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Pretendiamo scelte importanti di investimento nella Pubblica Amministrazione e nei lavoratori del settore pubblico, non solo per far fronte alle dinamiche dell’inflazione con la conseguente perdita di potere d’acquisto, ma anche per restituire DIGNITÀ alla categoria che sta vivendo un progressivo attacco sul fronte dei diritti e delle esigenze di riconoscimento del ruolo di dipendente pubblico.

Se si guarda l’andamento dei salari negli ultimi 20 anni (vedi grafico a base cento dei salari nel 2001) è agevole comprendere come la dinamica mostri una curva che tende complessivamente a ripiegarsi verso il basso. Inoltre, è anche evidente come la linea azzurra più in basso, relativa al comparto Istruzione e Ricerca (in cui rientra anche il settore Università), tenda addirittura ad allontanarsi dal gruppo degli altri settori.

Una chiara responsabilità delle volontà governative nel corso dell’ultimo ventennio, sia dell’ARAN e delle delegazioni sindacali trattanti (CGIL, CISL e UIL in primis) che hanno sottoscritto contratti collettivi in continua perdita.

Ci sono quindi cause remote nelle politiche salariali, ma anche fattori contingenti. Adesso, ad esempio, bisogna fare i conti con l’attuale Governo che non riesce a mettere in campo soluzioni reali rispetto al mancato rinnovo dei contratti ed alla stabilizzazione dei precari, utilizzando scorciatoie e “finte risorse”.
Si tratta di anticipi su risorse future di un contratto ancora da discutere, che poi verranno conguagliati addirittura con possibile restituzione in caso di pensionamento nel 2024, oppure alla firma del prossimo contratto, in base all’esito della futura trattativa.

Un’inadeguatezza esemplare quella di dilettanti allo sbaraglio, come Meloni, Zangrillo e Giorgetti, rappresentanti di un Governo che cerca di indorare la pillola con frasi ad effetto e slogan da marketing porta a porta.

Ma alla fine, la realtà è che le risorse per la Pubblica Amministrazione sono sempre più scarse e sia il Decreto Anticipi (con Università e Funzioni locali escluse dallo stanziamento statale), sia la Legge di Bilancio, che vede gran parte delle risorse concentrate sulle forze dell’ordine, mostrano tutte le loro falle.

Eppure, le risorse ci sono: le spese militari sono aumentate fino ad arrivare a 26,5 miliardi, a fronte della manovra di bilancio che vale 14 miliardi. Un confronto che svela le scelte politiche del governo che acuiranno nel nostro Paese l’impoverimento e le disuguaglianze sociali.

A rischio non ci sono solo le condizioni economiche e lavorative dei dipendenti pubblici, ma anche la tenuta complessiva dei servizi della PA che, oltre ad avere i salari più bassi d’Europa, soffre di una forte carenza di organico.

Contro la Legge di Bilancio di questo Governo, incurante delle necessità dei lavoratori del pubblico impiego, anche in funzione della prossima contrattazione 2022-2024 e soprattutto nel Settore Università sempre più bistrattato, è ora di reagire!

Ecco… se c’è qualcosa di utile che i lavoratori e le lavoratrici possono fare in questo momento per lanciare un segnale in questa fase fortemente critica, questa è SCIOPERARE il 17 NOVEMBRE!

https://www.usb.it/leggi-notizia/sciopero-generale-pubblico-impiego-17-novembre-1.html

https://www.usb.it/leggi-notizia/manifestazione-contro-le-guerre-del-4-novembre-e-sciopero-generale-del-pubblico-impiego-del-17-novembre-un-nesso-inscindibile-1207-1.html

SCIOPERA ED INVITA A SCIOPERARE!

Roma, 06 novembre 2023

USB PUBBLICO IMPIEGO – UNIVERSITÀ

ALLEGATI:    USB_manovra e aumenti_le ragioni dello sciopero
  proclamazione sciopero PI 17 nov 2023

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