Dubbi sull’efficacia del provvedimento che sblocca i 50 milioni di risorse aggiuntive destinate alla valorizzazione del personale tecnico amministrativo e bibliotecario delle università. Risorse già dal 2022 nelle disponibilità delle università statali e finora inutilizzate in attesa del decreto ministeriale che stabilisse i criteri di assegnazione al personale degli atenei.
Il 15 giugno scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto legge per la Pubblica Amministrazione bis, destinato alla VALORIZZAZIONE del Personale della P.A.
Alla luce di quanto contenuto nell’art. 6 della bozza di DL PA, a nostro avviso sarebbe oltremodo ragionevole stemperare gli entusiasmi cantati dai sindacati concertativi e non solo.
Riteniamo frettolosa la proclamazione di una “grande vittoria”.
Una fretta ed un entusiasmo che potrebbero mirare a nascondere, ad offuscare alcuni aspetti negativi.
Proviamo ad esaminare l’art. 6 titolato: “Valorizzazione del personale tecnico-amministrativo degli atenei”:
“All’articolo 1, comma 297, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 finalizzati alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo delle università statali e al raggiungimento, da parte delle università, di più elevati obiettivi nell’ambito della didattica, della ricerca e della terza missione.
Le singole università provvedono all’assegnazione del 50 per cento delle risorse al personale di cui al primo periodo in ragione della partecipazione dello stesso ad appositi progetti finalizzati al raggiungimento di più elevati obiettivi nell’ambito della didattica, della ricerca e della terza missione, nel limite massimo pro capite del 15 per cento del trattamento tabellare annuo lordo, secondo criteri stabiliti mediante la contrattazione collettiva integrativa nel rispetto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale. Il restante 50 per cento viene assegnato dalle università al medesimo personale ad integrazione del trattamento fondamentale secondo quanto previsto dal contratto collettivo nazionale.»”
Posta in questi termini pare di capire che potrebbe profilarsi l’ipotesi che nella distribuzione della metà delle risorse aggiuntive – destinate al personale delle università con la legge di Bilancio 2022 e già incassate dagli atenei – resterà fuori una significativa fetta del personale.
In primo luogo, infatti, il 50% delle risorse va solo a coloro che partecipano ad appositi progetti …. Come se la generalità dei lavoratori e delle lavoratrici non partecipassero, nella loro prassi lavorativa quotidiana, in varie forme, al raggiungimento di quegli stessi obiettivi.
Come se quei lavoratori e quegli appositi progetti potessero fare a meno della collaborazione e del lavoro di tutti gli altri lavoratori non coinvolti da nomine e decreti spesso clientelari.
Una domanda noi ce la facciamo: la parola “appositi” vuole forse indicare solo alcuni progetti?
Sarebbe una discriminazione nella discriminazione, un ulteriore riduzione dei beneficiari.
E un’altra domanda sarebbe opportuno farsi:
successivamente si stabilisce che “ il restante 50% viene assegnato … al medesimo personale ad integrazione del …..” Per qualche oscuro motivo questa espressione viene omessa su alcuni comunicati sindacali.
Siamo sicuri che il medesimo personale non sia sempre quello che ha già partecipato ai progetti?
Purtroppo a questi dubbi si aggiunge una triste certezza.
Anche posto che 25 milioni vadano a finire nel trattamento fondamentale, si tratta comunque di circa 500 euro medi lordi annuali per un personale che ha il non invidiabile primato di annoverare le retribuzioni più basse tra i comparti di tutto il pubblico impiego!
Con lo spacchettamento dei 50 milioni di risorse aggiuntive si prospetta un risultato insoddisfacente per tutti. Non offre, sicuramente, alcuna soluzione al dislivello stipendiale subito dal personale universitario.
In attesa della chiusura definitiva del CCNL, USB Università ribadisce la propria posizione in merito: che tutti i 50 milioni vadano ad incrementare la retribuzione di base ed esclude in ogni caso l’ipotesi, ritenuta fortemente iniqua, di agganciare la distribuzione del 50% delle risorse a dispositivi di presunto carattere meritocratico la cui unica giustificazione è la formazione di ulteriori e inaccettabili disuguaglianze salariali tra lavoratori dello stesso Ateneo e tra gli stessi Atenei.
La questione salariale, ma non solo, è al centro del percorso di rivendicazioni che USB sta portando avanti per il rilancio della Pubblica Amministrazione, per valorizzare la funzione sociale del lavoro pubblico e potenziare i servizi alla cittadinanza.
Per queste ed anche per altre ragioni, invitiamo tutte/i a partecipare alla manifestazione nazionale, che si terrà sabato 24 giugno a Roma, ore 14:00 a P.zza della Repubblica. Insieme per ribadire le istanze dei lavoratori contro un Governo che penalizza pesantemente il pubblico impiego.
USB Pubblico Impiego – Università
Roma, 19 giugno 2023