Al personale tecnico amministrativo e bibliotecario
in servizio e in pensione delle università
COMPILA QUI: DIFFIDA E RICORSO
La sentenza n. 4/2024 della Corte costituzionale ha certificato l’illegittimità dell’art. 51, comma 3 della L.388/2000 che, oltre a bloccare i salari, ha bloccato al 1990 le maggiorazioni R.I.A. (Retribuzione Individuale di Anzianità) che, invece, dovevano essere corrisposte fino a tutto il 1993.
Sulla illegittimità della L. 388 del 23/12/2000 sulla maggiorazione R.I.A. e sulla possibilità e modalità di richiedere il diritto alle retribuzioni spettanti, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale, sono circolate molte e varie interpretazioni.
Oltre l’Università, sono interessati quasi tutti i comparti del Pubblico Impiego. Per non fornire informazioni inesatte, USB Pubblico Impiego ha preferito aspettare qualche giorno in più e consultare il proprio legale che ha fornito indicazioni circa la procedura più efficace per richiedere il diritto all’aggiornamento della R.I.A. con un aumento della retribuzione che andrà ad incidere positivamente sia sulla liquidazione del TFS che nel successivo calcolo dell’assegno pensionistico.
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Come USB P.I. Settore Università riteniamo doveroso invitare a sostenere e sottoscrivere la lettera aperta al MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), promossa da numerose e numerosi appartenenti al mondo universitario e della ricerca, per chiedere la sospensione del bando per la cooperazione tra istituzioni italiane e israeliane in materia di ricerca scientifica uscito alcuni giorni fa (https://www.esteri.it/it/diplomazia-culturale-ediplomazia-scientifica/cooperscientificatecnologica/accordi_coop_indscietec/).
Nel momento in cui la distruzione della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano procede con un’intensità e un accanimento sui civili che ricordano i periodi più bui della storia, è inconcepibile pensare che la ricerca scientifica possa continuare senza pause.
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L’Università di Pisa applicherà un consistente taglio ai servizi integrativi appaltati delle biblioteche. Questo avviene all’indomani dell’accordo del rinnovo contrattuale delle cooperative sociali che, pur prevedendo incrementi salariali modesti senza alcun recupero dell’inflazione, dovrebbe portare a un miglioramento delle attuali condizioni salariali e di lavoro del personale esternalizzato delle biblioteche.
L’accordo per essere applicato, però, deve essere riconosciuto dagli enti appaltatori tramite un maggior impegno finanziario.
L’Università, invece, comunica pubblicamente che per l’appalto del 2024 stanzierà per le biblioteche gli stessi 460 mila euro degli anni passati. Questa scelta comporterà il taglio di oltre il 45% degli attuali servizi integrativi di biblioteca appaltati con la conseguente perdita di posti di lavoro, o di riduzione di ore e di salario degli attuali lavoratori.
Saranno ridotti i servizi all’utenza che solo in parte saranno compensati con l’assunzione di una decina di bibliotecari che non potranno mai coprire la carenza di organico dovuta al mancato turn over.
A questa situazione inaccettabile porta l’adesione a regole di mercato che puntano al profitto a discapito del lavoro e di servizi essenziali per la comunità universitaria.
In allegato il comunicato di USB Università di Pisa: USB UNIPI_appalti_biblioteche_CUI PRODEST
USB PI – Università
USB proclama, anche quest’anno, una giornata di sciopero generale, di tutte le categorie pubbliche e private, in risposta all’appello del Movimento transfemminista Non Una Di Meno.
Come Organizzazione Sindacale abbiamo colto da subito la necessità di strappare una giornata simbolica come quella dell’8 marzo, alla retorica della ricorrenza rituale per ricollocarla nello spazio che le è proprio: la lotta.
Sono tanti i nessi strutturali che compongono la violenza contro le donne e di genere e se, sicuramente, il dato più drammatico è rappresentato dal numero crescente di stupri e femminicidi, non è possibile sottovalutare la violenza culturale, istituzionale ed economica.
Ed è proprio sulla violenza economica che come sindacato abbiamo maggiormente focalizzato la nostra attenzione e il nostro intervento in questi anni.
In quella zona di stretta connessione tra un lavoro produttivo fatto di bassi salari, lavoro intermittente, precario, sfruttato, sottopagato e povero, e un lavoro di cura gratuito che pesa, per oltre il 75%, sulle donne.
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