Il NUOVO ANNO SI APRE CON IL RINNOVO DEL CONTRATTO ISTRUZIONE E RICERCA
Il 2 e 4 gennaio, si sono tenuti due incontri all’ARAN per il rinnovo del CCNL del comparto “Formazione e Ricerca”, dopo la serrata trattativa che il 23 dicembre ha portato le (altre) OO.SS. alla firma dell’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL del comparto “Funzioni Centrali”. Si è discusso di “metodo di lavoro” per arrivare il prma possibile alla firma del contratto.
In sostanza, l’ARAN ha dovuto riconoscere quello che USB PI ha sempre sostenuto: l’impossibilità sostanziale di coniugare in un unico comparto specificità profondamente dissimili, viste le consolidate differenze contrattuali e professionali tra Scuola e gli altri settori. USB PI ha ribadito l’insostenibilità della scelta politica, non condividendo la priorità del contratto “veloce”, dettata dal governo per fini elettoralistici e perseguita dagli altri sindacati per la propaganda delle prossime elezioni RSU (come se poi ci fosse chissà quale risultato da propagandare!!).
L’Aran ha proposto la continuazione degli incontri già dai primi giorni della settimana successiva, previa presentazione di una bozza di contratto su cui discutere per sezioni (gli ex comparti).
USB Università è presente con la propria piattaforma e, tra i nodi principali di questo rinnovo, vi è la necessità di superare le negatività registrate nella parte normativa dell’accordo Funzioni Centrali e perseguire il recupero salariale, frutto di otto anni di blocco contrattuale, se si vuole arrivare veramente ad un “buon” contratto. Dai conti proposti dall’ARAN, invece, si prospetta il mancato incremento degli 85 euro medi, ma poco più di 76 euro medi e a regime solo da marzo 2018.
Di seguito il comunicato della Federazione USB Pubblico Impiego sulle due giornate di contrattazione. Oggi pomeriggio si ritorna all’ARAN per affrontare in toto il contratto del settore Università (di cui non abbiamo ancora la bozza del testo), seguirà domani mattina AFAM e nel pomeriggio la Ricerca; giovedì toccherà alla Scuola.
USB PI Università
Contratto Istruzione e Ricerca, Usb ribadisce all’Aran:
300 euro di aumento per tutti
Diciamo subito che questo inizio di discussione, articolato nelle giornate del 2 e 4 gennaio, ha messo subito in evidenza il fallimento del nuovo comparto la cui estrema eterogeneità rappresenta di fatto un problema insormontabile nella costruzione di un unico contratto di lavoro. Infatti la Scuola continua a dover essere trattata in modo separato per un’oggettiva differenza da tutto il resto del Pubblico Impiego e Università Ricerca e AFAM, pur potendo contare su qualche elemento comune, ne hanno molti altri specifici che sono però alla base del loro funzionamento. Quindi se non si vogliono snaturare completamente istituzioni che hanno un ruolo così delicato nella nostra società, assimilarli in un unico contratto diventa un esercizio di fatto impossibile.
Entrando più nel merito, in questi due giorni di discussione oltre ad affrontare questioni di metodo che hanno portato il tavolo a propendere per discussioni articolate in sezioni riferite agli ex comparti, si sono iniziati a trattare il tema delle relazioni sindacali e la questione economica.
In entrambi i casi abbiamo registrato una rigidità da parte di ARAN che ha lasciato pochi spazi in merito alla possibilità di superare realmente quanto disposto dalla cosiddetta legge Brunetta e sulle risorse a disposizione degli aumenti che sembrano ipotecate dal 3,48% di incremento erogato (Aran usa il termine “elargito”) per i lavoratori del comparto delle Funzioni Centrali.
USB nei suoi interventi ha sottolineato come non consideri in alcun modo vincolante il contratto delle Funzioni Centrali, rivendicando una piena contrattazione per Istruzione e Ricerca che, oltre ad essere un diritto legittimo per qualsiasi contratto, in questo caso diventa una necessità improrogabile a causa delle peculiarità dei settori interessati che devono assolutamente essere salvaguardate.
In questo senso abbiamo ribadito come la percentuale di aumento prevista non copra neanche in minima parte la perdita del potere d’acquisto dei dipendenti pubblici che in questi anni di blocco è pari al 12,2% in termini di inflazione e abbiamo rilanciato la proposta della piattaforma USB di 300 euro di aumenti per tutti, senza percentuali che andrebbero a allargare la forbice salariale già presente in tutti i settori.
In particolare abbiamo sottolineato come il Governo abbia trovato le risorse (400 euro netti mensili) per adeguare i dirigenti scolastici ai nuovi colleghi del comparto, mentre i docenti e il personale ATA sembrano destinati a rimanere le Cenerentole del comparto, in compagnia del personale tecnico amministrativo e bibliotecario degli atenei. O come i lavoratori degli enti di Ricerca debbano continuare ad essere in fondo alla classifica dei salari europei nella Ricerca, salvo poi lamentarsi dell’ormai fin troppo citata “fuga dei cervelli”.
È chiaro come lo scellerato accordo del 30 novembre, che USB non ha firmato, individuando in 85 euro medi lordi la cifra utile al contratto pesi come un macigno su questo rinnovo contrattuale.
Sulle relazioni sindacali, per le quali l’ARAN a fine riunione ha consegnato una bozza di documento che ci riserviamo di analizzare, USB oltre a richiedere di riportare nella contrattazioni le materie dell’organizzazione del lavoro, dell’orario di lavoro, della mobilità e della formazione, ha rivendicato le specificità degli ex comparti. Più nel dettaglio riteniamo vada valorizzato il ruolo delle RSU nelle contrattazioni di Ateneo, magari anche estendendolo ad altri settori come quello degli Enti di Ricerca. Va tenuto conto dell’autonomia degli atenei, che nell’organizzazione del lavoro degli EPR ha particolare rilievo la carta del ricercatore; infine è fondamentale salvaguardare la particolare organizzazione della Scuola, anche in questo caso estremamente diversa da tutti gli altri, togliendo ai Dirigenti Scolastici lo strapotere conferitogli dalla Legge Brunetta e dalla legge 107/2015.
La contrattazione proseguirà la prossima settimana per sezioni entrando nel merito delle specifiche problematiche, USB continuerà a sostenere le ragioni di lavoratori che dopo otto anni di blocco vogliono un contratto che dia risposte alle loro richieste sia in termini economici che normativi, anche se i primi segnali non ci sembra che vadano in questo senso.
Roma, 5 gennaio 2018 USB Pubblico Impiego