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Anche quest’anno USB risponde all’appello lanciato dal movimento Non Una di Meno proclamando lo sciopero generale di tutte le categorie, pubbliche e private (esclusi i settori: trasporti ed energia), per la giornata dell’8 marzo 2023.

Quello di quest’anno è anche il primo sciopero generale contro il Governo di destra uscito dalle urne dello scorso autunno, il primo guidato da una donna. Che questo elemento, al di là del valore simbolico che pure rappresenta, non abbia alcuna influenza sulle politiche governative ci è stato da subito molto chiaro.

La pandemia, la guerra, la crisi energetica, il carovita allargano la forbice della disuguaglianza di genere, accrescono il lavoro povero e sottopagato, lo sfruttamento e la marginalità nei quali si trovano prevalentemente le donne e i giovani.

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Da un’attenta lettura della manovra finanziaria 2023, si capisce come il governo Meloni intende trattare l’Università.

Si fa fatica a trovare in finanziaria riferimenti innovativi necessari per riconoscere al sistema universitario nazionale un ruolo importante nel processo di sviluppo del paese.

Viene mantenuto il suo sotto-finanziamento, percentualmente uno dei più bassi a livello europeo, accentuando parallelamente i processi di aziendalizzazione e di privatizzazione in corso.

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Dopo la firma definitiva sullo stralcio della parte economica del CCNL Istruzione e Ricerca 2021-2023, è ripartita la comunicazione di regime secondo la quale i lavoratori di Scuola, Università, Ricerca e AFAM dovrebbero festeggiare perché riceveranno gli arretrati. Addirittura qualche giornale parla di “extra”!

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pubblicato il 30 Novembre, 2022

Non hai mai fatto uno sciopero? Allora, è arrivato il momento di scioperare anche per te! L’unico modo efficace per lanciare un segnale compatto nella fase e nella realtà che stiamo vivendo.

E la realtà è questa! Quella di un contesto da economia di guerra, voluta dal Governo Draghi e proseguita dal Governo Meloni.

Siamo nel pieno di una crisi, che ci sta ributtando addosso gli effetti delle sanzioni alla Russia, del tutto inutili rispetto alla fine del conflitto in Ucraina, ma determinanti nelle conseguenze boomerang sull’inflazione in Europa, soprattutto per la componente energetica.

I costi dell’inflazione, alimentata da manovre speculative più che dall’effettiva carenza di gas, così come le spese per l’invio delle armi li stanno facendo pagare a noi, lavoratori e lavoratrici. E non possiamo permetterci di sostenere i costi dell’ennesima crisi, ancor più profonda delle precedenti, mentre ci troviamo alle porte di una profonda recessione.

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