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NO ALLE POLITICHE DI GUERRA, NO ALLA RIFORMA BERNINI, NO AI TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA!

Mentre l’opinione pubblica è distratta dalla martellante narrazione sulla necessità di intensificare la dotazione bellica di 27 paesi dell’Unione europea, nel corso delle ultime settimane gli Atenei italiani hanno visto una fitta rete di mobilitazioni da parte di fondamentali settori della comunità universitaria contro la cosiddetta “Riforma Bernini” e i tagli al FFO culminate in un “Manifesto delle lavoratrici e dei lavoratori precari delle Università”.   Una riforma che, nel generale contesto di crisi strutturale del modello neoliberale, unitamente al cronico sottofinanziamento, è lecito ritenere finisca con aggravare in modo molto preoccupante la consolidata tendenza alla disgregazione del sistema universitario pubblico con ricadute sociali che risentono delle diverse dinamiche territoriali.    

Pungolata dalla frusta della competitività a tutti i costi, con un modello di governance autocentrato e sempre meno democratico, l’Università di oggi sta progressivamente smarrendo il suo significato di “bene comune”.

A farne le spese sono anzi tutto gli studenti e le studentesse, i dottorandi e le dottorande. Non solo perché per loro si conferma un futuro di precarietà e incertezza – e/o di emigrazione – ma anche perché la loro condizione odierna rappresenta la cartina di tornasole di una condizione più generale; perché assieme alle loro famiglie sono tra coloro che scontano i rovesci dei processi di trasformazione del tessuto urbano delle nostre città, divenute luoghi destinati al “consumo turistico” (e rendita immobiliare), nonché perché sono figli e figlie di una condizione salariale divenuta insopportabile.

La riforma del pre-ruolo con la moltiplicazione di figure precarie rischia inoltre di mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di carriera accademica per larga parte di quel personale (ricercatori a tempo determinato di tipo A, assegnisti di ricerca, borsisti…)  che col loro lavoro quotidiano rendono possibile l’attività didattica e di ricerca nelle università.

I tagli al FFO pongono in forma ancor più drammatica il problema delle esternalizzazioni, peggiorando ulteriormente le già vergognose condizioni di lavoro all’interno delle ditte appaltatrici.   

E’ difficile, ugualmente, non nutrire serie preoccupazioni per il limitato turn over con conseguente incremento dei carichi di lavoro, la scarsa possibilità di carriera e la persistente asfittica dinamica salariale che riguarda il personale tecnico amministrativo e bibliotecario del comparto (T.A.B) e C.E.L.           

A fronte delle insufficienze che si registrano in capo ai rinnovi dei CCNL (quello che si annuncia per il triennio 2022/2024 rischia di essere persino peggiorativo rispetto a quello vigente, peraltro già scaduto), il personale TAB ha visto nel corso degli anni una contrazione della parte salariale accessoria dovuta al contingentamento dei Fondi dedicati alla contrattazione decentrata.       

Oggi sappiamo che per l’aumento delle spese militari e per le politiche di guerra si può andare in deroga al patto di stabilità mentre da anni ci vogliono far accettare che non è possibile contravvenire per:
–           aumento salari 
–           aumento pensioni 
–           aumento assunzioni per abolire il precariato 
–           aumento spese sanitaria 
–           aumento spese per l’istruzione 
–           aumento spese per ricerca 
–           aumento spese tutela del territorio

Ma il  Re è NUDO!

Queste sono le  ragioni per cui USB, accogliendo favorevolmente le sollecitazioni provenienti da alcuni collettivi studenteschi, ha indetto una giornata di mobilitazione con la proclamazione di uno sciopero per l’intera giornata del 4 aprile 2025 del personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, Cel, personale docente e precario delle Università.

USB Pubblico Impiego – Università

♦ Allegati:

pubblicato il 13 Marzo, 2025

La USB, il nostro sindacato, si è sempre battuto per chiedere salari adeguati al reale costo della vita senza mai accettare gli “aumenti/elemosina” a cui purtroppo stiamo assistendo da tempo.

Ora come allora, gli organi competenti ARAN, MEF etc.. ,espressione dei governi degli ultimi anni, hanno sempre motivato il rifiuto alle nostre richieste di salari adeguati con la mancanza di soldi: mentivano ed ora ne abbiamo la dimostrazione.

Non ci sono risorse per Salari, Pensioni, Sanità, Istruzione, Ricerca ma si trovano per aumentare le spese per le armi con la possibilità di andare in deroga al patto di stabilità:

Loro dicono: per le armi SI’, per lo Stato sociale e per i salari NO.

NOI gridiamo:

GIU’ LE ARMI, SU I SALARI!

USB è contro queste politiche di guerra che smantelleranno a passi da gigante lo Stato sociale. Ed è per questo che sabato 15 marzo sarà in un’altra piazza a Roma contro il riarmo (Piazza Barberini ore 15:00).

Vi invitiamo a leggere il comunicato di USB Pubblico Impiego: LINK

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ASSEMBLEA ONLINE 18 marzo dalle 16.00 alle 17.00

USB PI Università ha organizzato un ciclo di assemblee online con l’obiettivo di far conoscere il nostro sindacato e la nostra piattaforma, ma anche quello di raccogliere proposte ed informazioni da parte delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Università.

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Questo non è un appello, ma una piattaforma per una Ricerca Pubblica libera e indipendente in un Paese che ripudia la guerra.

Vedere 800 mld di euro regalati al profitto dell’impresa militare, prevedere che ci saranno 45 mila soldati in più e 50 mila precari in meno, cacciati dalla Ricerca, non può esaurirsi in un appello.

Nell’epoca del nuovo maccartismo in cui la ricerca è asservita a scopi militari, in cui vengono stilate liste nere di enti, istituzioni e Stati con i quali non si può più collaborare, in cui si predispone il licenziamento di due generazioni di giovani ricercatrici e ricercatori, è necessario lasciare la scrivania e scendere nelle piazze..

Per questo, contrastando l’effetto “Serra”, l’università e la ricerca saranno in piazza Barberini il 15 marzo, per dire forte il nostro NO alla guerra e al riarmo.

Per questo saremo con Cambiare Rotta, il 22 marzo, in convegno, per analizzare a fondo la trasformazione di Ricerca e Università in chiave militarista e organizzare la nostra opposizione.

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pubblicato il 12 Febbraio, 2025

Sono passati più di quindici anni dall’ultima e unica progressione verticale effettuata per il personale tecnico amministrativo e bibliotecario dell’Università Tor Vergata. 

A fine 2009 è intervenuta la  Riforma della Pubblica Amministrazione (c.d. “Brunetta”) che ha disapplicato la regolamentazione contrattuale delle progressioni di carriera.

Negli ultimi anni, sono state introdotte normativamente nuove forme di valorizzazione della professionalità acquisita dai dipendenti: le progressioni verticali ordinarie o cosiddette “a regime” che in ogni caso prevedono l’accesso alle selezioni solo con il titolo di studio richiesto dall’esterno.           
Tuttavia, con l’ultimo contratto nazionale di lavoro sono state previste per un periodo limitato le progressioni verticali transitorie. Forme di crescita professionale legate a una procedura interna per i dipendenti di ruolo i quali, pur essendo in possesso di ampia esperienza maturata nell’area professionale di provenienza, non dispongono del titolo di studio richiesto per il concorso esterno.

Anche se con un po’ di ritardo rispetto agli altri atenei, l’Amministrazione di questa Università ha presentato alle rappresentanze sindacali il Regolamento per le progressioni verticali transitorie per il passaggio di area superiore degli operatori e dei collaboratori. Da questo Regolamento sono esclusi i  passaggi dei funzionari all’Area degli EP, poiché non è possibile accedervi senza  il titolo di studio previsto per l’esterno. Per queste procedure, è necessario  l’adozione di un Regolamento che disciplina le PEV a regime.

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