Egregio Presidente,
i lavoratori precari qui presenti meritano sicuramente una considerazione maggiore, rispetto a quanto è solito fare il Senato. Sembra infatti che questo consesso sia disinteressato a qualsiasi forma di manifestazione di disagio e che resti impermeabile a qualsivoglia istanza sociale. A mio modesto parere tale atteggiamento non giova alla soluzione dei problemi e si disattende al nostro compito di fornire un indirizzo politico al governo dell’Università.
Egregio Presidente, pur condividendo alcune delle Sue opinioni circa l’inadeguatezza dei provvedimenti previsti dalla finanziaria, sono comunque dell’opinione che degli spiragli la legge li preveda. Pertanto è assolutamente urgente e prioritario individuare un percorso di stabilizzazione di questi lavoratori. Vorrei ricordare a tutti che molti di questi lavoratori sono impiegati presso le strutture del nostro Ateneo oramai da diversi anni. Non possiamo pensare di scartarli come se fossero degli oggetti scaduti e in disuso, molti di loro sono madri e padri di famiglia che vivono del magro salario percepito. Abbiamo il compito di trovare risorse e modalità per integrarli alla nostra comunità possibilmente in modo stabile e definitivo.
A tal proposito la finanziaria individua, nonostante alcune oggettive lacune (come Lei giustamente ricordava), un percorso per affrontare questo problema, il tutto espressamente indicato nell’ Art. 3 ai commi 93 e sgg. Qui si dice molto chiaramente che la via maestra è quella della “stabilizzazione”. Obbliga le amministrazioni di prediligere sempre e comunque il ricorso al lavoro subordinato a tempo indeterminato, e solo in rari casi consente di fare ricorso a quello a tempo determinato.
Questa è la bussola che deve orientare l’azione dell’Amministrazione, diversamente si procede in deroga alla legge con il rischio di subire delle penali anche molto severe previste dalla Finanziaria. Ma soprattutto si continua ad alimentare quel ricorso, definito dalla circolare della Funzione pubblica “improprio”, ai contratti a tempo determinato, contravvenendo alla ratio della legge che ha definito la proliferazione di quei contratti una deformazione del sistema.
Sappiamo che è stata nominata da Lei una commissione (presieduta dal prof. Masi) che ha il compito di monitorare il fenomeno. Ora io mi permetto di chiederLe: perché non ha previsto al suo interno un rappresentante del personale? Siamo di fronte ad un problema che investe soprattutto il personale tecnico-amministrativo, paradossalmente al suo interno non è prevista la presenza di un rappresentante del personale, e come al solito veniamo a conoscenza della cosa dopo che è stata decisa. Per me tutto questo è molto grave. È indicativo di come realmente voi (classe dirigente) concepiate il governo dell’Ateneo: in senso puramente verticistico ed autoritario, senza nulla concedere alle forme di partecipazione democratica nella determinazione delle scelte che contano.
Tutto questo diventa ancora più grave se consideriamo l’Art. 3 commi 94-96 della Finanziaria, che prevede un percorso esattamente contrario a quello da voi qui dimostrato. Questi articoli difatti contemplano invece che tutte le P.A. siano obbligate a “sentire” il parere delle OOSS nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale dai quali in un momento successivo si deve procedere alla predisposizione dei piani per la progressiva stabilizzazione, e questa – cito dalle dispense del dott. Ugo Montella p. 31- “stabilizzazione va operata, d’intesa con i sindacati…”.
Sostenete poi, ed è stato ribadito anche nell’intervento del Presidente, che avendo la commissione un compito meramente istruttorio e di monitoraggio, non necessita di ulteriori risorse. Io trovo questa argomentazione assolutamente insufficiente e non esaustiva, per cui non convincente. Un procedimento amministrativo di questa natura – qualora lo si voglia affrontare nel rispetto della legge e con lo spirito di chi vuole aiutare realmente i lavoratori – si comincia insieme e si conclude insieme, i rappresentanti dei lavoratori non vengono coinvolti solo quando fa comodo o quando non se ne può proprio più fare a meno a causa dei vincoli di legge.
Sempre su questo stesso argomento sostenete anche che non potete procedere nella stabilizzazione a causa della legge: che impone di non superare il tetto del 90% del FFO per le retribuzioni. Anche questo a mio parere è un ostacolo sul quale si ha il dovere di lavorare visto che e’ probabile che se si fossero adottate le procedure di stabilizzazione quando previste dalla finanziaria 2007 questo limite avrebbe potuto essere superato! Ora Margini di manovra si devono individuare e percorrere, a breve termine.
Per concludere e in ultima analisi c’è l’argomento più attuale e importante che deve essere preso in considerazione: si tratta del tema della “redistribuzione” della ricchezza. Argomento sul quale tutti i giorni troviamo, su gran parte dei mezzi di comunicazione di massa, innumerevoli articoli redatti dalle più prestigiose firme del giornalismo italiano. Da noi come si accoglie questo problema? Nulla, è come se non esistesse! Per voi sembra che siamo tutti sullo stesso piano; quando invece sappiamo tutti benissimo che le cose vanno nettamente in modo diverso. Questa forbice che si sta sempre più allargando tra ricchi e poveri, tra i redditi medio alti e quelli medio bassi, si manifesta sia sul piano dei processi macro-economici sia sul piano limitato e locale. Quale risposta fornisce il nostro Ateneo per quanto attiene al nostro specifico? Nulla; negativo! Non si concede nulla e si escludono i lavoratori dal processo di redistribuzione delle risorse, basta dare un veloce sguardo alla destinazione delle risorse per ritenere giustificata ampiamente questa mia considerazione. Da questo punto di vista non potete pensare di eludere il problema: chi ha un reddito intorno ai 1000-1500 euro mensili non può essere paragonato a chi dispone di redditi mensili superiore ai 3000-3500 euro. Chi ha di più deve cominciare necessariamente a concedere a chi ha di meno o addirittura a chi, come i precari qui presenti, rischia di non avere nulla.
Io, su questo specifico piano, resto irremovibile e incorruttibile sarò sempre qui per rappresentare e difendere, per quanto mi sarà possibile, gli interessi dei più poveri dei meno tutelati e di quelli, come i precari qui presenti, che rischiano di essere espulsi da un momento all’altro, senza nessuna reale garanzia per il futuro, dal mondo del lavoro.
Giancarlo Di Santi
Rappresentante del personale in Senato Accademico