“L’informe materia” del bilancio di previsione
Care colleghe e cari colleghi,
la faccenda bilancio debutta in Commissione con un presunto disavanzo di ben 44 milioni di € e viene introdotta da un interminabile “cahier de doléances” recitato in prima battuta dal Rettore quindi dal Direttore Amministrativo. Solo dopo ben quattro lunghe ed estenuanti sedute della Commissione Senatoriale Programmazione e Sviluppo, nel corso delle quali si è attentamente esaminata ogni singola voce della bozza di bilancio elaborata dall’Amministrazione, si è giunti a sottoporre al vaglio del Senato un Bilancio di previsione e.f. 2011 che andava sostanzialmente in direzione del pareggio.
Verrebbe, a fronte di questo, quasi voglia di “esultare”! Sia nel pensare allo scampato pericolo del tanto temuto “commissariamento”, sia per il fatto di essere riusciti a programmare delle solide basi economiche; presupposto, questo, necessario a favorire un futuro, virtuoso operare, uscendo adeguatamente dall’attuale “esercizio provvisorio”. In realtà, purtroppo, così non è! Paradossale vero? Vedere a tal proposito sia articolo di Repubblica del 18/2/11 ivi allegato, sia le preoccupanti e torbide vicende che si consumano nelle sedute del C.d.A, luogo , questo, dove trasparenza e democrazia non hanno diritto di cittadinanza. Oltre a ciò, non si è fatto nemmeno in tempo ad assaporare i primi benefici risultati di questo duro lavoro sul Bilancio di previsione, che già si avvertono gli echi delle “campane a morte” suonate per mano di un “boia governativo” che con un superficiale tratto di penna, contenuto nel mille proroghe, ci condanna tutti a morte. Un’ulteriore conferma della assoluta fragilità ed inconsistenza di ogni possibile rimedio preso sul piano locale e decentrato sta nella impossibilità di elaborare qualsiasi strumento d’intervento; il risultato concreto al quale si approda sarà sempre e comunque il nulla. Anche con il sostegno della più lungimirante e responsabile disposizione amministrativa, pare che nulla possa salvarci dal baratro (vedi Siena).
Siamo quindi arrivati alla paradossale situazione che qualsivoglia provvedimento venga impugnato – anche il più accurato, severo e oculato – non riesca a sortire un qualche pur minimo effetto positivo e di traino per riuscire a superare le sabbie mobili di una crisi, impostaci dall’alto, che ci trascina sempre più in basso e sulla quale non disponiamo di nessuna possibilità reale d’intervento. Si ha così una netta e desolante sensazione di agonia: un’agonia lenta, terribile e certa, esattamente uguale a quella percepita da chi si sente di stare per esalare l’ultimo respiro. Questo sembra essere lo spirito che si coglie tra i corridoi dell’Ateneo.
La condanna è rivolta al sistema stesso del servizio pubblico; ai lavoratori dipendenti e, in senso più olistico, al controllo democratico degli enti pubblici (vedi il recente pronunciamento della Corte dei Conti sulla diffusione della corruzione). Da chi arriva tutto ciò e perché? Perchè mentre noi agonizziamo, i ricchi detentori di azioni si distribuiscono dividendi milionari. Perché i c.d. “prenditori” nostrani (gli stessi che esultavano, felici di poter lucrare liberamente sulle disgrazie altrui, di fronte alle morti del terremoto a L’Aquila e alle altre numerose catastrofi idro-geologiche del paese) evadono senza problemi per miliardi e miliardi, diventando sempre più ricchi, così sottraendo sempre più risorse dai nostri “beni comuni”. Tutto questo condanna noi ad una magra esistenza fatta di precarietà e servizi scadenti, ipoteca inoltre in negativo il futuro dei nostri figli. Infine il “colpo di grazia” che arriva dagli stessi personaggi politici di governo, i quali spendono allegramente miliardi per fantomatiche missioni di pace e sperperano denari privati e pubblici per festini con prostitute italiane e straniere.
In tale desolante scenario non resta che confidare vivamente nelle rivolte delle giovani generazioni, nella speranza che riescano presto a spazzar via tali personaggi, esattamente come i giovani magrebini stanno facendo con i rais del medioriente.
Per tornare alla nostra voce di bilancio vi allego la dichiarazione rilasciata in Commissione dal sottoscritto, nel corso della seduta del 28 gennaio. Questa fornisce alcune informazioni circa la debacle subita dalla mozione “Di Santi” presso il C.d.A. L’esito inevitabile è stato dettato sia dal completo isolamento politico-sindacale subito nel corso della campagna, sia del mancato corale supporto che avevo chiesto ai numerosi colleghi, responsabili di strutture ai quali mi ero gentilmente rivolto. Per cui alla fine, obtorto collo, ho maturato la convinzione della assoluta inopportunità di presentare un ulteriore intervento sulla materia della mozione, come invece avevo in un primo momento pensato di poter fare e come avevo annunciato in Commissione al Rettore. In conclusione potrei essere accusato di errore di strategia; certo non del fatto di non aver caparbiamente insistito fino alla fine, articolando inoltre convintamente le mie sacrosante ragioni, senza nessun timore reverenziale nei confronti del “grande capo”. Così facendo, in questa battaglia, mi sono a più riprese esposto alle più severe critiche, pervenute insistentemente dai dirigenti dell’Ateneo e dai docenti più influenti del Senato. Nello specifico dirigenti e docenti hanno manifestato una forte solidarietà di “classe” senza dubbio alcuno. Ciò perché facevo loro i conti materialmente in tasca, chiedendogli di rinunciare a poco in favore di chi dispone di minori risorse… ma, come potete verificare, una lotta così chiara e trasparente non si può condurre “in solitaria”: è molto pericoloso!!! Le minacce hanno infatti un sapore tetro e sono causa di insopportabili pesi sulle spalle, spesso tradotti in vere e proprie “invettive flagellatorie”! Tutti infatti erano contro: non una sola parola di solidarietà, non un pur minimo gesto di sostegno. Sembra quindi sia un vero proprio tabu cercare solo di occuparsi, seriamente, in maniera coerente e con solidi argomenti, dei redditi dei dirigenti dell’Ateneo. Di quanto concretamente “si portano a casa ogni mese”, compresi, per alcuni di essi, anche i buoni pasto. Ma, riflettete sull’assurdità: in merito all’argomento buoni pasto, ho avuto contro anche “l’ira funesta” dei sindacati presenti in Commissione, i quali mi si sono rivolti contro arrivando a difendere il diritto dei dirigenti ad averne, in quanto anche loro legittimi “dipendenti” dell’Ateneo… Mah! Mi domando io, chi lo ha mai contestato! Car* Collegh* ad ognuno di voi la libertà di fare le proprie debite conclusioni circa questi “sedicenti” sindacalisti che nel buio dei corridoi amano professarsi e dipingersi come veri rivoluzionari (magari rivendicando il fatto di aver rifiutato di firmare un sacrosanto accordo decentrato, senza neanche domandarsi seriamente perché persino i loro iscritti abbiano aderito al bando) per poi invece – alla luce dei fatti concreti, cioè quando i soldi si trovano effettivamente – nascondersi dietro i più ingegnosi e artificiosi distinguo “normativi” pur di non affrontare concretamente la questione, prendendo una chiara e netta posizione sulla giusta parte da difendere. Infine, agli stessi soggetti, è rivolto il mio personale e fraterno invito a ben consultare un dizionario della lingua italiana prima di partorire il prossimo comunicato, dato l’esito catastrofico avuto dall’ultimo.
La battaglia del “grano” (intesa nel senso di vil pecunia) è poi proseguita nelle successive sedute. Pro veritate va riconosciuto, al Presidente della Commissione prof. E. Limiti in primis, ma anche a tutti i dirigenti intervenuti nelle sedute, di aver messo, per la prima volta a memoria di mandato, i membri della Commissione in condizioni ed in grado di affrontare con chiarezza ogni singola voce del bilancio. Sono stato favorevolmente colpito da questo atteggiamento, fra l’altro altamente istruttivo, che auspico rappresenti l’inizio di un vero e proprio “nuovo corso” per questa Commissione finora impegnata solo in lavori di facciata. Lavori svolti velocemente e con fare “grettamente” amministrativo; era infatti abitudine deliberare senza alcuna possibilità di entrare nella sostanza delle cose e nel merito delle voci di Bilancio. Grazie quindi al Presidente e ai dirigenti coinvolti potrò fornirvi, in aggiunta a quanto già fin qui detto, ulteriori elementi di chiarimento sulla definizione ultima del bilancio, senza dimenticare di ringraziare il Direttore amministrativo per la dettagliata relazione fornita nel corso del plenum.
VOCE ENTRATE
Al fine di pervenire ad un complessivo riequilibrio del bilancio, non ci si è forse un po’ troppo sbilanciati? Non saprei valutare con certezza! Ciò lo si è certamente fatto con riferimento a due voci consistenti delle entrate, anche se va detto che non sono mancati, qua e là, piccoli ritocchi che hanno interessato voci di minore entità.
Con il primo intervento si è aumentato di circa 10 miloni di € il fondo di finanziamento ordinario. L’Amministrazione, molto prudentemente, aveva indicato nelle entrate una cifra ridotta, rispetto alle promesse Ministeriali, sulla base di una valutazione delle successive assegnazioni concrete ottenute negli anni precedenti. Ma, per far quadrare i conti, la Commissione ha scelto di correre il rischio indicando la cifra esatta fornita dal Ministero, confidando anche su un auspicabile quota di riequilibrio, che il Rettore ha promesso di poter ottenere nel corso dell’anno con plausibile certezza.
Con il secondo intervento si è altresì deciso di aumentare i contributi dalle tasse in capo agli studenti di circa 4 milioni di €. Evito in questa sede di assumere impropriamente le difese degli studenti, anche se una profonda riflessione sull’argomento andrebbe sviluppata.
Questi sono gli interventi di maggior rilievo nella voce in oggetto.
VOCE SPESE
Sotto il segno delle riduzioni delle spese va analizzato il lungo capitolo preso qui in oggetto. Indubbiamente dobbiamo riconoscere un merito alla gestione amministrativa; quello di essere riuscita comunque a mantenere intatti i livelli di retribuzione per il 2011, confermando gli attuali stanziamenti destinati a sostenere il costo del personale. Motivo principale per il quale ho ritenuto inopportuno – anche se di argomentazioni ve ne erano a sufficienza – votare contro l’approvazione del bilancio. L’analisi dettagliata sulle riduzioni delle spese va quindi necessariamente declinata verso molteplici voci; si sono, infatti, ridotte le spese su numerosissime singole voci, ma per comodità noi ne affronteremo solo alcune, cercando di scegliere tra quelle più rappresentative riguardo al criterio delle politiche di contenimento delle spese adottate dalla Commissione.
Attingo liberamente e mi oriento, su alcune voci, dalle relazioni presentate dal Rettore e dal Direttore Amministrativo.
1) Consistente riduzione delle spese c.d. discrezionali, cioè quelle relative alla didattica e alla ricerca.
2) Riduzione delle spese di funzionamento degli organi amministrativi. Tuttavia, a mio giudizio e come da mozione presentata, le indennità percepite da docenti e da dirigenti sarebbero molto più opportunamente da cancellare del tutto, sostituendole altresì con un più contenuto rimborso spese (vi rimando al testo allegato).
3) Riduzione delle spese per la manutenzione degli impianti e delle infrastrutture.
4) Riduzione delle spese per la formazione del personale tecnico-amministrativo e bibliotecario.
5) Riduzione, in termini più generali, delle voci che attengono ai servizi, salvo quelli rivolti più direttamente agli studenti.
La Commissione , dopo aver constatato molte evidenti incongruenze circa notevoli oneri di funzionamento di numerosi servizi, si è rivolta ai dirigenti presenti pregandoli di prevedere per il futuro – nel testo delle nuove gare di gestione dei servizi – il pagamento a favore dell’Università di un congruo canone di affitto da parte dei gestori vincitori, a partire da: l’asilo nido (dal quale non riceviamo nulla e, tra l’altro, molti colleghi lamentano i costi troppo alti); dai campi sportivi; dai punti ristoro etc.
Restano per ora parzialmente irrisolti due problemi di rilievo che riguardano il regolare funzionamento delle biblioteche e quello relativo alle borse per i dottorati di ricerca (ai quali non a caso la mia mozione di dicembre faceva già riferimento, segnalando le gravi sofferenze che subivano), per i quali non si è riusciti a trovare un accordo per il reperimento di adeguate risorse.
“Il peccaminoso silenzio degli innocenti” Martin Luther King
Al punto 4.1 Adempimenti relativi al comma 5, dell’art. 2 della Legge 30/12/10, n.240 (la c.d. Gelmini), si è discusso della Composizione e delle modalità di designazione dei sei membri, di competenza del Senato, che dovranno far parte della Commissione incaricata di adeguare lo Statuto dell’Ateneo alle norme contenute nella nuova legge. I sei membri designati dal Senato, come credo già sappiate, sono espressione di elezioni maturate all’interno dei Consigli di Facoltà. Tale procedura, badate bene non prevista dal dettato della L. 240 2010, rispondeva ad un criterio di maggior coinvolgimento della comunità accademica e, quindi, al ricorso esplicito ad una democrazia modello “deliberativa” di proppiana memoria. Tuttavia, pur condividendo pienamente il criterio adottato, al momento del voto mi sono astenuto. Ho fatto ciò non per scarsa fiducia nei confronti dei membri del Consiglio di Facoltà, né per manifestare veti circa i nomi dei candidati emersi, alcuni dei quali ben conosco personalmente e verso cui non nutro alcun tipo di “pre-giudizio” previo alla valutazione del loro concreto operare. Anche i rappresentanti degli studenti presenti in Senato sono stati in qualche modo consultati in merito alla scelta dei nomi per la componente studentesca; al contrario, nel corso della medesima seduta, i quattro rappresentanti del personale sono impietosamente ignorati.
Il mio voto voleva quindi solo denunciare l’esistenza di questa evidente democrazia “zoppa” e a corrente alternata: in qualche modo sempre efficace per la difesa dei diritti dei docenti e a volte, ma non sempre, di quelli dei ricercatori e degli studenti. Democrazia che al contrario disattende sistematicamente i diritti e gli interessi dei “sudditi”, dei “servi della gleba” a servizio dell’accademia. Infine, alla luce delle successive scelte del C.d.A.– che ha completamente disatteso il pronunciamento elettorale del personale tecnico-amministrativo e bibliotecario (anche se riconosco che l’affluenza è stata molto parziale e, a tal proposito, sarebbe molto istruttivo interrogarsi sul perché!) –, questa mia forma simbolica di denuncia viene pienamente giustificata e, oserei direi, quasi profeticamente.
Infatti il C.d.A. accoglie parzialmente l’indicazione di voto dei professori associati, ratificando il nome del vincitore e, non si capisce in base a quale oscuro criterio, salta la seconda classificata per nominare il terzo, prescindendo dalla denuncia che andrebbe mossa sul criterio palesemente “maschilista” che ha guidato tale esclusione (a questo proposito dove sono finite le combattive pari opportunità e le leggi sulle quote? Allo stato su 11 nominati solo 2 sono donne!). A fronte di ciò mi domando e vi domando cosa si celi dietro questa scelta?
Cosa parzialmente simile accade con i ricercatori; viene giustamente nominato il vincitore e, anche qui inspiegabilmente, si salta il secondo classificato per scegliere la terza.
Ma la pulsione antidemocratica, com’era prevedibile, si accanisce ignobilmente in modo molto più palese contro i veri “sudditi” del sistema, contro i più deboli e i meno garantiti, in linea con quanto accade a tutti i livelli nel paese, con l’esplicito obiettivo finale che costoro tali dovranno restare per sempre. Come preludio di quello che dovrà accadere anche sotto il nuovo “regime” legittimato dallo Statuto.
Non a caso, onde evitare, a tal proposito, possibili malintesi, il segnale lanciato è stato molto forte. Alla stessa maniera dei recenti bombardamenti di Gheddafi sulla folla manifestante, le due prime classificate, con ampio margine di distacco rispetto al terzo classificato, sono allegramente ignorate dal C.d.A. (credo che si siano fatti anche ricche risate!!!), e sono invece nominati il terzo classificato e una collega di medicina, tra l’altro nemmeno presente tra i candidati. Siamo ormai arrivati al punto che sarebbe proprio il caso di cominciare ad agire per trovare le forme per sfiduciare questo C.d.A. e mandare tutti i componenti quanto prima a riposare a casa.
Mentre si sta consumando questa ennesima partita antidemocratica, condotta in forze contro il personale, cosa fanno Cisl, Uil e Csa-Cisal? Si adoperano per produrre zizzania tra il personale, con la palese intenzione di indebolirlo ulteriormente. Scagliandosi, con un documento delirante ed in palese contraddizione con quello firmato poco prima, contro un principio di democrazia e trasparenza. Un documento scritto, tra l’altro, in una lingua che tutto rammenta fuorché l’idioma italiano. Con esso attaccano vigliaccamente, senza nominarli, Cgil e Usb solo perché questi ultimi manifestavano la preferenza per una consultazione diretta del personale, piuttosto che adagiarsi comodamente sui loschi giochetti di poltrone. Giustificando altresì tale meschino atteggiamento antidemocratico con inesistenti appelli alle presunte responsabilità, competenze tecniche e preparazione degli eletti che secondo loro (e in questo badate bene in assoluta continuità con il pensiero dei vertici) il libero pronunciamento dei lavoratori non era in grado di indicare. Basta!, non se ne può più!!! A causa di questa falsa e tendenziosa retorica di “governo della competenza tecnocratica” che ci sta letteralmente portando alla deriva, sembra proprio di salpare a bordo della “Nave dei folli”.
Giancarlo Di Santi
Allegati: ♦Informativa Senato Accademico del 15 febbraio 2011