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In questi ultimi tempi si registra una certa corrispondenza tra i comunicati delle organizzazioni sindacali in trattativa presso l’ARAN per il rinnovo del contratto nazionale e presso le sedi universitarie per la chiusura degli accordi integrativi.                
In entrambi i contesti si percepisce un senso di trionfalismo e soddisfazione che, purtroppo, non trova riscontro in un reale e strutturale miglioramento delle condizioni retributive del personale universitario.

A Tor Vergata, ad esempio, si reclamizza l’interessante proposta di fine anno volta a utilizzare come welfare fondi già destinati al personale (Fondo Comune di Ateneo), puntando sullo sgravio fiscale previsto dalle recenti misure governative per l’erogazione di benefit ai dipendenti (limite incrementato per il 2022 fino a 600 euro e poi fino a 3.000 euro). Ricordiamo che  il personale è tuttora in attesa di poter utilizzare i risparmi del 2020, secondo il limite ordinario di circa 250 euro.   
Peccato che la proposta, avanzata da una sigla sindacale nell’ultimo incontro sindacale, tecnicamente non possa essere realizzata, poiché la misura governativa non sembra sia stata rinnovata nella proposta di legge di bilancio per il prossimo anno e ci auguriamo, ovviamente, che la discussione in Parlamento possa modificare la situazione.
Dunque, si sono intrecciate discussioni di merito e opportunità sul nulla, dimenticando di richiedere dei risparmi del 2021, ossia dei risparmi conseguiti su risorse già stanziate per il personale. 
Soprattutto, non si chiede la disponibilità di risorse aggiuntive che, almeno, nei posti di lavoro potrebbero aiutare il personale TAB ad affrontare in condizioni migliori l’aumento del costo della vita, perché gli stipendi del personale universitario sono tra i più bassi del pubblico impiego e non è possibile più ignorarlo!

USB ha proclamato lo sciopero generale per il 2 dicembre e ha organizzato una manifestazione di protesta per sabato 3 dicembre: alziamo la testa e cogliamo l’occasione offerta dal sindacalismo di base per manifestare il  dissenso alle politiche governative.  

SE LA GUERRA E’ ANCHE AI NOSTRI SALARI…. 2 DICEMBRE SCIOPERO GENERALE

È vero che di questi tempi un paio di migliaia di euro che arrivano tutti in una volta fanno tirare più di un sospiro di sollievo a tante famiglie di lavoratori pubblici.   
Occorre, però, raccontare cosa c’è di reale dietro i trionfalistici comunicati, e tabelle allegate con gli incrementi stipendiali e arretrati, che i sindacati firmatari hanno diffuso dopo la firma dell’accordo dell’11 novembre sul trattamento economico del personale del comparto Istruzione e Ricerca.

Stiamo parlando del triennio 2019-2021 e qui i numeri parlano da soli: questi sono soldi che dovevano essere nostri anni fa e non certo spacciati per un generoso regalo “anticipato”.          
Un perfetto ossimoro tra incrementi anticipati e calcoli degli arretrati al 31.12.2022.  

L’incremento medio lordo mensile per 13 mensilità per tutto il comparto è pari a 98 euro, l’aumento netto sarà invece di circa 50 euro medi mensili, mediamente del 3,78% considerando che l’indennità di vacanza contrattuale è già percepita in busta paga e l’elemento perequativo, corrisposto ai dipendenti universitari fino alla categoria D2, è riassorbita nei nuovi emolumenti.

La realtà è che l’aumento è quasi un terzo dell’inflazione ufficiale stimata al 12,8% con indice IPCA su base annua (da + 9,4 solo nel mese di ottobre, dati ISTAT) e risulta ridicolo in un contesto come quello attuale a cui si aggiunge l’ammanco di circa 2.000/3.000 euro per ogni dipendente, del periodo 2009-2022che ha compresso i salari dei dipendenti universitari, una delle categorie statali meno pagate in Europa.

E allora, al di là della narrazione trionfalistica del Ministro e dei comunicati pomposi e soddisfatti di sindacati che rappresentano una funzione sociale che oramai non hanno più, come è possibile spacciare questa miseria come “INCREMENTO” contrattuale?

Come USB abbiamo chiesto con la piattaforma dei 5 punti per i dipendenti pubblici, in occasione del No Carovita Day dello scorso 26 ottobre, che i contratti venissero rinnovati subito per tutto il Pubblico Impiego e che si tenesse conto dell’inflazione reale (che si attesta al momento intorno al 30%) e non basandosi sull’indice ufficiale dell’inflazione (IPCA), che non include il rincaro energetico.        
Alla fine, la crisi derivante dall’economia di guerra la fanno pagare a noi.

Per questo e tanti altri motiviil 2 dicembre sarà SCIOPERO GENERALE.

Il 3 dicembre MANIFESTAZIONE NAZIONALE a ROMA del sindacalismo di baseper gridare insieme
“GIU’ LE ARMI, SU I SALARI!”                                                                                     

USB PI Università

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