finora inutilizzate in attesa del decreto ministeriale che stabilisse i criteri di assegnazione al personale degli atenei.

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Da sempre sosteniamo l’Università pubblica a garanzia di un vero diritto allo studio. Un diritto che passa anche attraverso un sostegno vero alle famiglie e agli studenti.

 

Milano, Roma, Firenze, Torino, Bologna, Cagliari, Pavia sono solo alcune delle città italiane in cui gli studenti si mobilitano contro il caro affitti. Ci auguriamo che la mobilitazione si allarghi velocemente con la forza di incidere.

Gli affitti, come ben sappiamo, hanno raggiunto oramai costi proibitivi compromettendo l’effettività del diritto allo studio e rendendo di fatto l’accesso all’istruzione universitaria sempre più un privilegio di classe anziché un diritto costituzionalmente garantito. Si tratta di un altro fondamentale tassello della più generale emergenza abitativa che USB denuncia da lungo tempo.

Rendita immobiliare, gentrificazione delle città, affitti brevi per un turismo “mordi e fuggi” che “consuma” le città e tagli alla spesa sociale, cioè al salario indiretto, hanno determinato una situazione  oggettivamente insostenibile per strati sociali sempre più ampi, inclusi importanti settori di ceto medio il cui tasso di declassamento e impoverimento aumenta ad un ritmo allarmante. In una città come Milano, tra le più care d’Italia, per una stanza si arriva a pagare anche 800 Euro di affitto. Ma non va molto diversamente nelle altre città, afflitte da una cronica carenza di posti letto disponili a prezzi accettabili.

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