Il Professor Monti nel suo discorso di fine anno con la sua “educata arroganza” ci ha raccontato quanto di buono ha fatto per il paese in questi ultimi 13 mesi salvandoci dalla bancarotta e con la sua agenda ha disegnato un futuro da incubo per la prossima legislatura.
A noi non piace la sua nuova agenda e ci opporremo a qualsiasi progetto di continuità con la sua azione che dovesse emergere in ambito sociale dal nuovo governo. Che sia Monti o meno a guidare un tale governo.
Un’altra è l’agenda che serve al paese, ai lavoratori, ai disoccupati, ai precari e ai pensionati.
In queste settimane che ci separano dalle elezioni politiche che decideranno se il “montismo” che sta colpendo pesantemente i lavoratori sopravviverà allo stesso Monti, USB ha costruito insieme ad altri soggetti sociali un’Agenda anti austerità: pochi punti chiari e radicali attraverso i quali filtrare le proposte elettorali che emergeranno dalle forze politiche in questa campagna elettorale.
Siamo un sindacato e quindi, pur esprimendo senza timori e senza timidezza ciò che pensiamo come abbiamo sempre fatto, non possiamo e non vogliamo dare indicazioni su chi votare o se votare: crediamo che i nostri iscritti e più in generale tutti i lavoratori, i precari, i disoccupati e i pensionati sappiano giudicare e valutare ciò che è meglio per loro.
Un’Agenda che esprime quindi posizioni, le nostre posizioni, sui principali argomenti e temi che dovrebbero essere alla base del programma politico di chi intendesse richiedere il consenso popolare.
Riportiamo a seguire i punti fondamentali di tale Agenda.
Rifiuto della guerra e dell’austerità, per i diritti sociali e del lavoro.
Rinuncia immediata alla commessa degli F35 e taglio di tutte le spese per nuovi armamenti. Ritiro delle truppe italiane dalle missioni all’estero e messa in discussione dei trattati internazionali con la rottura con ogni politica di guerra ed intervento militare. Sostegno alla lotta del popolo palestinese e a tutte le lotte di liberazione dei popoli. No al vincolo del pagamento del debito e no all’austerità europea, ritirando l’adesione ai trattati liberisti, dal Fiscal Compact ai Patti di stabilità, fino ai trattati di Maastricht, per dire basta alle politiche liberiste ed avviare un percorso di trasformazione sociale. Rifiuto del pareggio di bilancio costituzionalizzato. Una politica fiscale che colpisca la ricchezza e la finanza e ridistribuisca reddito, contro l’evasione fiscale a partire da quella del grande capitale, per il rilancio della spesa pubblica, per il lavoro e lo stato sociale. Una politica di pubblicizzazioni nel sistema bancario, svincolata dai mercati finanziari, e nelle imprese strategiche con forme democratiche di controllo da parte dei lavoratori/trici e dei cittadini La lotta alla disoccupazione e alla precarietà del lavoro costituisce il punto prioritario di ogni politica economica di rottura col liberismo e l’austerità. Bisogna procedere al blocco dei licenziamenti nel privato come nella pubblica amministrazione. Vanno cancellate le controriforme delle pensioni degli ultimi governi, va ridotto l’orario di lavoro a parità di salario come unico vero strumento di redistribuzione delle attività utili. Va eliminata tutta la legislazione che dal Pacchetto Treu alle leggi Biagi, Sacconi e Fornero ha destrutturato il mercato del lavoro autorizzando tutte le forme di precarietà. Bisogna riaffermare ed estendere la tutela dell’art. 18 contro i licenziamenti ingiusti e istituire un reddito che copra la disoccupazione per tutta la sua durata, finanziato dalla fiscalità generale. Vanno detassate le pensioni medio-basse. Va riaffermata l’autonomia rivendicativa dei lavoratori a partire dal contratto nazionale, contro i vincoli di compatibilità, le deroghe e gli accordi tra sindacati collaborazionisti e governi degli ultimi anni. Vanno garantiti tutti i diritti sociali e civili ai migranti e va abolita la legge Bossi-Fini.
Per la Scuola pubblica, la Sanità e lo Stato sociale.
La scuola, l’università, la formazione e la ricerca pubbliche devono essere rilanciate e rifinanziate cancellando il finanziamento alle scuole private. Va respinta l’aziendalizzazione della scuola e dell’istruzione, va ripristinato ed esteso il diritto allo studio fino all’Università. Aumentare e democratizzare le funzioni dello stato sociale, garantendo trasparenza nei conti attraverso il controllo democratico della popolazione. Deve terminare il massacro della Sanità pubblica che anzi va massicciamente finanziata e potenziata, come i trasporti, l’energia, le telecomunicazioni che devono essere riconosciuti come servizi pubblici e come tali gestiti. Vanno rilanciate ed estese le tutele dello Stato sociale, che rappresentano la principale conquista democratica dell’Europa. Il diritto alla casa deve essere affermato in concreto.
Per l’ambiente e i Beni comuni, la salute nel lavoro e nel territorio.
Ci opponiamo ad una crescita distorta fondata sullo sfruttamento dell’ambiente come delle persone, alla politica delle cosiddette Grandi opere che va abbandonata e sostituita da quella delle migliaia di piccole e medie opere davvero necessarie per risanare l’ambiente, ricostruire, mettere in sicurezza il territorio e le città. Vanno prioritariamente cancellati la Tav in Valle Susa e il decreto che autorizza la produzione all’Ilva di Taranto. Non si può continuare a sacrificare la salute e l’ambiente a produzioni dannose in cambio di un lavoro nocivo a sé e agli altri, non più lavoro socialmente accettabile. Il salario dei lavoratori va comunque tutelato e se, come all’Ilva di Taranto, il privato non intende finanziare la bonifica dei territori e delle fabbriche, allora lo stato deve intervenire attraverso la nazionalizzazione e l’esproprio e procedere al risanamento mantenendo il salario dei lavoratori. Il lavoro deve soprattutto venire dalla politica di salvaguardia ed estensione della funzione pubblica e sociale dei Beni comuni, a partire dalle produzioni davvero strategiche ed utili; da un piano di riconversione delle produzioni industriali, di risanamento del territorio, di riassetto idrogeologico e di tutela della biodiversità che può occupare un enorme quantità di persone; da un piano per i Beni culturali e storici e per la ricerca scientifica che metta all’opera intelligenze e competenze oggi inutilizzate.
Per una vera democrazia.
La centralità del pubblico rispetto al mercato pone la necessità di veri poteri democratici nei luoghi di lavoro, nella società, nel sistema politico. Bisogna eliminare i privilegi della casta e combattere a fondo la corruzione e le mafie, ma non certo affidandosi ai privilegi e al potere della ricchezza e del grande capitale. Bisogna istituire e sviluppare i poteri della gestione e del controllo democratico, da ideare e praticare a partire dai conflitti sociali e lavorativi quotidiani, dopo decenni di autoreferenzialità della rappresentanza politica.Vanno cancellati i patti di concertazione sindacale che subordinano la rappresentanza alla accettazione degli accordi, vanno restituiti a tutte le organizzazioni sindacali e ai lavoratori/trici i pieni diritti di contrattazione, assemblea, voto sugli accordi, stabilendo sistemi di formazione e misurazione della rappresentanza nazionale, di quella locale e aziendale davvero democratici, limpidi e senza privilegi per nessuna organizzazione.Vanno estese nel territorio la democrazia e la partecipazione e va resa obbligatoria la consultazione delle popolazioni sugli interventi nel territorio.I cittadini italiani devono essere chiamati a decidere con adeguata informazione sul fiscal compact e i trattati europei che impongono l’austerità.